Un mese fa il vescovo della diocesi di Melfi-Rapolla-Venosa, monsignor Gianfranco Todisco, originario di Napoli dove è nato nel 1946, ha fatto un annuncio che è diventato subito un caso internazionale:
“Lascio la diocesi e vado a fare il missionario in Honduras“.
Una decisione che sin da subito ha alimentato il dibattito all’interno e fuori dalla Chiesa, essendo peraltro un caso unico.
Padre Gianfranco, perché lui ama farsi chiamare così anziché “monsignore” o “eccellenza”, ha guidato la diocesi per 14 anni. Avrebbe dovuto lasciare l’incarico a 75 anni, cioè tra 4 anni.
Ma lo spirito della missione tra gli abbandonati delle periferie del mondo non ha mai smesso di battere e così, dopo l’approvazione da parte di Papa Francesco, ha deciso di assecondarlo.
Abbiamo intervistato Padre Gianfranco, ripercorrendo insieme a lui i suoi anni di Pastore della Diocesi.
Padre Gianfranco, il richiamo della missione non è stato poi così improvviso.
“Credo infatti sia stata più “improvvisa” la chiamata a vescovo. Ero sacerdote nel cosentino quando arrivò la decisione di guidare la diocesi di Melfi-Rapolla-Venosa. Ho accettato perché quella doveva essere la volontà del Signore ma non ho mai dimenticato le mie origini di “discepolo-missionario”, per utilizzare una bella espressione di Papa Francesco”.
Lei infatti viene dai Catechisti Rurali, detti anche Ardorini, che si sono contraddistinti per aver portato il messaggio cristiano soprattutto nelle campagne. E nel suo stemma vescovile è raffigurato un “Ricreatorio”. La sua decisione di andare incontro alla vocazione missionaria rappresenta allora una continuità.
“Quando sono diventato vescovo mi è stato detto di scegliere uno stemma personale, cosa che io ignoravo completamente. Oltre al monogramma di Cristo e alla Madonna, alla quale sono profondamente devoto, ho deciso di far rappresentare un Ricreatorio affinché richiamasse le mie origini “ardorine”. Gaetano Mauro, fondatore della nostra congregazione, fu parroco di Montalto Uffugo in provincia di Cosenza, la stessa località nella quale anche io avrei fatto il parroco diversi anni dopo. Qui recuperò un convento francescano per dare ospitalità ai giovani che non avevano alcun punto di riferimento. Non era un semplice oratorio o un dormitorio: all’interno di quelle mura, don Gaetano insegnava ai ragazzi i mestieri e tante altre attività. Era questo il “Ricreatorio” che vediamo riproposto nel mio stemma: una speranza per tanti giovani.
L’elemento comune è dunque lo spirito missionario, essere tra e con la gente per diffondere il messaggio di Cristo, per dare una mano a chi soffre. Nelle campagne, nei Paesi più poveri: ovunque c’è bisogno di aiuto noi siamo chiamati ad agire. Prima della mia esperienza di vescovo e di parroco in Calabria sono stato 12 anni in Canada e 9 anni in Colombia, anni in cui mi sono misurato con tante realtà, ho cercato di mettermi al servizio della comunità. Ed è quello che tornerò a fare in Honduras tra un mese”.
Papa Francesco d’altronde continua a sottolineare l’importanza della missione. A proposito di Bergoglio, come vede il profondo rinnovamento che sta cercando di diffondere all’interno della Chiesa? Pensiamo alla comunione ai divorziati, ad una maggiore presenza della donna.
“Papa Francesco sta portando il suo stile personale, e cioè di contatto fraterno con la gente. Lui viene dall’America del Sud in cui questo modo di fare è largamente diffuso. Io stesso ho invitato i miei sacerdoti a visitare i Paesi poveri per incontrare lo spirito della missione. Perché consente di avere una maggiore consapevolezza della realtà che ci circonda, dello spirito di fratellanza che si deve continuare a promuovere.
In ciò va ricercato il messaggio di apertura che la Chiesa sta vivendo in questi tempi. Occorre fare tuttavia una precisazione. Il papa non ha mai detto “I divorziati possono prendere la comunione“. Il papa ha detto “Diamo la comunione ai divorziati a patto che ci sia pentimento”. Sono due cose diverse. L’eucarestia, come la intendono gli ortodossi, è un rimedio, una cura ad un male. La Chiesa di Roma allo stesso tempo interroga il fedele: perché richiedi la comunione se ti sei allontanato dal messaggio di Cristo? Ecco che allora il pentimento può essere un buon elemento di raccordo.
Durante il sinodo speciale dedicato alla famiglia il papa ha fatto bene ad invitare donne e coppie sposate a partecipare al dibattito: c’è bisogno di confrontarsi con queste realtà perché sono parti di noi. Dalla donna non si può prescindere, rappresenta un elemento di forte unione nella nostra società”.
Poco tempo fa c’è stato un forte dibattito in seguito alla sua decisione di sospendere, in via sperimentale e per 3 anni, le figure dei padrini e delle madrine durante la somministrazione dei sacramenti del battesimo e della cresima.
“La scelta di un padrino o di una madrina è diventata una consuetudine priva di un vero valore cristiano. Spesso si fanno scelte sbagliate: ad esempio c’è chi sceglie come padrino il nonno: come può quella figura fungere da figura spirituale per la persona che riceve il sacramento? La figura spirituale deve accompagnare passo passo il battesimando o il cresimando. Altre volte la scelta è di pura circostanza, dopo la cerimonia molti legami si sciolgono. Allora perché arrabbiarsi di fronte a questa scelta? Non si può essere cristiano senza l’incontro con Cristo.
