Di seguito la storia che Emanuele Frisa ha raccontato alla nostra Redazione in merito alla sua esperienza da quando ha contratto il Coronavirus.
“Tutto è iniziato dalla notte del 24 Ottobre, quando ho iniziato ad avere un po’ di febbre e qualche dolore muscolare.
Ho avuto questi sintomi fino al giorno 27 Ottobre, quando ho deciso di chiamare il mio medico curante per farmi fare il tampone è lui mi ha inserito nella piattaforma.
Per paura, perché giustamente non sapevamo come funzionasse, ho informato anche il medico di mia moglie e il pediatra dei miei figli, perché anche loro potessero fare il tampone.
Trascorsi 3 giorni, nessuno ci ha ricontattati.
Ho chiamato più volte la USCO (Unità Speciale Covid) di Rionero in Vulture (PZ), ma non sono riuscito a ottenere le risposte che cercavo.
Finalmente, dopo un po’ di telefonate e dopo aver aver parlato con una dottoressa, sono stato messo in lista per il giorno 2 Novembre.
Ho fatto il tampone a Rionero (PZ), in modalità drive-in, perché stavo bene.
Di norma, siccome eravamo tutti e quattro nella piattaforma, avrebbero dovuto farlo anche mia moglie e i miei figli, però l’hanno fatto solo a me.
Hanno voluto la mia e-mail e il mio numero di telefono per mandarmi i risultati che poi, in realtà, non sono mai arrivati.
Ho dovuto chiamare io per sapere se fossi positivo o no.
Fatto sta che sono risultato positivo.
Ho comunicato la mia condizione all’azienda per cui lavoro e mi è stato richiesto il certificato di positività.
Ho chiesto alla USCO il certificato per mandarlo in azienda, ma mi è stato detto ‘Se sei positivo non mandano nulla, bisogna comunicarlo a voce’, per poi aggiungere che avrei dovuto rispettare la quarantena a casa.
Ho iniziato la quarantena con tutti i problemi che si son venuti a creare con due bambini piccoli che hanno le loro necessità.
Nel frattempo nessun ente pubblico si è mai fatto sentire per chiedere se avessimo bisogno di qualcosa.
Devo ringraziare solo tante persone che si sono messe a disposizione per darci una mano e i nostri familiari che ci aiutano per fare la spesa e per le cose che servono ai miei figli.
Nel frattempo ho continuato a chiamare anche per mia moglie perché da quando è in piattaforma nessuno è venuto a farle il tampone.
Abbiamo aspettato l’altro tampone di controllo e finalmente lo hanno fatto anche a lei.
Loro dicono che dal decreto DPCM devono passare dieci giorni per effettuare l’altro controllo.
Dopo dieci giorni nessuno ci ha chiamato, il telefono risultava sempre fuori posto.
Al 19esimo giorno sono riuscito a contattarli chiedendo gentilmente quando avrebbero potuto assisterci.
Mi hanno risposto: ‘Non lo sappiamo, siamo incasinati, dovete avere pazienza’.
Mi sono arrabbiato e ho detto che se entro la giornata non mi avessero chiamato per fare il tampone, avrei denunciato tutti quanti.
La sera per fortuna ho ricevuto la fatidica chiamata e mi hanno detto che il giorno successivo avremmo fatto i tamponi.
Sabato 21 Novembre abbiamo fatto il tampone, però adesso sono risultato io negativo e mia moglie e mio figlio positivi.
Nel frattempo la USCO continua a dirmi che i risultati dei tamponi non possono essermi comunicati e che dobbiamo aspettare altri dieci giorni.
Io giustamente pur essendo negativo non posso uscire di casa fino a quando mia moglie e mio figlio non diventano negativi.
Ho molta paura per il lavoro e non posso perderlo, non posso certo continuare a mandare certificati medici ‘a vuoto’, anche se sto bene.
Adesso se non rispettano la scadenza come sto rispettando io la quarantena, al termine dei dieci giorni prenderò seri provvedimenti.
Ho necessità di avere i risultati dei tamponi per comunicarlo in azienda, perché senza quel certificato non posso rientrare a lavoro”.
Cosa ne pensate?