Bardi: “Con l’Autonomia differenziata potremo scrivere un nuovo futuro per la Basilicata”. Ecco i dettagli

Autonomia differenziata, ecco l’intervento di Bardi in Consiglio:

“Il disegno di legge a firma del ministro Calderoli e approvato dal Consiglio dei ministri (…) definisce i principi generali per l’attribuzione alle Regioni a statuto ordinario di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia in attuazione dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione, nonché le relative modalità procedurali di approvazione delle intese fra lo Stato e una Regione.

Ma chi ha scritto questo articolo 116 della Costituzione? Chi ha reso possibile questa autonomia differenziata? Chi ha aperto questo vaso di Pandora? (…)

Ebbene, a scrivere questo nuovo articolo 116 fu il governo di centrosinistra guidato da Giuliano Amato, nel 2001 a “federalizzare” la Costituzione, altro che Calderoli.

Giuliano Amato è stato poi anche Presidente della Corte costituzionale, per cui non certo identificabile come un attentatore dell’unità nazionale.

In quell’esecutivo c’erano Ds, Ppi, Dem, Verdi, Pdci, Udeur, Ri, Sdi.

(…) Imposero la riforma “federalista” – in quell’occasione il Centrodestra si dichiarò contro – con soli tre voti di scarto in Parlamento; e vinsero pure il successivo referendum confermativo con la partecipazione del 34% degli elettori.

In Basilicata i Sì furono il 66,46%.

L’affluenza lucana superò il 26% di poco.

Credo che tanti che oggi gridano contro l’autonomia, nel 2001 erano in campagna elettorale per votare sì all’autonomia.

(…) Ecco come nacque la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n 3, passata con tre voti in più in aula e poco più di un terzo del Corpo elettorale.

Altro che partecipazione e condivisione.

(…) Uno dei pilastri della legge è proprio la vexata norma dell’articolo 116, oggi diventata bersaglio privilegiato della sinistra meridionale, che pure nel Governo Amato esprimeva il ministro delle riforme istituzionali e il ministro degli affari regionali…

Ma torniamo al famigerato articolo 116 terzo comma che recita: “Ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia…possono essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali…”.

A questa norma – votata dal centrosinistra – si collega il ddl Calderoli. Ma anche prima del DDL Calderoli, il probabile futuro segretario del Pd aveva già chiesto e con forza l’autonomia differenziata.

(…) Stefano Bonaccini e Giuseppe Conte, il primo da governatore dell’Emilia-Romagna e l’altro da premier, il 15 febbraio del 2019 firmarono la bozza d’intesa per dare alla regione i super-poteri del 116.

(…) Ma sgombriamo il campo dalla propaganda: il Ddl Calderoli non è eversivo, non è un atto di secessione, non è incostituzionale ma è anzi in attuazione della Costituzione così come modificata dalla sinistra. Ricordiamolo sempre, altrimenti non capiamo di cosa stiamo parlando. L’autonomia è già in Costituzione. E l’ha messa il centrosinistra nel 2001.

Tornando al DDL Calderoli, bisogna sottolineare che l’iter è molto complicato. (…)

L’articolo 1 definisce i principi generali per l’attribuzione alle Regioni a statuto ordinario di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione, nonché gli aspetti procedurali delle intese tra lo Stato e una Regione, il tutto subordinatamente alla determinazione dei noti Livelli Essenziali di Prestazione;

L’articolo 2 disciplina il procedimento di approvazione delle intese tra Stato e Regione.

(…)

L’articolo 3 contiene le disposizioni relative alla determinazione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni e dei relativi costi e fabbisogni standard.

(…)

L’articolo 4 stabilisce i princìpi per il trasferimento delle funzioni, con le relative risorse umane, strumentali e finanziarie, attinenti a materie o ambiti di materie riferibili ai LEP: tale trasferimento può avvenire, in via generale, solo dopo la determinazione dei LEP e dei relativi costi e fabbisogni standard.

L’articolo 5 reca disposizioni di principio sull’attribuzione delle risorse finanziarie, umane e strumentali necessarie per l’esercizio da parte delle Regioni di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia. Tali risorse sono determinate da una Commissione paritetica Stato Regione.

L’articolo 6 prevede che le funzioni trasferite alla Regione in attuazione dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione, possano essere attribuite a Comuni, Province e Città metropolitane dalla stessa Regione, nel rispetto dell’articolo 118 della Costituzione, insieme con le relative risorse umane, strumentali e finanziarie. (…)

L’articolo 7 riguarda la durata delle intese, che ciascuna di esse dovrà individuare, comunque non superiore a dieci anni. Si prevede, inoltre, che, con le medesime modalità previste per il loro perfezionamento, le intese possano essere modificate.

