Il senso della storia in Francesco Saverio Nitti è sempre stato profondo e articolato.
Non potrebbe essere diversamente, visto che la sua famiglia ha partecipato ad avvenimenti cruciali del nostro Paese, scrivendo pagine decisive per le sorti dell’Italia e del Meridione.
Suo padre Vincenzo è stato volontario garibaldino, milite della Guardia Nazionale, membro della Giovine Italia e della Falange Sacra di Giuseppe Mazzini, il nonno paterno Francesco Saverio è caduto sotto i colpi del brigante Carmine Crocco durante l’assedio di Venosa il 10 Aprile 1861.
Un impegno civico e politico che ritroviamo anche in Nitti, nato a Melfi il 19 Luglio 1868.
Decisivo l’incontro a Napoli, durante il periodo universitario, con il rionerese Giustino Fortunato: decisivo per le idee che Nitti ha sviluppato e che porterà con sé nella successiva esperienza politica. Giornalista presso numerosi quotidiani, dopo la laurea in giurisprudenza ottiene la cattedra di scienza delle finanze e diritto finanziario presso l’Università di Napoli.
È questa l’occasione per maturare la cosiddetta “attività meridonalista“, cioè lo studio e l’impegno proficuo per il Mezzogiorno, dove non risparmia critiche nei confronti del Nord Italia, al quale sono state fatte tante concessioni in materia economica a discapito del Sud, una disparità che col tempo finirà per acuirsi e generare profonde incomprensioni anche sociali. Certo non sono mancate le critiche ai politici meridionali, considerati disonesti e mediocri.
L’esordio in politica avviene nel 1904 con l’elezione a deputato nel collegio di Muro Lucano. Nel 1911 il primo ministro Giolitti lo vuole Ministro dell’Agricoltura, Industria e Commercio, e durante il mandato promuove iniziative come la costituzione della futura INA Assitalia, lo sviluppo industriale di Bagnoli e della Basilicata, come la costruzione della diga e del Ponte del Pianello di Muro Lucano o dell’Istituto Zootecnico a Bella.
Sotto il governo Orlando diventa Ministro del Tesoro nel 1917, seguendo da vicino la situazione economica italiana durante e dopo la Prima Guerra Mondiale, situazione che diventerà scottante durante il mandato di Presidente del Consiglio nel 1919-1920 al quale si aggiungono quelle politiche internazionali, come la ridefinizione dei confini, la presa di Fiume da parte di Gabriele d’Annunzio (tra i due non scorreva buon sangue), le posizioni estremamente dure nei confronti della Germania sottoscritte nel Trattato di Versailles.
Nel 1922 Benito Mussolini gli offre un’alleanza al governo: Nitti in un primo momento è interessato ma presto si rende conto del pericolo fascista e in Parlamento non accorderà la fiducia al nuovo governo abbandonando l’aula per protesta.
Si ritira nella sua villa ad Acquafredda di Maratea, sviluppando nuove idee di stampo europeista.
Ma i fascisti non dimenticano il suo affronto e lo minacciano, lo intimidiscono, tanto da indurlo all’esilio a Parigi.
Nell’agosto 1943 viene arrestato dalla Gestapo a Tolosa e deportato in Austria. Torna libero nel Maggio 1945 grazie all’arrivo delle truppe francesi.
Dopo la fine della seconda guerra mondiale ritorna in Italia e si riaffaccia alla scena politica, nonostante i problemi di salute. È membro dell’Assemblea Costituente ed è sul punto di ottenere l’incarico di formare un nuovo governo ma le resistenze interne sono tali da indurlo a rinunciare.
Nitti muore a Roma il 20 Febbraio 1953 per una congestione polmonare, nella sua casa nel centro storico.
Lo statista ci ha lasciato un patrimonio letterario di immenso valore, in cui sono espresse le sue idee di politico ed economista: dall’emigrazione alla questione meridionale, dal sogno di un’Europa in pace agli ideali democratici, Nitti è stato dunque un attento osservatore della storia.