25 APRILE A MELFI, IL SINDACO VALVANO: “TANTI MELFITANI HANNO LOTTATO PER LA LIBERTÀ, NON DIMENTICHIAMOLI”

Nel ricordo del concittadino antifascista Floriano Del Secolo, si stanno svolgendo le manifestazioni del Comune di Melfi per commemorare il 25 Aprile.

Questa mattina il corteo con le istituzioni, le associazioni, le scuole e i cittadini. Deposta una corona d’alloro al monumento dedicato ad Attilio Di Napoli, melfitano e ministro all’epoca del Governo Badoglio, mentre un’altra è stata deposta presso il monumento ai caduti presso l’ex Municipio.

Il Sindaco Livio Valvano, presente alla manifestazione, ha dichiarato:

“Rinnoviamo lo spirito di rottura e di conquista dei valori di 72 anni fa. Solo attraverso il continuo rinnovamento possiamo gettare le basi per un futuro migliore. Qui, a Melfi, c’è una storia locale emblema di una di più largo respiro: Del Secolo, Nitti, Di Napoli e tutti gli altri melfitani che si sono sacrificati per la libertà e un Paese più giusto, noi non possiamo e non dobbiamo dimenticarli”.

Ieri sera grande partecipazione al Centro Nitti per la presentazione del libro “L’insufficienza riformatrice. Abbiamo fatto ma avremmo dovuto fare di più” di Giovanni Pieraccini con Stefano Rolando.

Oggi pomeriggio alle 17:30 il convegno organizzato dall’Anpi: “Il fiore del partigiano. Dalla Resistenza alla Costituzione” con il partigiano Aldo Tortorella, il sindaco di Melfi Livio Valvano, la presidente dell’Anpi Lucia Pennesi, il coordinatore dell’Anpi per il Sud Vincenzo Calò.

Concluderanno le manifestazioni la coreografia dell’ASD Style Dance “…per non dimenticare” e lo spettacolo gratuito al Teatro Ruggiero II “L’ordine è già stato eseguito” di Alessandro Portelli, con l’Associazione Teatrale Magazzino dell’Arte e per la regia di Gianni Ceccio.

Di seguito il discorso integrale tenuto questa mattina dal Sindaco Livio Valvano e a seguire le foto della manifestazione.

Cari concittadini, illustri rappresentanti istituzionali, consentitemi di rivolgere un ringraziamento alle tante associazioni culturali, sportive, agli Istituti Scolastici della nostra città e alle persone che anche quest’anno hanno lavorato perché si potesse celebrare degnamente questa ricorrenza. All’Associazione Nitti e all’ANPI in particolare vanno i nostri sentimenti di gratitudine per ciò che rappresentano e per l’alto valore civile del loro contributo.

Anche quest’anno ci ritroviamo in questa circostanza, tutt’altro che formale, tanto meno banale.
È una festa del popolo, che ogni anno proviamo ad arricchire valorizzando tutte le forme possibili di partecipazione, dalle espressioni culturali teatrali, allo sport, agli approfondimenti educativi e formativi degli alunni degli Istituti Scolastici, senza tralasciare la musicalità della nostra banda cittadina, il cui contributo erroneamente diamo per scontato e che invece, per lo sforzo che fanno nel rinnovare e tenere in vita questo prezioso elemento culturale della nostra comunità, vi prego di ringraziare vivamente con un applauso.
È una festa di tutti, non di una parte contro un’altra, sarebbe un grave errore interpretarla diversamente.
Come è stato ricordato “nella Resistenza si era combattuto per la libertà di tutti: di chi c’era, di chi non c’era e di chi era contro”.

Guardando a ciò che è stato, oggi onoriamo il sacrificio di migliaia di persone che hanno donato la loro vita per un bene più grande. Un immenso sacrificio che ci ha consentito di conquistare la libertà, la pace, lo sviluppo economico, civile e sociale di cui oggi noi disponiamo, se pur nei limiti che conosciamo, tutto ciò lo dobbiamo a tutti coloro che hanno perseguito il progetto di edificazione di una nazione unita, libera e democratica, sono beni immateriali che dobbiamo a chi ci ha creduto fino al punto di rimetterci il bene più prezioso di cui disponiamo, la vita.