(…)

L’articolo 8 stabilisce che dall’applicazione della legge per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Il finanziamento dei LEP e dei relativi costi e fabbisogni standard.

(…)

Tuttavia, l’articolo 9 prevede comunque misure perequative e di promozione dello sviluppo economico, della coesione e della solidarietà sociale.

(…)

L’articolo 10 reca, infine, le disposizioni transitorie e finali.

Ma concentriamoci sui LEP, se ne parla da 20 anni, esattamente da quando il centrosinistra votò a maggioranza il federalismo e l’autonomia in costituzione, ma nessuno li ha mai tradotti in norme.

(…) Adesso pare che ci siamo.

E sul punto si sono espressi favorevolmente anche i miei colleghi di centrosinistra – e nostri vicini di casa – Emiliano e De Luca. Voler definire i LEP credo sia un merito storico del Governo Meloni.

(…) Si provò già con la legge delega per l’attuazione del federalismo fiscale (Legge n. 42/2009) e con i suoi decreti attuativi.

Ma, ad oggi, i LEP non hanno ancora visto la luce.

Vedremo cosa cambierà.

Se cambierà. Perché definire i LEP non sarà facile.

Già immagino che qualsiasi stanziamento sarà insufficiente per chi oggi strepita contro l’autonomia.

La determinazione dei LEP è una materia attribuita alla competenza esclusiva dello Stato.

Insomma, deciderà il Governo. I LEP riguardano i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio della Repubblica.

(…)Il trasferimento delle funzioni aggiuntive alla Regione richiedente potrà avvenire solo previa definizione dei LEP e previo stanziamento delle coperture, qualora gli stessi ne richiedano.

(…) Il problema non riguarda solo la definizione dei LEP: si dovranno scegliere dei criteri che penalizzeranno alcuni e valorizzeranno altri, come in ogni norma.

Ma quante risorse finanziarie serviranno per la loro attuazione?

Nessuno lo sa.

(…) Definire i LEP non sarà facile, stanziare i fondi necessari sarà ancora più difficile.

E se i LEP non fossero raggiunti dalle regioni, ci sarebbe un intervento diretto dello Stato?

La tentazione dello Stato di riappropriarsi delle funzioni trasferite, magari con un rigurgito centralista, andrebbe in direzione opposta all’autonomia.

Su questo punto voglio aggiungere un a considerazione: il dibattito centralismo versus regionalismo appassionò i nostri padri costituenti.

In favore del centralismo – ma soprattutto contro il regionalismo – ci fu il politico lucano più importante della storia unitaria, Francesco Saverio Nitti.

(…)

I dati della SVIMEZ, un istituto dalla chiara connotazione politica e culturale, ci dicono che dall’entrata in funzione delle Regioni a oggi, il divario Nord-Sud è aumentato.

Dai dati in nostro possesso si evince come il PIL pro capite del Mezzogiorno sia aumentato costantemente – riducendo in modo consistente le distanze con i territori del Nord grazie a un processo peculiare di convergenza – solo tra l’inizio degli anni Cinquanta e l’inizio degli anni Settanta.

Questa situazione si è determinata a causa del ritardo con cui si è verificato un esteso sviluppo industriale nei territori meridionali (…).

Ovviamente legare questo andamento al quadro istituzionale è un azzardo logico che non farò.

E che chiedo a tutti di non fare.

Infatti, se pensiamo che il periodo di maggiore avvicinamento tra le due parti del Paese è stato quello tra la fine degli anni Cinquanta e la metà degli anni Settanta, è più facilmente spiegabile con l’industrializzazione.

Il paradosso odierno è che chi grida contro l’autonomia, grida anche contro la produttività, le industrie, le imprese, inseguendo chimere fuori dalla realtà.

Ma questo è un altro discorso. (…)

Passando dalla teoria alla sostanza, il Ddl Calderoli pone tante questioni fondamentali, fortemente intersecate tra loro. Secondo il Ddl, le risorse necessarie alla Regione richiedente per esercitare le nuove funzioni verranno definite da una commissione paritetica Stato-Regione. (…)

È bene ricordare che le Regioni possono richiedere tante competenze. (…)

Qualora tutte fossero contenute trasferite alla Regione richiedente, quanti miliardi di euro servirebbero per finanziarle?

