La riforma delle pensioni si arricchisce di una nuova ipotesi: il ritorno di Quota 96, cancellata dalla legge Fornero.
Al momento è solamente un’idea ma, come precisa money, sembra che il governo abbia avviato una fase di studio per valutare quanto costerebbe il ripristino di Quota 96, così da riconoscere ai lavoratori usuranti e gravosi una maggiore flessibilità in uscita.
La parola chiave della riforma delle pensioni è quindi ancora “quote”: dopo la possibilità di confermare Quota 103 per un altro anno, o comunque di estendere Quota 41 ma prevedendo l’obbligo di un ricalcolo contributivo dell’assegno, ecco che si torna a parlare di Quota 96, misura che prima dell’entrata in vigore della legge Fornero garantiva un accesso agevolato rispetto all’attuale pensione anticipata.
Così come per le altre “quote”, anche Quota 96 deve il suo nome al risultato che la somma tra età anagrafica e contributi deve dare per acquisire il diritto alla pensione; a differenza delle altre due, e di come funzionava in passato, questa sarebbe riservata solamente a delle specifiche categorie di lavoratori, a tutti coloro che per la gravosità della professione svolta meritano di una maggior tutela in ambito previdenziale.
Con Quota 96 si era soliti indicare il valore della somma tra età anagrafica e anni di contributi necessario per accedere alla pensione di anzianità nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2011 e il 31 dicembre 2012.
Per poter andare in pensione, quindi, bastava che la somma tra anzianità anagrafica e contributiva desse come risultato 96, ma rispettando dei limiti minimi: l’età anagrafica, infatti, doveva essere di almeno 60 anni, mentre i contributi non potevano essere inferiori di 35 anni.
Quindi, potevano accedere a Quota 96 coloro che all’età di 61 anni avevano maturato 35 anni di contributi, oppure chi all’età di 60 anni ne aveva 36.
Dal raggiungimento dei requisiti alla decorrenza della pensione, però, passava almeno un anno, vista una finestra mobile di 12 mesi.
Va detto che per Quota 96 era previsto un innalzamento dei requisiti negli anni a venire per effetto dell’adeguamento con le speranze di vita, in quanto:
- nel triennio 2013-2015 si sarebbe dovuti passare a Quota 97,3 (requisito anagrafico di 61 anni e 3 mesi);
- nel triennio 2016-2018 si sarebbe dovuti passare a Quota 97,7 (requisito anagrafico di 61 anni e 7 mesi);
- nel biennio 2019-2020 si sarebbe dovuti passare a Quota 98,1 (requisito anagrafico di 61 anni e 11 mesi);
- dal 2021 si sarebbe dovuti arrivare infine a Quota 98,4 (requisito anagrafico di 62 anni e 2 mesi).
È però intervenuta la legge Fornero a bloccare il tutto, abrogando la Quota 96 a partire dal 1° gennaio 2012 e sostituendola con l’attuale pensione anticipata che, ricordiamo, consente il pensionamento a qualsiasi età a patto di aver raggiunto i 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini, 41 anni e 10 mesi per le donne.
Un po’ a sorpresa si è tornati a parlare di Quota 96 durante il confronto che dovrebbe portare all’approvazione di una nuova riforma delle pensioni con risvolti già nel 2024.
Per il momento sembra che l’intenzione sia quella di prevedere una Quota 96 fissando il requisito anagrafico minimo a 61 anni (non più 60 quindi) e mantenendo i 35 anni di contributi.
Tuttavia, Quota 96 non sarebbe per tutti ma solamente per le categorie dei più fragili.
Ad esempio per usuranti e gravosi, andando così a rappresentare una valida alternativa a Quota 41 (riservata ai precoci) e all’Ape sociale (sempre che verrà confermata dopo la scadenza del 31 dicembre prossimo).
E non è da escludere che Quota 96 possa essere presa in considerazione anche per le donne, così da utilizzarla per sostituire l’Opzione donna per la quale il futuro è sempre più incerto.