La Dottoressa Liliana, unica lucana tra le migliori scienziate italiane, vince questo Premio con il suo lavoro sul Coronavirus!

La psichiatra lucana, originaria di Bernalda (MT) Liliana Dell’Osso (direttore della clinica psichiatrica dell’Università di Pisa, Presidente del Collegio dei Professori Ordinari di Psichiatria, l’unica lucana fra le “Top Italian Women Scientists”) ha vinto per la sezione saggistica il Premio Cronin, concorso letterario rivolto in esclusiva ai medici e agli odontoiatri, intitolato al celebre medico-scrittore scozzese Joseph Archibald Cronin (1896/1981), autore di capolavori quali “La cittadella” e “E le stelle stanno a guardare”:

“La giuria ha deciso di premiare il suo saggio dal titolo: ‘Pandemia da Covid-19: un trauma psichico di massa’, scritto insieme alla psichiatra Daniela Toschi e al filosofo della scienza Dario Muti, sulla pandemia da Covid-19 e tutto quanto rappresenta a livello sanitario, psicopatologico e umano.

Giunge in un momento di smarrimento nazionale questo saggio chiaro e prezioso. Il lettore ne ricava lucidissime riflessioni sulla pandemia e sui disturbi correlati allo stress post-traumatico.

Il testo sottolinea i rischi inerenti al periodo di crisi che la nazione ha affrontato e sta affrontando durante il lockdown, dall’emergenza sanitaria alle sindromi da stress post traumatico, dall’uso di internet alle potenziali nuove dipendenze, dal tema della scarsa coscienza igienica a quello dei disturbi mentali, sviscerando la categoria del contagio nel corso dei secoli.

Eredi di un mondo igienico, costretti dal Covid-19 al lockdown, abbiamo l’impressione che il ‘contagio’ sia la categoria definitoria dell’attualità. Nulla di più falso.

Il contagio è una categoria totale della nostra cultura. Nasce dal senso del tatto, dalla conseguenza della prossimità fra oggetti, nel mondo.

Esso interessa i corpi, i saperi, le idee, gli oggetti. Questo studio cerca di esplorare il mondo dei contagi, quello che si è riscoperto fra incredulità, allarmismi e fake news quando la pandemia ci ha avvolto.

Quello che, dall’antica Grecia sino ai virus informatici, ha definito la nostra cultura, fra metafore e scienze.

Quello che, nella traiettoria vitale di un artista come Edvard Munch, ha fornito ispirazioni per opere capaci di sintetizzare degli aspetti universali dell’anima.

Il mondo dei contagi è il mondo in cui viviamo. In esso osservatore e fenomeno osservato, medico e malattia, possono andare a sovrapporsi. Nessun uomo, neppure il terapeuta, è immune alla dimensione onnicomprensiva del contatto”.

La prof. Dell’Osso sostiene:

“Il Covid-19 prima ci ha colti di sorpresa, e poi ha infierito mentre cercavamo di tenere la testa nella sabbia.

Dal punto di vista culturale, per la nostra società si è trattato effettivamente di un grosso elemento di discontinuità.

Non eravamo pronti ad ammettere che anche da noi potesse dilagare un processo epidemico.

Tale fenomeno era immaginato come una rischio dei paesi del secondo o del terzo mondo. Abbiamo vissuto mesi difficili, terrorizzati dal Covid-19.

Abbiamo dedicato moltissimo tempo e energie a procedure di igienizzazione. Per molti, quello del contagio da coronavirus è diventato il centro di un complesso di paure e ruminazioni mentali.

Tutto questo, sul piano psichiatrico, è pericoloso almeno quanto il virus. Bisogna senza dubbio fronteggiare l’emergenza sanitaria, ma anche mantenere il proprio equilibrio psicofisico”.

Il direttore della clinica psichiatrica dell’Università di Pisa dichiara:

“Al centro il tema della paura che in questi mesi è stata esorcizzata dalla retorica dell’ ‘andrà tutto bene’.

Dal punto di vista sanitario si è fatto tutto ciò che era possibile (e anche un buon numero di cose che sarebbero sembrate impossibili) perché ‘tutto andasse bene’.

La retorica politica, tuttavia, ha assunto qualche tono grottesco. Concordo con chi sostiene che è necessario mantenere calma e lucidità, anche perché è la condizione che favorisce l’azione pragmatica.

La paura, se eccessiva, è un intralcio e non una risorsa.

Se si guarda alla soluzione del problema, e se si vuole fare la propria parte, occorre innanzi tutto assicurarsi che la propria paura e i propri livelli di stress siano tali da stimolarci ad applicare i corretti protocolli di igiene personale (fra cui la tanto discussa mascherina), ma non così alti da paralizzarci o da condurci a condotte disfunzionali (abluzioni eccessive, ritiro sociale estremo)”.

La psichiatra sottolinea:

“Nel saggio si parla del il disturbo post-traumatico da stress (PSTD) e dell’impatto a livello sociale.

Temo che ci sia un rischio concreto per un aumento dei casi di PTSD.

La perdita di prospettive future, il congelamento in un presente senza speranza, la visione negativa del mondo e il sentimento di cambiamento indelebile e di irrecuperabilità di ciò che si era prima sono sintomi tipici della reazione disadattativa all’esposizione ad un evento traumatico estremo, quale la pandemia in atto.

Il rischio è che per molti l’epidemia non finisca effettivamente mai”.

Complimenti!