“L’approvazione in Conferenza Stato-regioni del nuovo Piano nazionale delle malattie rare 2023-2026, corredato di uno stanziamento di 50 milioni di euro relativi al biennio 2023-24, rendono quanto mai opportuna l’estensione in Basilicata dello screening neonatale all’atrofia muscolo spinale (SMA), una malattia neuromuscolare rara fortemente invalidante, dando così attuazione ad una mozione presentata dal sottoscritto ed approvata all’unanimità dal Consiglio regionale a gennaio di quest’anno.”
Ad affermarlo, in una nota, è il consigliere regionale di Basilicata Oltre Giovanni Vizziello.
Aggiunge Vizziello:
“La riduzione dei tempi medi della diagnosi è a tutt’oggi l’elemento determinante per cambiare in senso positivo il decorso delle malattie rare sia perché nell’intervallo di tempo che intercorre tra l’insorgenza dei primi sintomi e la corretta identificazione della malattia il paziente finisce per assumere farmaci che curano tutto, tranne la malattia rara da cui il paziente è affetto, sia perché il trattamento con i farmaci innovativi appropriati si rivela decisivo a condizione che sia effettuato nell’immediatezza dell’insorgenza dei sintomi della patologia rara.
Se è vero che quasi l’80 per cento delle malattie rare ha un’origine genetica occorre considerare che lo screening neonatale presenta dei vantaggi in termini di rapporto costo/beneficio rispetto ai test genetici effettuati durante il periodo di gravidanza nei confronti di entrambi i genitori del nascituro, percorso di prevenzione a tutt’oggi praticato in Basilicata e che, qualora entrambi i genitori risultassero portatori sani, determina anche scelte di carattere etico che i genitori sono chiamati ad assumersi e che senza dubbio sono molto dolorose.
Nel caso dello screening postnatale bastano due gocce di sangue prelevate dal tallone del neonato per identificare la SMA, con un costo di qualche euro per il servizio sanitario regionale, laddove, nel caso dei test genetici in gravidanza, il costo lievita a diverse centinaia di euro e deve essere effettuato su entrambi i genitori, oltre che chiaramente sul feto.
L’Italia è oggi all’avanguardia in Europa nel trattamento delle malattie rare, ma occorre superare oggettive disparità regionali nell’offerta dei servizi sanitari dedicati a chi ne è affetto, replicando sul nostro territorio esperienze virtuose tanto in materia di prevenzione, quanto di trattamento delle malattie rare”.