Ci sarà più tempo per accedere al Superbonus, ma non per tutti, e spunta una mini-sanatoria sui crediti.
Come fa sapere today nel dettaglio:
“Le forze politiche continuano a ragionare su una proroga del Superbonus e su altri aspetti dell’agevolazione, come i crediti chiamati “incagliati”. Dopo aver registrato il parere favorevole del governo su una deroga fino al 30 giugno, ora si lavora a un’ulteriore proroga. In più, allo studio c’è una mini-sanatoria sui crediti che permetterebbe di regolarizzare alcune situazioni. Vediamo gli ultimi sviluppi.
La proroga viene potenziata
Il governo ha dato parere favorevole a prorogare la scadenza per completare i lavori fino al 30 giugno 2023 e accedere ancora al Superbonus 110%. La proroga riguarda però solo le villette e ora la maggioranza sarebbe ora al lavoro per una possibile ulteriore proroga fino al 30 settembre 2023.
La Commissione Finanze della Camera sta infatti analizzando le proposte di modifica del testo presentate dal relatore, Andrea De Bertoldi di Fratelli d’Italia, mentre la maggioranza sarebbe in attesa entro domani di un parere dell’esecutivo rispetto a un testo sull’opzione di cessione del credito esercitata per le spese sostenute nel 2022 e le rate residue dei due anni precedenti.
Il governo di Giorgia Meloni ha avviato a chiusura il Superbonus edilizio del 110 per cento a causa dei suoi alti costi per le casse dello Stato. Nei prossimi giorni si voterà sui temi condivisi tra maggioranza ed esecutivo sul decreto, anche per soluzioni sui “crediti incagliati”.
La mini-sanatoria sui crediti
In commissione Finanze alla Camera è stato depositato l’emendamento che mette in salvo le cessioni dei crediti 2022, oltre alle “code” dei lavori avviati nel biennio precedente. La proposta di modifica, al netto di potenziali correttivi tecnici, consentirebbe di comunicare all’Agenzia delle entrate la cessione del credito al sistema bancario prima della relativa accettazione da parte della banca indicata.
In questo modo si eviterebbe la scadenza del 31 marzo precedentemente fissata per l’invio degli accordi di cessione con le banche all’Agenzia, pena la decadenza del beneficio fiscale. L’emendamento prevede, peraltro, anche la possibilità che la banca rifiuti l’acquisizione del credito da parte del contribuente.
Un “comunicato legge”, atteso dopo l’approvazione della correzione in Commissione, renderà più chiare procedure, tempi e sanzioni, che al momento vengono segnalate di 250 euro, per la “remissione in bonis” da parte dell’Agenzia delle entrate delle comunicazioni delle cessioni trasmesse oltre il 31 marzo.
Fonti vicino al dossier fanno notare che un paio di istituti bancari avrebbero manifestato in queste ore l’intenzione di riprendere ad acquistare crediti legati ai bonus edilizi.
Meloni: “Abbiamo messo una pezza su 40 mld di buco”
“Tentare di mettere le pezze a un provvedimento che è costato decine di miliardi, che ha lasciato nelle casse dello Stato un buco 40 miliardi per efficientare meno del 4% degli edifici, di cui gran parte seconde case, scaricando su ogni italiano un debito di 2mila euro, anche su quelli che una casa non ce l’avevano, per aiutare le banche a lucrarci sopra, non è austerità, è serietà.
Io la penso in maniera diversa”. Lo ha puntualizzato il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, replicando così, in aula alla Camera per le comunicazioni sul prossimo Consiglio europeo, alle critiche dell’opposizione circa la ‘stretta’ sul Superbonus.
E riferendosi al complesso dei bonus fiscali concessi a ristrutturazioni edilizie ed efficientamenti energetici, anche in relazione alle future prescrizioni della direttiva Ue “Case green” ha rilevato che “Paradossalmente, l’esecuzione di un ampio spettro di interventi di riqualificazione compiuti prima del 2025 rischia di risultare inutile, perché i criteri tecnici e le metodologie che sono esistenti oggi verranno modificati entro il 2025, in base a scenari e a parametri che a oggi non sono ancora definiti, ma che dovranno risultare in grado di consentire il miglioramento di efficienza per la gran parte degli edifici.
Di conseguenza, anche gli immobili oggetto di interventi finanziati con le varie forme di incentivi fiscali potrebbero per paradosso risultare non idonei perché nel frattempo sono cambiati i parametri di riferimento”.