Oggi 5 Febbraio cade l’anniversario della morte del Cardinale Giovanbattista De Luca, figura di spicco nella Venosa del ‘600.
Fu uomo di Chiesa, studioso e grande osservatore della società, qualità che lo rese abile nell’esercizio della professione legale presso i tribunali di Roma.
Della sua natura di uomo integerrimo e servitore della giustizia, offrono un quadro dettagliato studiosi come Mons. Gianfranco Todisco, Piero Fiorelli, Paola Vismara, Giulio Ferrario, Polo Maffei, Maria Varamini, Vito Piergiovanni.
Il Cardinale De Luca fu portavoce, in tutta la sua vita, di una morale senza compromessi e cercò, ostinatamente, di opporsi a corruzione e discriminazioni con inflessibilità, equità e giustizia.
Portò avanti i veri valori cristiani, senza rimanere sopraffatto dalla sua posizione di pregio all’interno della Chiesa.
Nacque a Venosa nel 1613 (l’anno della morte, l’8 settembre, del principe Carlo Gesualdo) e si avvicendò agli studi prima a Salerno e poi a Napoli, dove si laureò nell’università in utroque iure (diritto civile e canonico).
Iniziò l’avvocatura e fu un pubblico amministratore presso la Regia camera della sommaria.
Si occupò, in particolare, dei conti relativi alle imposizioni fiscali delle Universitas (comuni) e dell’Arcivescovado napoletano, il quale glieli affidò per la sua rettitudine.
Nel 1644, a Roma, il nuovo principe di Venosa Niccolò Ludovisi Boncompagni (sposato con Isabella Gesualdo, nipote ed unica erede del madrigalista nel 1622), nipote di papa Gregorio XV, volle affidargli incarichi importanti nelle questioni feudali e giurisdizionali.
Nella Città eterna, Giovanbattista De Luca fu associato allo studio legale del marchese Angelo Andosilla che lo creò Referendario, Reggente di cancelleria e Canonico di San Pietro.
Divenne amico del cardinale Benedetto Pamphili che rivestì un ruolo di primo piano nella vita culturale ed artistica romana (con lo pseudonimo di Fenico Larissed fece parte della prestigiosa accademia dell’Arcadia).
Grazie al cardinale Pamphili e al marchese Andosilla, Giovanbattista De Luca riuscì a dar vita ad uno studio legale di primissimo piano, specializzato nelle cause feudali sia civili che ecclesiastiche.
Ai suoi “servigi” fecero capo addirittura i re di Spagna Filippo IV e Carlo II.
De Luca fu autore dell’opera “Il Dottor Volgare” (1673); con essa si sarebbe cominciato ad abbandonare il latino quale lingua esclusiva della scienza giuridica.
Questo scritto ha anche un altro merito: quello di aver affrontato argomenti molto particolari come lo stupro che, in un passo dell’opera, definisce chiaramente, riprendendo una definizione comunemente accettata dalla dottrina giuridica di età moderna:
“Significa questo delitto quell’atto di carnalità, che si commetta con le donzelle vergini, o veramente con le vedove per la prima volta dopo morto il marito”.
La sua vocazione religiosa giunse molto tardi; dopo ben trent’anni di intensa attività forense, infatti, lasciò la professione di avvocato e nel 1676 (all’età di 63 anni) volle farsi sacerdote.
Fu Uditore, Segretario dei memoriali e collaboratore di Papa Innocenzo XI, il quale gli affidò l’incarico di riformare l’amministrazione della giustizia e il governo del Vaticano.
Il suo intervento provocò una vera e propria rivoluzione e, a causa della forte opposizione di influenti cardinali, non riuscì a “debellare” il diffusissimo nepotismo.
Negli ultimi anni di vita fu attivamente impegnato nell’ambito culturale come relatore in dibattiti pubblici e privati, a cominciare dall’Accademia Reale, fondata a Palazzo Farnese dalla regina Cristina di Svezia.
Fu elevato alla porpora cardinalizia nel 1681 e morì due anni dopo, il 5 febbraio del 1683, all’età di 70 anni.