Nei prossimi due mesi, a marzo e aprile 2024, gli importi delle pensioni cambiano.
Per cui, come riporta today, “molti pensionati, che potrebbero vedere i loro cedolini riportare cifre più basse rispetto alla media.
Nessun allarmismo, perché c’è una spiegazione: nei comuni in cui è aumentata l’addizionale comunale, infatti, inizierà ad essere applicato l’acconto sull’Irpef cittadino, facendo scendere di conseguenza gli importi.
Già dal mese di gennaio 2024 le pensioni sono aumentate del 5,4% con la rivalutazione all’inflazione: da aprile si applicheranno le nuove aliquote Irpef e a fine anno arriverà un conguaglio pari allo 0,3% per ogni mese.
Il tasso di inflazione definitivo del 2023, infatti, è pari al 5,7%, quindi a dicembre i pensionati dovranno ricevere quanto spetta loro.
Nel dettaglio, la trattenuta dell’addizionale Irpef avviene secondo le consuete tempistiche:
- addizionale regionale a saldo 2023, da gennaio a novembre 2024;
- addizionale comunale a saldo 2023, da gennaio a novembre 2024;
- addizionale comunale in acconto 2024, da marzo a novembre 2024.
Se gli enti territoriali deliberano modifiche alle aliquote, gli importi delle addizionali a saldo, e quindi gli eventuali aggravi, saranno rideterminati a partire dal prossimo mese, quello di marzo.
Chi avrà una pensione più bassa il prossimo mese, dunque?
Tra le grandi città ad aver aumentato l’addizionale comunale ci sono Napoli e Palermo.
Nel capoluogo partenopeo quest’anno si passerà dallo 0,9% all’1%.
Questo significa che saranno 15 euro in più se se ne guadagnano 15mila, e oltre 50 se si superano i 50mila euro.
A Palermo, invece, l’aumento sarà inferiore: dallo 0,095% allo 0,1%, ma ci saranno scatti progressivi nei prossimi anni, fino ad arrivare all’1,338% nel 2031.
Si tratta di un calo dell’importo che compensa in parte gli aumenti scattati a gennaio, con la rivalutazione all’inflazione.
Le rivalutazioni interessano soprattutto gli assegni che non superano i 2.271,76 euro lordi mensili (quattro volte il minimo Inps, cioè poco meno di 1.800 euro netti).
Per i trattamenti superiori l’indicizzazione sarà parziale, con percentuali decrescenti: 4,59% per quelli fino a cinque volte il minimo, 2,862% tra cinque e sei volte, 2,538% tra sei e otto volte, 1,998% tra otto e dieci volte, 1,188% oltre le dieci volte (pari al 22%).
In generale, gli incrementi lordi non corrispondono a quelli netti, perché c’è da mettere nel conto il prelievo fiscale.
Nel 2024 però l’impatto dell’Irpef risulterà un po’ attenuato dall’entrata in vigore del primo modulo di riforma, che riduce il prelievo fino a un massimo di 20 euro al mese.
In tal modo, facendo un esempio, una pensione da mille euro al mese (sempre lordi, quindi circa 900 netti) ha una maggiorazione di 54 euro mensili su tredici mensilità, che si riducono a 38 dopo l’Irpef.
L’aumento lordo cresce fino a sfiorare i 123 euro lordi (96 netti) per l’assegno pari a quattro volte il minimo, poi si riduce perché la percentuale di adeguamento scende dal 100% all’85%.
E cresce ancora toccando i 130 euro lordi per una pensione di 2.839,70 mensili (cinque volte il minimo Inps, poco più di 2.100 netti).
Una volta applicata l’Irpef, però, il beneficio si assottiglia a 100 euro circa. Al crescere della somma mensile, il tasso di indicizzazione cala e l’intensità dell’aumento ne risente.
Dal mese di aprile, inoltre, scattano le nuove aliquote Irpef, per i dipendenti già applicate da gennaio 2024: la novità è che fino a 28mila euro di reddito si pagherà il 23% di tassa.
Rimarranno per ora fermi gli altri due scaglioni, quello del 35% e quello del 43%.
Il beneficio massimo di questa operazione sarà di 260 euro l’anno.
Da aprile i pensionati riceveranno il conguaglio dei mesi precedenti, quindi nel cedolino arriveranno i soldi di gennaio, febbraio e marzo.
Un “bonus” da oltre 60 euro. A dicembre 2024, poi, ci sarà il conguaglio pari allo 0,3% per ogni mese, ma parametrato alle soglie imposte dal governo per l’inflazione. Il conguaglio massimo sarà di una settantina di euro”.