“L’invasione della Russia in Ucraina segna una svolta nella storia europea
Molti si erano illusi che la guerra non avrebbe avuto più spazio in Europa”.
Così il premier, Mario Draghi, nell’Aula del Senato sulla crisi in Ucraina che aggiunge:
“Termina l’illusione che l’integrazione economica e politica che avevamo perseguito con la creazione dell’Unione Europea ci mettesse a riparo dalla violenza.
Che le istituzioni multilaterali create dopo la Seconda Guerra Mondiale fossero destinate a proteggerci per sempre.
In altre parole, che potessimo dare per scontate le conquiste di pace, sicurezza, benessere che le generazioni che ci hanno preceduto avevano ottenuto con enormi sacrifici.
Le immagini che ci arrivano da Kiev, Kharkiv, Maripol e dalle altre città dell’Ucraina in lotta per la libertà dell’Europa segnano la fine di queste illusioni.
L’eroica resistenza del popolo ucraino, del suo presidente Zelensky, ci mettono davanti una nuova realtà e ci obbligano a compiere scelte fino a pochi mesi fa impensabili.
Ora tocca a noi tutti decidere come reagire.
L’Italia non intende voltarsi dall’altra parte.
Il disegno revanscista del presidente Putin si rivela oggi con contorni nitidi, nelle sue parole e nei suoi atti.
Nel 2014, la Russia ha annesso la Crimea con un referendum illegale, e ha incominciato a sostenere dal punto di vista finanziario e militare le forze separatiste nel Donbass.
La settimana scorsa, ha riconosciuto – nel più totale sprezzo della sovranità ucraina e del diritto internazionale – le due cosiddette repubbliche di Donetsk e Lugansk.
Subito dopo, in seguito a settimane di disinformazione, ha invaso l’Ucraina con il pretesto di ‘un’operazione militare speciale.
Le minacce di far pagare con ‘conseguenze mai sperimentate prima nella storia’ chi osa essere d’intralcio all’invasione dell’Ucraina, e il ricatto estremo del ricorso alle armi nucleari, ci impongono una reazione rapida, ferma, unitaria.
Tollerare una guerra d’aggressione nei confronti di uno Stato sovrano europeo vorrebbe dire mettere a rischio, in maniera forse irreversibile, la pace e la sicurezza in Europa.
Non possiamo lasciare che questo accada.
L’invasione da parte della Russia non riguarda soltanto l’Ucraina.
È un attacco alla nostra concezione dei rapporti tra Stati basata sui diritti.
Non possiamo lasciare che in Europa si torni a un sistema dove i confini sono disegnati con la forza.
E dove la guerra è un modo accettabile per espandere la propria area di influenza.
Il rispetto della sovranità democratica è una condizione alla base di una pace duratura.
La lotta che appoggiamo oggi, i sacrifici che compiremo domani sono una difesa dei nostri principi e del nostro futuro.
Ed è per questo che chiedo al Parlamento il suo sostegno.
Un altro segnale preoccupante proviene dalla vicina Bielorussia, i cui cittadini domenica hanno votato a favore di alcune rilevanti modifiche della Costituzione ed eliminato lo status di Paese ‘denuclearizzato’.
Questo potrebbe implicare la volontà di dispiegare sul proprio suolo armi nucleari provenienti da altri Paesi.
Mentre condanniamo la posizione di Putin, dobbiamo ricordarci che questo non è uno scontro contro la nazione e i suoi cittadini – molti dei quali non approvano le azioni del loro Governo.
Dall’inizio dell’invasione, sono circa 6.000 le persone arrestate per aver manifestato contro l’invasione dell’Ucraina – 2.700 solo nella giornata di domenica.
Ammiro il coraggio di chi vi prende parte.
Il Cremlino dovrebbe ascoltare queste voci e abbandonare i suoi piani di guerra.
Scelte dell’Ue senza precedenti, ora difesa comune.
L’Europa ha dimostrato enorme determinazione nel sostenere il popolo ucraino.
Nel farlo, ha assunto decisioni senza precedenti nella sua storia – come quella di acquistare e rifornire armi a un Paese in guerra.
Come è accaduto altre volte nella storia europea, l’Unione ha accelerato nel suo percorso di integrazione di fronte a una crisi.
Ora è essenziale che le lezioni di questa emergenza non vadano sprecate.
In particolare, è necessario procedere spediti sul cammino della difesa comune, per acquisire una vera autonomia strategica, che sia complementare all’Alleanza Atlantica.
La minaccia portata oggi dalla Russia è una spinta a investire nella difesa più di quanto abbiamo fatto finora.
Possiamo scegliere se farlo a livello nazionale, oppure europeo.
