Ogni anno, a Melfi, in occasione del Giorno dell’Immacolata, si ripete il rito delle Panedduzze.
Un rito antichissimo, secolare, introdotto verso il 1530, quando l’imperatore di Spagna Carlo V mandò nell’area del Vulture-Melfese famiglie di albanesi.
Questi furono inviati per ripopolare la zona, decimata dopo gli anni turbolenti delle lotte tra Francia e Spagna, culminate con la cosiddetta “Pasqua di Sangue” che trucidò la popolazione di Melfi, poi riscattata il giorno di Pentecoste (da cui nacque la celebre rievocazione storica).
I nuovi arrivati si stabilirono nel rione Chiucchiari, totalmente distrutto dai francesi.
Uno di questi albanesi vi costruì una chiesa, quella di Santa Maria ad Nives, in via Ronca Battista, come è riportato nell’iscrizione posta sopra l’architrave della porta d’ingresso: “Questa ecclesia ha edificato messer Georgino Lapazzaia, albanese, dalle pedamenta nel 1570”.
Tra i vari usi da loro introdotti, ci fu quello delle panedduzze, un tipo di pane senza lievito.
Sarebbe proprio tale “mancanza” a stabilire un parallelismo con il dogma dell’Immacolata Concezione (introdotto nel 1854 da Papa Pio IX), legato al concepimento di Maria senza peccato originale.
La Chiesa di Santa Maria è il punto di riferimento di questo rito, ma non è la sola a distribuire ai fedeli le panedduzze, diventate, col tempo, simbolo di auguri.
Che tutti i fedeli possano godere di questo giorno sacro con gioia e armonia, nonostante il periodo difficile.