Può sembrare molto distante quel passato,  può sembrare irripetibile, può addirittura essere percepito come una finzione, quasi come se fosse il racconto di un romanzo, può sembrare superato definitivamente dalla società del benessere, dalla fine della storia nell’occidente sviluppato. Non è così.

I conflitti ancora presenti al di fuori dei nostri confini, che ancora oggi determinano il sacrificio di vite umane
e il deterioramento dei rapporti sociali all’interno della nostra comunità nazionale, descrivono un quadro di pericoli che ci devono vedere impegnati a lavorare insieme per contrastare l’avanzare di un processo di decadenza civile e morale delle nostre comunità. Di fronte alla forza della criminalità, ai numerosi esempi del malaffare che mettono in discussione la credibilità delle istituzioni, ci sentiamo sempre più soli nel quotidiano nostro e dei nostri cari,  ci sentiamo sempre più afflitti dalle tensioni dei rapporti economici, dallo scontro tra egoismi che sembrano trovare giustificazione dal crescere delle disuguaglianze. Ogni giorno che passa diventa sempre più labile il sentimento di comunità.

Anche per questo siamo qui, per ricaricarci, per trovare la forza di contrastare questo processo di decadenza!
Tutti coloro che possono farlo devono sentirsi impegnati a fare, a donare qualcosa, a non delegare ad altri, a non aspettare che qualcuno li vada a chiamare per dare una mano. Proviamo a ricercare in noi stessi la dimenticata bellezza del donare, per ricollegarci agli altri, per trasformare l’ossessione dell’IO nella gioia del NOI.

Vedere questa sentita partecipazione è un segnale positivo, che difende e rinvigorisce la speranza per il futuro
La speranza per un futuro scritto non semplicemente e comodamente sotto l’influsso degli interessi dei singoli, del vanitoso egoismo che tende a trasformarsi in ideologia guida, la speranza per un futuro che insieme continueremo a costruire con maggior sacrificio. O saremo insieme o non saremo.

Non saremo degni di rappresentare lo spirito sociale, democratico e liberale che ha animato la lotta partigiana se non troveremo in noi la forza di proseguire in quel cammino. È un cammino che richiede coraggio e fiducia nel futuro, è un cammino che non erige muri ma li rompe, è un cammino che non esclude viaggiatori, anzi li include, gli va incontro, è un cammino scomodo, che richiede la cessione di qualcosa di cui ognuno di noi dispone. Che ci impegna nell’affrontare le nuove avversità, le grandi contraddizioni del presente.

Se davvero crediamo nei valori che abbiamo ereditato dai padri costituenti, non possiamo sottrarci dall’affrontare con spirito umanitario assistito dal necessario pragmatismo la condizione degli oppressi di oggi, di coloro che fuggono da luoghi di guerra, di coloro che vivono in condizioni di miseria assoluta.
Chiuderci nel nostro recinto può servire per lenire le nostre paure, può sembrare l’unica soluzione pratica in grado di proteggere il futuro dei nostri figli. Certo potrebbe essere la via che ci da più sicurezza, o comunque l’unica opzione concreta. Ma significherebbe rinunciare a combattere, rinunciare a battersi per la libertà di altri esseri umani, rinunciare a continuare il cammino intrapreso da chi si è donato per noi, significherebbe negare il valore e il relativo debito morale dei flussi migratori che hanno visto 40 milioni di italiani trovare spazio in altre nazioni nel secolo scorso. Si dirà che gli italiani emigrati hanno avuto ma hanno anche dato.

È una obiezione sufficiente per mettere a posto le nostre coscienze? Sono sicuro che non è questo lo spirito che anima questa comunità. Sono convinto che prevalgono i sentimenti del 25 aprile. Li ho visti quei sentimenti materializzarsi al passaggio del carro “Mama Africa” durante il Carnevale di quest’anno. Ho gioito insieme a voi nel vedere uomini e donne provenienti da terre lontane, qui in mezzo a noi, lavorare per mesi per prepararsi e partecipare a una bellissima festa popolare. Una festa che ha superato tutte le divisioni.

Una bella pagina vissuta nel presente, una declinazione dei valori che abbiamo ereditato e che fanno della nostra Italia un grande paese”.