Il mio auspicio è che tutti i Paesi scelgano di adottare sempre più un approccio comune.
Un investimento nella difesa europea è anche un impegno a essere alleati.
In seguito all’intensificarsi dell’offensiva russa, abbiamo adottato una risposta sempre più dura e punitiva nei confronti di Mosca.
Sul piano militare, il Comandante Supremo Alleato in Europa ha emanato l’ordine di attivazione per tutti e 5 i piani di risposta graduale che ho illustrato la settimana scorsa.
Questo consente di mettere in atto direttamente la prima parte dei piani e incrementare la postura di deterrenza sul confine orientale dell’Alleanza con le forze già a disposizione.
Mi riferisco al passaggio dell’unità attualmente schierata in Lettonia, alla quale l’Italia contribuisce con 239 unità.
Per quanto riguarda le forze navali, sono già in navigazione e sotto il comando Nato.
Le nostre forze aeree schierate in Romania saranno raddoppiate in modo da garantire copertura continuativa, assieme agli assetti alleati.
L’Italia è pronta a ulteriori misure restrittive, ove fossero necessarie.
In particolare, ho proposto di prendere ulteriori misure mirate contro gli oligarchi.
L’ipotesi è quella di creare un registro internazionale pubblico di quelli con un patrimonio superiore ai 10 milioni di euro.
Ho poi proposto di intensificare ulteriormente la pressione sulla Banca centrale russa e di chiedere alla Banca dei Regolamenti Internazionali, che ha sede in Svizzera, di partecipare alle sanzioni.
Sulle forniture di gas non dovrebbero esserci problemi. Ma per il futuro più rinnovabili, rigassificatori e raddoppio Tap.
In caso di interruzioni nelle forniture di gas dalla Russia, l’Italia avrebbe più da perdere rispetto ad altri Paesi europei che fanno affidamento su fonti diverse.
Questo non diminuisce la nostra determinazione a sostenere sanzioni che riteniamo giustificate e necessarie.
Al momento le forniture di gas non sono interrotte ma anche in caso di completa interruzione del flusso dalla Russia non dovrebbero esserci particolari problemi grazie ai volumi dello stoccaggio e ai flussi da altri Paesi.
Il governo è al lavoro per mitigare l’impatto di eventuali problemi per quanto riguarda le forniture energetiche.
Al momento non ci sono segnali di un’interruzione delle forniture di gas.
Tuttavia è importante valutare ogni evenienza, visto il rischio di ritorsioni e di un possibile ulteriore inasprimento delle sanzioni.
Tenendo presente che l’Italia importa circa il 95% del gas che consuma e oltre il 40% proviene dalla Russia.
In ogni caso nel breve termine, anche una completa interruzione dei flussi di gas dalla Russia a partire dalla prossima settimana non dovrebbe comportare problemi.
L’Italia ha ancora 2,5 miliardi di metri cubi di gas negli stoccaggi e l’arrivo di temperature più miti dovrebbe comportare una significativa riduzione dei consumi da parte delle famiglie.
Dunque la nostra previsione è che saremo in grado di assorbire eventuali picchi di domanda attraverso i volumi in stoccaggio e altra capacità di importazione.
Ma in assenza di forniture dalla Russia, la situazione per i prossimi inverni rischia di essere più complicata.
Il Governo ha allo studio una serie di misure per ridurre la dipendenza italiana dalla Russia.
Le opzioni al vaglio, perfettamente compatibili con i nostri obiettivi climatici, riguardano prima di tutto:
- l’incremento di importazioni di gas da altre fornitori – come l’Algeria o l’Azerbaijan;
- un maggiore utilizzo dei terminali di gas naturale liquido a disposizione;
- eventuali incrementi temporanei nella produzione termoelettrica a carbone o petrolio, che non prevedrebbero comunque l’apertura di nuovi impianti.
Se necessario, sarà opportuno adottare una maggiore flessibilità sui consumi di gas, in particolare nel settore industriale e quello termoelettrico.
Il gas rimane un utile combustibile di transizione.
Dobbiamo ragionare su un aumento della nostra capacità di rigassificazione e su un possibile raddoppio della capacità del gasdotto TAP.
Dobbiamo prima di tutto puntare su un aumento deciso della produzione di energie rinnovabili – come facciamo nell’ambito del programma Next Generation EU.
Dobbiamo continuare a semplificare le procedure per i progetti onshore e offshore – come stiamo già facendo – e investire sullo sviluppo del biometano.
È importante muoverci nella direzione di un approccio comune per lo stoccaggio e l’approvvigionamento di gas.
Farlo permetterebbe di ottenere prezzi più bassi dai Paesi produttori e assicurarci vicendevolmente in caso di shock isolati”.