Ormai è assodato: le risorse per una vera riforma delle pensioni per superare in modo netto la legge Fornero non ci sono.
Spiega today che “per il 2024 il governo Meloni proverà a individuare alcune soluzioni “tampone”.
Quali saranno? Chi lascerà effettivamente il lavoro dal 31 dicembre 2023 in poi?
Si naviga a vista.
Ogni partito della maggioranza proverà a piantare la propria bandierina.
La Lega di Salvini non ha ancora nemmeno del tutto rinunciato, ufficialmente, alla promessa elettorale di quota 41 (costerebbe 4 miliardi).
Ma realisticamente si va “solo” verso una conferma degli attuali regimi, da quota 103 agli anticipi per alcuni lavori usuranti e gravosi.
Pensioni 2024: le ipotesi in vista della legge di bilancio
Altri dodici mesi di quota 103 significano che il pensionamento anticipato sarà possibile per i lavoratori con 41 anni di contributi e 62 di età anagrafica.
Si potrà poi anche allargare l’Ape sociale (l’anticipo pensionistico per i lavori gravosi), facendovi rientrare tutte quelle lavoratrici che erano garantite da Opzione donna (quiescenza con 35 anni di contributi e 57-58 anni di età per alcune categorie).
L’influente sottosegretario leghista al Lavoro, Claudio Durigon, ieri ha detto a Radio24 che “per quello che riguarda Opzione donna stiamo cercando di capire come dare un ristoro alle donne”.
Sulle uscite anticipate con il ricalcolo contributivo dell’assegno delle lavoratrici anche i sindacati puntano a un ritorno al passato.
I requisiti per l’Opzione donna versione 2023 sono troppo stringenti e poco convenienti.
La Cisl chiede quindi la proroga della pensione con Opzione donna nel 2024 e 2025 senza l’appesantimento delle condizionalità previste dall’ultima manovra.
Un ritorno ai requisiti del 2022 (uscita con 58 anni, 59 per le lavoratrici autonome e 35 di contributi) appare però complicato, costerebbe parecchio.
Forza Italia si vuole proporre al suo elettorato, in vista delle elezioni europee, come il partito che non dimentica una promessa di Silvio Berlusconi: le pensioni minime a mille euro.
Gli azzurri sono alla caccia di fondi nell’ambito della previdenza per confermare l’importo per le minime a 600 euro per gli anziani con più di 75 anni e a 572 euro per gli altri.
Al massimo si tenterà di portare l’assegno a 650 euro per gli over 75.
Le risorse arriverebbero da un nuovo taglio della rivalutazione delle pensioni, penalizzando gli assegni oltre cinque volte il minimo.
Fare cassa con la previdenza?
Non sarebbe una novità.
La manovra prenderà forma solo in autunno, ma è probabile che le pensioni potrebbero essere un po’ più basse rispetto alle previsioni più ottimiste: la rivalutazione al 100% dell’inflazione ci potrebbe essere solo per gli assegni fino a quattro volte il minimo (circa 2.100 euro lordi).
Non si vorrebbe toccare l’indicizzazione all’85% tra 4 e 5 volte il minimo (intorno ai 2.600 euro) per non penalizzare i redditi medio bassi.
Invece un taglio di uno, due o forse anche tre punti percentuali potrebbe essere applicato al recupero Istat delle altre fasce, che l’ultima legge di bilancio ha fissato al 53% per le pensioni tra 5 a 6 volte il minimo; al 47% tra 6 e 8 volte il minimo; al 37% da 8 a 10 volte e al 32% per gli assegni oltre dieci volte il minimo.
Nelle prossime settimane il quadro si chiarirà.
In sintesi: quota 103, Ape sociale e magari un’Opzione donna rivista. Altrimenti per andare in pensione ci sono i canali ordinari.
I due canali ordinari per andare in pensione nel 2023, che molto probabilmente resteranno identici o quasi anche nel 2024, sono sempre quelli disciplinati dalla riforma di Elsa Fornero, ovvero la pensione di vecchiaia e la pensione anticipata (una volta si chiamava pensione di anzianità).
La pensione di vecchiaia è usata soprattutto dalle donne perché ha come requisito per l’accesso un numero contenuto di contributi versati.
Le donne in Italia spesso hanno carriere discontinue, per via della maternità, della precarietà, del lavoro di cura.
Lo svantaggio è però l’età di uscita più alta di tutti gli altri canali, che viene aggiornata “a salire” periodicamente.
Nel 2023 si va in pensione di vecchiaia con almeno 20 anni di contributi e 67 anni di età.
Il requisito anagrafico resterà invariato fino al 31 dicembre 2024, per via della pandemia che ha aumentato la mortalità e resi nulli i due adeguamenti previsti per il primo gennaio 2021 e il primo gennaio 2023.
Per raggiungere il requisito contributivo si valuta la contribuzione versata di qualsiasi tipo: da lavoro, riscatto, volontaria e figurativa”.