Il 40% delle lavoratrici con due o tre figli non ha richiesto il bonus mamme, la decontribuzione introdotta dal governo Meloni: al massimo 3 mila euro lordi all’anno, 1.700 euro netti.
I dati diffusi dall’Inps, relativi ai primi cinque mesi del 2024, quantificano in 484.730 le beneficiarie a fine maggio.
La platea delle aventi diritto sarebbe però ben più ampia: 793 mila, tra dipendenti pubbliche e private e lavoratrici agricole a tempo indeterminato.
Il motivo di questo progetto “fallimentare” è legato ad un problema fiscale.
Il bonus infatti arreca delle penalizzazioni a chi ne usufruisce, in quanto la decontribuzione aumenta l’imponibile e dunque tocca pagare più tasse.
Come spiega nel dettaglio lastampa “sono state escluse le mamme lavoratrici più vulnerabili, perché con contratti a tempo determinato – o collaboratrici domestiche – e si è messo in piedi un meccanismo di calcolo che avvantaggia chi guadagna di più rispetto a chi guadagna di meno.
Non si è tenuto conto che l’innalzamento del reddito che deriva dalla de-contribuzione in cui consiste il bonus, può incidere negativamente sull’importo dell’assegno unico e alzare l’aliquota fiscale.
Calcoli a parte, anche chiedere il bonus si è rivelata una corsa a ostacoli dalle regole molto poco chiare”.
Per aderire al bonus le mamme lavoratrici devono soddisfare dei requisiti: nel triennio 2024 – 2026 devono avere almeno tre figli oppure due figli se il conteggio viene effettuato nell’anno di imposta 2023.
La donna lavoratrice che desidera ricevere il bonus non lo ottiene autonomamente ma deve fare esplicita richiesta al suo datore di lavoro oppure ricorrere al programma INPS “Utility Esonero Lavoratrici Madri”.