Il superbonus non esisterà più nel 2024, di fatto, almeno per come lo abbiamo conosciuto finora.
Come riporta today, infatti, “In base al calo progressivo già previsto dal governo Meloni, l’incentivo che quest’anno è al 90% nel 2024 calerà ulteriormente al 70%.
Ipotizzando che le norme non cambino ancora, teoricamente sarebbe ancora possibile accedere all’agevolazione fiscale per i lavori avviati nel 2024, ma senza la cessione del credito o lo sconto in fattura e soprattutto con un’aliquota ridotta così tanto non avrebbe senso, se si considera per esempio che un altro bonus edilizio – l’ecobonus – permette di ottenere il 75% (in 10 anni e non in 4, certo, ma con meno vincoli).
Il superbonus rimane nella formula originaria e piena del 110% fino a fine 2023, ma solo per le villette unifamiliari e i condomìni dove i lavori sono stati avviati nel 2022.
Non solo, perché nell’ultima manovra c’è un’altra stretta sul superbonus, forse quella più rilevante e per certi versi inaspettata: la tassa sulla vendita degli immobili ristrutturati sfruttando l’incentivo.
Dopo aver smantellato l’agevolazione fiscale, il governo Meloni tassa chi ha usufruito dei bonus edilizi. Ma andiamo con ordine, cercando di fare chiarezza.
Attenzione a gennaio 2024 per chi vende l’appartamento o la casa ristrutturata con il superbonus da non più di 10 anni: a partire dal 1° gennaio scatterà il 26% di tasse su tutto il guadagno realizzato rispetto al valore di acquisto (la plusvalenza realizzata, appunto).
Tradotto in parole semplici: se una casa viene rivenduta prima di 10 anni dalla fine dei lavori realizzati sfruttando l’agevolazione fiscale, la plusvalenza del 26% andrà calcolata tenendo conto anche del maggior valore dovuto ai lavori di ristrutturazione edilizia.
Le tasse, infatti, saranno calcolate sull’intera plusvalenza e non solo quella “scontata” del costo dei lavori del superbonus, come previsto dalla normativa attualmente in vigore.
Le uniche eccezioni alla nuova disciplina prevista dall’ultima manovra riguardano gli immobili ereditati, per successione o donazione, e quelli adibiti ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari.
Nello specifico, l’imposta riguarderà la plusvalenza che si realizza nella vendita di un immobile.
Se la casa per cui è stato chiesto il superbonus viene venduta prima dei 10 anni da quando sono terminati i lavori, si pagherà l’imposta sul cosiddetto “capital gain immobiliare”.
Di norma, la legge sulle plusvalenze immobiliari in vigore oggi – contenuta nel testo unico delle imposte sui redditi -, prevede che chi vende la propria casa debba pagare un’imposta del 26% sostitutiva dell’Irpef sulla plusvalenza realizzata, ossia sulla parte di guadagno rispetto al valore di acquisto. Ci sono tre eccezioni.
La norma in questione non si applica:
- per gli immobili ereditati, per successione o donazione;
- se la casa in questione è stata l’abitazione principale di chi la vende per la maggior parte del periodo intercorso tra il termine dei lavori e la vendita;
- quando i lavori sono stati pagati direttamente ed è stato chiesto il rimborso nella dichiarazione dei redditi. Se si rivende dopo 5 anni, ma prima di 10, il prezzo di acquisto o il costo di costruzione vengono rivalutati ricorrendo all’indice Istat.
In tutti gli altri casi si paga il 26% sul guadagno realizzato.
Ora, con la manovra 2024, viene aggiunto il caso del superbonus.
Cosa significa in termini pratici?
Quante tasse deve pagare sulla plusvalenza chi vende la casa ristrutturata con questo incentivo?
Ecco alcuni esempi.
Una simulazione della Fondazione nazionale dei commercialisti per il Corriere della Sera immagina che una persona abbia acquistato casa nel 2000 ad un prezzo di 200mila euro, non sia diventata abitazione principale del richiedente e abbia “subìto” nel 2021 lavori per il superbonus per un valore di 50mila euro.
Se viene rivenduta nel 2024 a un prezzo di 400mila euro, ai sensi della normativa attuale la vendita non sarebbe tassabile, perché sono intercorsi più di 5 anni tra l’acquisto e la cessione dell’appartamento.
La manovra 2024, invece, porta questa vendita ad essere tassabile, poiché sono passati meno di 10 anni tra i lavori del superbonus e la data di cessione dell’appartamento.
La plusvalenza realizzata è di 150mila euro, ma quella tassabile è di 88.200 euro, poiché va sottratto il costo di acquisto rivalutato in base all’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati. Le tasse da versare in più sono 22.932 euro.
Un altro caso è quello di una casa acquistata nel 2000, su cui sono stati realizzati nel 2021 interventi edilizi agevolati con il superbonus al 110% per un costo di 50mila euro, ed è stata poi venduta nel 2027 per 400mila euro.
Anche in questo caso la vendita dell’immobile non sarebbe tassabile ai sensi della normativa vigente.
Con la manovra cambia tutto, perché si arriva alla tassabilità della vendita: come nel caso precedente, la plusvalenza realizzata è di 150mila euro, quella tassabile di 63.200 euro. Infatti, per determinare questa cifra si sottrae al prezzo di vendita il costo di acquisto rivalutato e il 50% delle spese per il superbonus.
Come spiega la Fondazione nazionale dei commercialisti, “le spese per gli interventi edilizi agevolati con il superbonus al 110% sono scomputabili al 50% dal prezzo di vendita in quanto si è fruito dello sconto in fattura (o della cessione del credito) e gli interventi si sono conclusi da più di cinque anni all’atto della cessione”.
L’imposta dovuta su questa plusvalenza, quindi, risulta essere pari a 16.432 euro.
Il terzo caso mostrato dalla Fondazione nazionale dei commercialisti è quello di un appartamento acquistato nel 2020 a un prezzo di 200mila euro, non adibito ad abitazione principale dal cedente, sul quale sono stati realizzati nel 2021 lavori con il superbonus al 110% per un costo di 50mila euro.
Se l’appartamento viene venduto nel 2024 a un prezzo di 400mila euro, ai sensi delle norme in vigore fino a fine 2023 la vendita sarebbe stata tassabile, scontando però le spese del superbonus.
Con la manovra 2024 questo non è più possibile.
Infatti, la plusvalenza da tassare risulta essere di 200mila euro, anziché 150mila.
Le spese per i lavori del superbonus, infatti, non si potranno scomputare dal prezzo di vendita poiché i lavori sono terminati da meno di 5 anni all’atto della cessione. Ecco perché si pagheranno 52mila euro di tasse, 13mila euro in più rispetto alla situazione attuale”.