Il Consiglio dei ministri ha approvato il 24 Febbraio scorso uno schema di decreto legislativo che dà attuazione alla direttiva europea che interviene sul diritto dei consumatori, apportando alcune modifiche al Codice del Consumo.
Così si apprende da Confcommercio:
“Tra le novità più rilevanti le misure in materia di campagne promozionali: quando si indica un prezzo scontato (nel caso dei saldi ad esempio), si dovrà contestualmente indicare il prezzo precedentemente applicato.
C’è poi una nuova disciplina dei mercati on line: il gestore del sito Internet dovrà garantire che le recensioni inviate dai consumatori su un prodotto o un servizio provengano da soggetti che hanno effettivamente utilizzato o acquistato quel prodotto o quel servizio.
E dovrà indicare se l’ordine delle risposte a una ricerca on line di un prodotto o un servizio sia effettivo il frutto di un accordo a pagamento tra inserzionista e gestore del sito.
Prolungato sino a trenta giorni, poi, il termine di recesso per i contratti stipulati dal consumatore nel contesto di visite del professionista a domicilio del consumatore, non richieste da quest’ultimo, e diventano pratica ingannevole la mancata, chiara indicazione di annunci pubblicitari a pagamento per ottenere una classificazione migliore dei prodotti e la rivendita di biglietti per eventi acquistati utilizzando strumenti automatizzati (i bagarini on line)”.
Così Ciro Sinatra, presidente di Univendita, la maggiore associazione della vendita diretta a domicilio aderente a Confcommercio si esprime:
“Il governo ha commesso un grave errore.
Non ha tenuto conto delle precise indicazioni della direttiva europea, non ha tenuto conto delle ragioni di un comparto da quasi 4 miliardi di euro di fatturato annuo, che occupa oltre 500mila persone, e non ha tenuto conto di argomenti di normale buonsenso.
L’estensione del diritto di recesso da 14 a 30 giorni per tutte le vendite su appuntamento non richiesto dal cliente, e non soltanto per quelle effettuate ricorrendo a pratiche commerciali aggressive o ingannevoli, non solo ignora l’espressa previsione della direttiva, ma si traduce in un’inaccettabile discriminazione di un intero settore.
Uno schiaffo immeritato a chi produce lavoro e ricchezza. Valori che dovrebbero essere cari all’attuale esecutivo.
Come Associazione a questo punto non potremo che sostenere le nostre aziende nei casi in cui dovesse essere sollevata la questione di legittimità costituzionale rispetto a una norma del tutto errata e irragionevole.
Il decreto tra l’altro ignora il commercio online, tutt’altro che esente da rischi e trappole per i consumatori, mentre non esita a criminalizzare a prescindere un comparto che invece fonda le sue fortune sul rapporto diretto e sulla fiducia tra venditore e cliente“.