Pensiamo alla nostra piccola Basilicata, che però produce idrocarburi per tutto il paese ed energia rinnovabile che va tutta nel GSE, contribuendo – insieme alla Puglia – in misura determinante alla produzione nazionale di energia rinnovabile.

Una singola regione deciderebbe la politica nazionale energetica e avrebbe in dotazione svariati miliardi di euro? È una riflessione che voglio condividere con voi, anche perché stiamo ovviamente studiando e redigendo una proposta di autonomia in materia di “produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia”, come previsto dalla Costituzione, così come modificata nel 2001 dal centrosinistra.

Dinanzi a una crescita del bilancio regionale ed un ridimensionamento di quello statale, per via della diversa allocazione del gettito fiscale. Ma se il bilancio dello Stato si ridimensiona, come farà quest’ultimo a garantire i diritti su tutto il territorio nazionale, I LEP?

Sono queste le grandi tematiche cui doversi confrontare.

Si parla di definire le materie che possono essere trasferite tramite intesa. Non sembra avere senso trasferirle tutte.

Occorrerebbe limitarsi a quelle che, se trasferite, potrebbero essere gestite meglio ad un livello istituzionale più prossimo al territorio.

Per esempio, la Lombardia e il Veneto hanno chiesto l’autonomia in tutte le 23 materie di cui al 117 comma 3, l’Emilia Romagna per 15. Regioni anche molto organizzate possono gestire tutte queste materie? Ma soprattutto, con le risorse trasferite poi a queste regioni, come si fanno a garantire i LEP? Su questi grandi temi mi affido alla sensibilità, alla cultura politica e all’esperienza del presidente del consiglio, Giorgia Meloni.

Ma torniamo a noi, alla nostra Basilicata. (…) Il Consiglio regionale della Basilicata ha approvato all’unanimità, in data 20 marzo 2018, la risoluzione intitolata “Autonomia Basilicata”.

L’atto di indirizzo impegna il Presidente della Giunta a predisporre un documento in merito “alle potenzialità/opportunità del regionalismo differenziato”, da inviare alle competenti Commissioni consiliari. Si impegna anche il Presidente del Consiglio regionale a predisporre “un calendario delle attività delle Commissioni al fine di avviare un percorso di largo confronto e approfondimento con UPI, ANCI, parti sociali, associazioni e rappresentanze del modo del lavoro e delle imprese” ed avviare un’attività di confronto e supporto sul documento di indirizzo in sede di Conferenza dei Presidenti delle Assemblee legislative delle Regioni”.

Mi pare che questa iniziativa sia stata intrapresa dal centrosinistra, sotto un governo di centrosinistra, in applicazione di una riforma – quella costituzionale – scritta dal centrosinistra. Nulla di male, sia chiaro, ma è giusto fare un excursus storico, così da dare tutte le informazioni necessarie ai cittadini. (…) Sempre nella scorsa consiliatura, il Consiglio regionale di Basilicata ha già approvato un atto di indirizzo nei confronti della Giunta per sollecitare approfondimenti sulle opportunità del regionalismo differenziato e, contestualmente, ha avviato una propria attività istruttoria.

Noi seguiremo ovviamente il dibattito parlamentare, ma nel frattempo abbiamo l’onore di dare seguito a quanto già votato dal Consiglio regionale di Basilicata. Questa Giunta regionale si assumerà l’onere di fare una proposta nel senso già auspicato dal Consiglio regionale della Basilicata, tra l’altro non essendo a oggi intervenuta alcuna modifica normativa.

Il nostro obiettivo è valorizzare al massimo le risorse della Basilicata, ma al contempo agiremo in sede di Conferenza Stato-Regioni per evitare che decisioni nazionali possano pregiudicare i diritti e i servizi in favore dei lucani.

Lo abbiamo fatto anche ieri, quando insieme all’assessore Latronico abbiamo incontrato il Ministro dell’Ambiente Pichetto Fratin, per perorare la causa lucana nel momento in cui si parla di semplificare l’iter di nuovi impianti da energia rinnovabile, dato che il Governo Meloni vuole far diventare il Sud Italia un “hub” energetico, una strategia lungimirante che però deve prevedere benefici tangibili anche per i territori e i cittadini che ospitano tali nuovi impianti.

Dopo il “gas gratis a tutti i lucani”, stiamo lavorando per applicare la medesima filosofia all’acqua e all’energia elettrica: autonomia significa prima di tutto tutelare gli interessi e le prerogative dei territori, assumendosi l’onere dell’autogoverno o della responsabilità verso la propria comunità: con questo nuovo “idem sentire”, potremo scrivere un nuovo futuro per la Basilicata”.