Lo scorso 25 Novembre è stata celebrata la giornata internazionale contro la violenza alle donne, ricorrenza istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, tramite la risoluzione numero 54/134 del 17 dicembre 1999.
Il Comune di Rionero, per ricordare le vittime di questa piaga sociale, ha collocato, in Piazza Gustino Fortunato, una panchina rossa:
“La violenza è la negazione della nostra umanità, è il male assoluto che va estirpato dalle nostre menti e dai nostri comportamenti.
La violenza sulle donne, poi, è tra le più spregevoli forme di manifestazione della violenza.
Purtroppo, viviamo ancora immersi in un contesto culturale che troppo spesso accetta la violenza, la normalizza, la esalta, la eleva a perno dell’intrattenimento, piuttosto che respingerla culturalmente e combatterla quotidianamente.
La cultura patriarcale, che normalizza il sessismo e contribuisce a plasmare la nostra formazione culturale ed educativa fin da bambini, si fonda sull’idea del rapporto uomo-donna come rapporto proprietario.
Ogni forma di violenza rivolta alle donne in quanto tali è una grave e intollerabile forma di manifestazione di questa concezione proprietaria del rapporto uomo-donna, che non ammette né amore né libertà, ma soltanto la più bieca e vile sopraffazione.
Vale per le forme di abuso, come quello psicologico, economico, fisico e sessuale, oltre che, ovviamente, per il femmicidio, lo stalking, la derisione dei corpi (body shaming) o la colpevolizzazione della vittima (victim blaming).
Le nostre società si lasciano dietro troppe vittime poiché condizionate da un gioco perverso e iniquo tra posizioni privilegiate e categorie discriminate.
Si tratta di un retaggio culturale che la nostra società non riesce a superare, di un meccanismo talmente radicato da risultare quasi involontario ed è lo stesso che porta le donne, in moltissimi casi, a credere di poter essere solo in un certo modo, accondiscendenti e poco propositive, ‘Sempre un passo indietro’.
Un sistema che nessuna retorica narrativa potrà cambiare.
Occorre mettere a fuoco le vere cause; occorre mettersi in discussione tutti, in prima persona; occorre mettere in discussione il nostro modo di esprimerci, di ragionare e di vivere il quotidiano.
La nostra società ha bisogno di emanciparsi definitivamente dalla cultura della violenza, e quindi anche dalla cultura maschilista.
Lo dobbiamo a tutte le donne.
Lo dobbiamo alle future generazioni.
Lo dobbiamo a noi stessi, perché da questo dipende il livello della nostra civiltà e il nostro sviluppo umano e culturale”.