“Le recenti operazioni indicano che siamo sulla strada giusta per quanto riguarda il contrasto al caporalato, ma resta ancora molto da fare sul piano della prevenzione”.
A dirlo è il coordinatore provinciale della Fai Cisl Basilicata, Antonio Lapadula, che torna a sollecitare la costituzione della cabina di regia presso l’Inps per una più efficace azione di contrasto preventivo del fenomeno.
Secondo il sindacalista della Fai Cisl:
“L’inasprimento delle pene ottenuto con la legge 199 segna un salto di qualità significativo rispetto al passato nella repressione del caporalato, ma ora bisogna accelerare l’attuazione di quella parte della legge che prevede misure e incentivi in grado di premiare il lavoro agricolo di qualità e di isolare sul piano sociale e culturale gli sfruttatori che ancora si annidano nel settore primario.
La strada più volte indicata dal sindacato è quella di un maggiore protagonismo delle parti sociali agricole, con particolare attenzione al governo del mercato del lavoro agricolo, attraverso la contrattazione e la bilateralità, e alla messa in campo di una rete di servizi, dalla casa ai trasporti, e di progetti di integrazione in grado di sottrarre la forza lavoro impegnata in agricoltura, in particolar modo quella straniera, dalle maglie del lavoro irregolare.
Ora si tratta di creare le condizioni istituzionali per concretizzare questi obiettivi attraverso la rete di qualità e la cabina di regia che, sia a livello nazionale, sia a livello territoriale, devono mettere le parti sociali e le istituzioni nelle condizioni di dialogare e cooperare per una più efficace e duratura azione di contrasto al caporalato sul modello già sperimentato del cosiddetto protocollo del Viminale, la cui attuazione nella nostra regione ha già prodotto risultati apprezzabili come la individuazione di due centri di accoglienza a Palazzo San Gervasio e Scanzano”.
Conclude il coordinatore provinciale della Fai Cisl:
“La sfida è lanciare una controffensiva partecipata al caporalato per assicurare dignità e diritti a chi oggi vive e lavora in condizioni di subalternità e sfruttamento e premiare allo stesso tempo le buone pratiche agricole di quelle imprese che puntano sulla qualità e la sostenibilità sociale del settore primario lucano”.