Estendo il discorso anche al matrimonio: tante volte ho sentito dire che la gente si sposa in chiesa perché assicura un effetto scenografico oppure per non creare un dispiacere ai famigliari. Ecco, risposte del genere meritano di essere approfondite”.
Non è che è venuto meno il ruolo del catechismo?
“Senz’altro. Il catechismo ha il compito di cementare la fede, i catechisti devono fare innamorare i fedeli. L’ultimo documento sul catechismo ha come tema l’incontro con Gesù, questo perché fede e vita, soprattutto a partire da una certa età, si stanno separando sempre di più. Forse allora lo strumento del catechismo non sta funzionando come dovrebbe e si necessita di una nuova educazione cristiana”.
Una nuova educazione cristiana che sappia rispondere anche alla crisi delle vocazioni che la Chiesa sta vivendo.
“La crisi delle vocazioni deve farci riflettere. I giovani d’oggi non hanno spesso dei buoni esempi all’interno e fuori dalla famiglia. Non sono più in grado di sentire e recepire. Si sviluppano modi di pensare “fai da te” che conducono ad un impoverimento dell’anima. La Chiesa deve essere in grado di dare risposte a questi giovani, di farsi trovare pronta e non sorda di fronte alle loro esigenze”.
Uno dei momenti più contrastanti durante la sua attività di vescovo è stato lo scontro con la comunità di Maschito.
“Io cerco di essere sempre un buon papà. Non sono naturalmente il Padre Eterno, però ci tengo affinché le regole vengano rispettate. Avevo cercato di far comprendere alla comunità di Maschito, che aveva molto sofferto negli ultimi anni, che inseguire certe forme di manifestazione popolare non potevano sposarsi con il messaggio cristiano e della Chiesa. L’usanza di appendere soldi sulla statua di Sant’Elia la trovavo scandalosa. E spesso i soldi non venivano nemmeno impiegati per il bene della comunità e della Chiesa ma per pagare il cantante di grido, le luminarie, i fuochi pirotecnici. Su questo ho voluto mettere un punto fermo: nessuno ha mai negato le processioni o le festività patronali, ma non si potevano mescolare cose diverse e in contraddizione con il credo cristiano”.
Quindi devozione popolare e teologia non possono andare d’accordo?
“Certo che possono ma c’è bisogno che la devozione popolare venga purificata e condotta sulla retta via affinché non inciampi in errori che fanno male alla Chiesa”.
Durante la sua attività di vescovo ha incontrato più volte il mondo dell’industria e nello specifico la FCA di Melfi. Tempo fa scrisse a Marchionne chiedendo di fermare la produzione la Domenica, richiesta rimasta inascoltata. Negli ultimi giorni invece ha denunciato lo scandalo di presunte tangenti nell’indotto FCA in cambio di un’occupazione. È evidente che il mondo del lavoro, si vuole per la crisi, si vuole per tanti altri fattori, si stia un po’ smarrendo.
“È in atto una vera e propria crisi dei valori, in cui l’essere umano viene visto come un automa, un robot, completamente spersonalizzato e utile solo alla produzione. Quando scrissi all’amministratore delegato di FCA, Sergio Marchionne, chiedendogli di fermare la produzione la Domenica, volevo sottolineare la necessità da parte di un lavoratore di riposarsi e di stare con la propria famiglia. Io per primo sono grato a FCA per aver portato migliaia di posti di lavoro ma una persona deve anche avere la possibilità di godere del proprio pane quotidiano assieme alla famiglia, e se non la Domenica allora quando?
Sulla mia recente denuncia di tangenti in cambio di lavoro, ebbene non siamo molto distanti da quanto dichiarato prima: è sempre in gioco la dignità della persona. Qui è ancora più grave perché sono soprattutto i giovani a subirne le conseguenze. E così sentiamo una donna costretta a pagare migliaia di euro per far lavorare il figlio (che poi viene licenziato). Premetto che non ero a conoscenza della storia di questa signora quando ho fatto la mia denuncia.
Ma non potevo più tacere. Bisogna che tutti si adoperino affinché certe cose non accadano più. L’uomo deve ritornare ad essere portatore di esperienze e valori e non una semplice macchina. E in cima ai nostri pensieri ci devono essere i giovani.
Ai giovani dico: se il lavoro viene meno, se incontrate ostacoli, non vi scoraggiate. Siate creativi, inventatevi qualcosa. Non vi abituate all’idea di poter avere tutto e subito perché non è così. E se qualcuno vi offre un lavoro non mettetevi a disposizione in maniera assoluta, cercate sempre di portare avanti quelle che sono le vostre passioni, le vostre competenze. Non correte dietro al personaggio di turno che garantisce raccomandazioni, rincorrete piuttosto i vostri sogni“.
A fine Giugno Padre Gianfranco lascerà la diocesi di Melfi-Rapolla-Venosa dopo 14 anni. L’Honduras sarà sicuramente un nuovo inizio, una nuova avventura vissuta secondo lo spirito cristiano.
Auguriamo a Padre Gianfranco di spendersi al meglio come “missionario-discepolo” in mezzo alla gente.