Solo una settimana fa, nonostante l’allerta pandemia, l’Epifania ha portato via tutte le feste e con esse anche moltissimi giovani.
Dopo i pranzi di famiglia e lo scambio di regali in sicurezza, migliaia di ragazzi (come ogni anno in questo periodo) hanno lasciato il caldo abbraccio delle proprie origini per andare incontro al loro futuro.
Non c’è nulla di più triste che vedere pullman colmi di menti brillanti lasciarsi alle spalle le proprie radici.
Una tendenza ormai radicata e destinata ad aumentare nel tempo che lascia la nostra regione priva di qualsiasi valido sostegno cui aggrapparsi per risorgere.
Tra le cause maggiori che inducono a lasciare il nostro territorio vi è la mancanza di lavoro ma non solo.
Le partenze nascondono la voglia di riscatto, di fare ed essere apprezzati ma, d’altro canto, anche la comprensibile paura di rischiare il tutto e per tutto nella bellezza dei nostri luoghi, simili a una pietra grezza, non lavorata, difficile da scolpire senza gli strumenti adeguati.
Vanno via talenti, passioni, valori che ricevono poco qui ed ora disposti, tuttavia, a dare moltissimo.
Su questa ormai esponenziale “fuga di cervelli”, abbiamo chiesto il parere di uno dei professionisti nel mondo del lavoro, l’imprenditore Angelo Napoli, Amministratore Unico della “Don Fernandos” di Lavello e vero appassionato di Caffè (che ha dedicato al Vulture).
Angelo proviene da una famiglia di imprenditori tipicamente italiani, di piccole realtà familiari che negli anni sono riusciti a costruire Aziende capaci di sbarcare anche in mercati stranieri.
Profondo è il rapporto che lo lega alla nostra Terra, tant’è che la linea di Caffè 100% Arabica “Selezione Vulture”, presente nella sua Azienda, nasce proprio per far comprendere al consumatore l’attenzione alle proprie radici.
Annoverato inoltre tra i migliori 40 assaggiatori di Caffè in Italia, l’Ing. Napoli ci ha raccontato, tramite la sua idea di tutela e valorizzazione delle Aziende Locali, la ricetta più adeguata per risollevare le sorti della nostra Regione:
“Sulle righe di questa testata sono stato più volte invitato a scrivere o a rispondere a domande sulla mia attività e sul mio lavoro di imprenditore, argomenti che stimolano le mie emozioni e il mio entusiasmo.
Oggi sono stato invitato a parlare di un argomento altrettanto stimolante ma che è una ferita aperta e un’altra battaglia che voglio combattere e vincere: un Vulture svuotato dall’emigrazione di centinaia e centinaia di giovani e laureati.
Per un giovane, dopo la laurea, diviene quasi obbligatoria un’esperienza lontano dalla Basilicata, magari all’estero, perché arricchisce il curriculum e il bagaglio di competenze.
La voglia di fare nuove esperienze e quindi di spostarsi tuttavia non è un fatto negativo, tutt’altro, ma diventa un fatto negativo quando il muoversi diventa fuga, spesso da qualcosa che non si apprezza abbastanza e verso qualcosa che ci si immagina diverso da come è realmente.
E’ difficile accettare l’emigrazione a tempo indeterminato dei nostri giovani, tale condizione, infatti, non nuoce solo alle famiglie in termini umani e affettivi, ma anche e soprattutto, in termini sociali ed economici, al territorio nel quale questi giovani hanno vissuto e si sono formati.
Secondo uno studio dell’Ocse, infatti, per ogni studente italiano, dall’asilo all’università, lo Stato, e quindi la collettività, investe oltre CentoMila euro.
E allora, insieme a ciascun laureato che si trasferisce definitivamente, “fugge” anche l’anzidetto investimento in istruzione, sapere e conoscenza, senza contare che quel cervello contribuirà, invece, ad arricchire la Regione nel quale trasferisce la residenza, in termini di produttività e pagando le tasse lì e non in Basilicata.
Ritengo che occorra chiedersi: che cosa bisogna fare perché un giovane, il quale abbia deciso di vivere esperienze operose lontano dal Sud, trovi il coraggio di ritornare?
Che cosa può innescare questo “coraggio di tornare”?
E’ necessario innanzitutto trasmettere ai giovani che partono che il fine della vita di ciascuno di noi è semplicemente la felicità e che questa deriva dal raggiungimento di tre obiettivi che sono in sequenza di importanza salute, famiglia e libertà, e sono numerosi motivi per cui vale la pena di vivere in Basilicata.
Posso elencarne qualcuno:
1) Perché ovunque ti trovi in Basilicata, non c’è bisogno di guidare per due ore, se hai voglia di una nuotata in mare o di una gita in montagna;
2) Perché mentre il caffè a Milano arriva a costare 2 euro, a Lavello basta 1 euro;
3) Perché “pioggia al nord, sole al sud” è la previsione più probabile in un meteo;
4) Perché i paesi sono piccoli, a misura di uomo;
5) Perché il cibo è divino;
6) Perché in Basilicata sappiamo vivere con semplicità;
7) Perchè la siesta dopo pranzo è una religione;
8) Perché le nonne iniziano a fare la pasta alle 6 del mattino;
9) Perché puoi coccolare i tuoi genitori e fargli coccolare i tuoi figli.
Le città del Sud Italia infatti sono spesso ultime nelle classifiche sulla base della qualità della vita tra le città italiane.
Le città del Nord su, quelle del Sud giù: di anno in anno cambiano i posti in classifica, non cambia il concetto di fondo.
Eppure, da un recente sondaggio dell’Eurispes, emerge che gli italiani più soddisfatti del posto in cui vivono si trovano al Sud.
C’è qualcosa che non quadra.
Occorre tuttavia che nel territorio, da cui si è emigrati, si mostri finalmente qualche positiva novità, un aprirsi della società, ben oltre la sterilità degli ottusi particolarismi: occorre anzitutto una classe dirigente adeguata, che oggi il Sud in generale e la Basilicata in particolare non è sempre in grado di esprimere.
Essa dovrebbe innanzitutto esser capace di riorganizzare le condizioni strutturali della vita civile, dal costume alle istituzioni amministrative, dalle scuole ai servizi.
Il ruolo della classe dirigente è perciò vincere la sfida per il futuro, creare le condizioni perché le migliori risorse decidano consapevolmente che condurre un’esistenza felice ed appagante in Basilicata è possibile, anzi è più possibile che altrove!”.
Facciamo i nostri complimenti ad Angelo e alla sua famiglia per aver deciso di investire da oltre 60 anni a Lavello e in Basilicata dando quindi lavoro a tanti giovani nella propria terra.