“Nel 2022, il 44% delle donne lucane affette da tumore al seno, quindi quasi una su due, è andata ad operarsi in un ospedale di una regione diversa dalla nostra.
Un dato shock, che la dice lunga sulla necessità per la Basilicata di un cambio di rotta nei servizi di cura destinati ai pazienti oncologici”.
Ad affermarlo, in una nota, è il consigliere regionale Giovanni Vizziello che così commenta i dati del Rapporto Svimez e Save the Children sui divari tra Nord e Sud del Paese nel diritto alla salute.
Aggiunge Vizziello:
“La fuga dagli ospedali lucani per ricevere assistenza nelle strutture sanitarie del Nord e del Centro del Paese non è un fenomeno nuovo e soprattutto riguarda tutto il Mezzogiorno d’Italia, dal momento che in tre regioni del Nord (Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna) si concentra il 90% del saldo attivo di mobilità sanitaria e le cinque regioni del Sud (Campania, Puglia, Sicilia, Basilicata e Calabria) hanno speso 14 miliardi negli ultimi dieci anni per far curare fuori regione i propri cittadini.
Tuttavia i dati Agenas rielaborati dalla Svimez ci dicono che oggi la situazione in Basilicata è diventata insostenibile.
Il tumore della mammella è una patologia diffusa particolarmente nella popolazione femminile tra i 50 e i 70 anni, che oggi fa registrare tassi di sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi pari all’88% un risultato eccezionale che è stato raggiunto grazie agli screening, che consentono una diagnosi precoce della patologia e ai percorsi di cura appropriati, fondati sull’approccio multidisciplinare alla malattia.
Se è vero, com’è vero, che il numero degli interventi effettuati è considerato un indicatore dell’affidabilità e della qualità di un reparto e di una struttura sanitaria anche in Basilicata la politica è chiamata a fare delle scelte che vadano nel senso di arginare l’eccessiva frammentazione dei servizi, recuperando quel rapporto tra volumi ed esiti delle cure che rappresenta chiaramente la soluzione alle criticità della chirurgia oncologica.
L’Agenas un giorno sì e l’altro pure ricorda quanto sia pericoloso tenere aperti reparti che effettuano prestazioni sotto soglia, cioè che hanno volumi di interventi chirurgici tanto bassi da non garantire sicurezza e qualità delle cure ed è opportuno che anche in Basilicata si rispettino le evidenze scientifiche, razionalizzando i servizi e chiudendo quei reparti che appaiono funzionali al consenso politico più che alla salute dei cittadini”.