Su 100 donne che lavorano alle dipendenze a tempo indeterminato 75 sono occupate nel terziario, settore così vitale da essere anche palestra per eccellenza dell’autoimprenditorialità.
Il terziario è donna perché su 100 occupati dipendenti nei servizi 51 sono donne, mentre su 100 occupati dipendenti nell’industria e nelle banche solo 27 sono donne, e poi si lavora prevalentemente a tempo indeterminato: su 100 donne dipendenti nel terziario di mercato, oltre 65 hanno un contratto a tempo indeterminato.
Sono i dati dell’Ufficio Studi Confcommercio che fanno parte di un report realizzato in occasione di TdLab 2023, evento promosso da Terziario Donna-Confcommercio.
L’Ufficio Studi sottolinea dunque che “un settore “molto fertile” per l’occupazione femminile è il terziario di mercato”.
L’Italia è in piena crisi demografica.
Le donne non fanno figli, a differenza degli altri paesi europei, dove sono più numerose le donne che lavorano.
Più lavoro, più welfare, più strumenti di conciliazione lavoro-famiglia, più figli: ad esempio Paesi come Danimarca, Svezia e Islanda hanno un indice di fertilità all’1,7% rispetto all’1,2 dell’Italia e hanno il 77% di tasso partecipazione al lavoro.
Spostare il tasso di partecipazione femminile dal nostro 49% al 60% della media europea o al 65% della Germania non garantirebbe di avere mediamente più figli per donna, ma aprirebbe sicuramente una possibilità.
La presidente nazionale del Gruppo Terziario Donna, Anna Lapini, ha illustrato i principi ispiratori del TdLab 2023.
“Abbiamo voluto dedicare il nostro meeting annuale a tutte quelle specifiche iniziative che possono creare un cambiamento culturale mirato a raggiungere una più equa parità di genere, attivando i talenti femminili per stimolare la crescita economica e sociale del Paese.
Progetti ed iniziative che devono andare di pari passo con l’evoluzione contrattuale e legislativa: nel decreto lavoro abbiamo apprezzato la riduzione del nucleo contributivo, che auspichiamo possa diventare strutturale, e l’incentivazione al welfare aziendale.
Ulteriori interventi a favore delle imprese del terziario, rappresenterebbero un importante volano di sviluppo e di crescita dell’occupazione femminile, un’ occupazione di qualità: già oggi i tre quarti delle lavoratrici che hanno un contratto a tempo indeterminato sono occupate nel terziario”.
Secondo Lapini, è necessario “creare una vera alleanza fra scuola e lavoro per rendere i nostri giovani pronti al mercato del lavoro, ad intraprendere una attività imprenditoriale, favorendo la diffusione delle materie STEM (Scientifiche, tecniche, ingegneristiche e matematiche) specialmente fra le ragazze, che soffrono ancora il peso di stereotipi secondo i quali sarebbero più portate per le materie umanistiche”.
Ha osservato la presidente di Terziario Donna:
“Il nostro progetto STEMprare, che verrà realizzato in tre regioni test attraverso accordi fra gli uffici scolastici regionali e Terziario Donna, mira proprio a questo.
A formare professionalità ma anche rendere ciascuna persona libera di affermare e realizzare se stessa e la propria identità.
Identità, che come è emerso dal dibattito fra l’autrice della Treccani e le professoresse della Bocconi, è strettamente connessa all’uso del linguaggio ed alla sua evoluzione.
Per approfondire il legame fra identità, lavoro ed economia abbiamo voluto scegliere un settore, il turismo, nel quale l’identità di un territorio, formata da molteplici componenti (arte, storia, paesaggio, natura, enogastronomia, divertimento) può essere valorizzata e veicolata con modalità diverse, anche antitetiche, ma non per questo contrastanti: è una sfida che può dare impulso ulteriore al settore e all’economia, creando nuovi posti di lavoro”.
Parlando dei temi dell’evento di Terziario Donna, il presidente nazionale Carlo Sangalli ha sottolineato:
“la partecipazione femminile è indispensabile per la sostenibilità e la partecipazione al mercato del lavoro.
Non ha davvero senso parlare di imprese femminili quando si sostengono delle misure di aiuto e sostegno, è importante sostenere le donne che fanno impresa indipendentemente dalla compagine societaria.
“Credo che sia importantissimo sottolineare quello che i dati della ricerca dell’Ufficio Studi dimostrano: si fanno più figli laddove la partecipazione delle donne al lavoro e alla società è più alta.
E la partecipazione al lavoro delle donne è più alta laddove ci sono livelli di qualità della vita e servizi maggiori.
Cioè, nonostante l’immaginario collettivo delle famiglie numerose del Sud Italia, al Sud ormai le donne fanno meno figli che al Nord.
Questa correlazione ci fa capire quanto sia importante innescare un circuito virtuoso”.