“La cultura, l’arte, il sapere e la conoscenza in generale sono le fondamenta di una società civile.
E’ la principale ragione che ci ha spinto ad utilizzare la ricorrenza del millenario della fortificazione della città di Melfi per intraprendere un viaggio di studio sulla nostra storia, sui popoli che hanno lottato per la conquista del territorio del mezzogiorno d’Italia a partire dal momento in cui la nostra città è stata edificata (dopo il 1° ottobre 1018)”.
Con queste parole il sindaco di Melfi, Livio Valvano ha aperto i lavori del convegno internazionale di studio su “Melfi tra Longobardi e Bizantini”.
Da oggi fino a sabato (12 ottobre) ben 16 medievisti interverranno, nella Sala del Trono del Castello, per mettere insieme i pezzi di una storia importante, che ha visto Melfi come crocevia strategico per il controllo militare e politico del meridione.
Tra i relatori:
- il Prof. Jean-Marie Martin (CNRS – Paris)
- il Prof. Pietro Dalena (Università degli Studi della Calabria)
- il Prof. Alessandro Di Muro (Università degli Studi della Basilicata)
- il Prof. Vito Lorè (Università degli Studi Roma Tre)
- il Prof. Francesco Panarelli (Università degli Studi della Basilicata)
- il Prof. Donatella Gerardi (Università degli Studi della Basilicata)
- il Dott. Mauro Agosto (Pontificia Università Lateranense)
- il Prof. Manuela De Giorgi (Università degli Studi del Salento)
- la Prof. Francesca Sogliani (Università degli Studi della Basilicata)
- i proff. Nicola Masini – Fabrizio T. Gizzi (CNR-IBAM Potenza)
- il prof. Luigi Serra (Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”)
- la prof. Patrizia Del Puente (Università degli Studi della Basilicata)
- il prof. Giuseppe Colucci (Società di Storia Patria per la Puglia)
- Giancarlo Andenna, Accademico dei Lincei.
A portare il saluto delle Istituzioni anche la Direttrice del Polo Museale Regionale della Basilicata, dott.ssa Marta Ragozzino ed il Vescovo di Melfi, Mons. Ciro Fanelli.
Per il sindaco Valvano:
“non sempre riusciamo a cogliere il legame tra le nostre azioni, anche quelle che ci appaiono “meno rilevanti” rispetto ai successivi accadimenti.
Il noto effetto “farfalla” di Edward Lorenz tra i primi studiosi della teoria del caos, secondo cui il battito di una farfalla in Brasile potrebbe provocare un tornado in texas, è una prospettiva divenuta di comune accettazione, che descrive un mondo fortemente interconnesso nello spazio e nel tempo.
La città di Melfi del XXI secolo sarebbe la stessa se il 1° ottobre 1018 il catapano bizantino Basilio Boioannes non fosse riuscito a sconfiggere gli insorti guidati da Melo da Bari nella cruenta battaglia sul fiume ofanto, nei pressi di Canne (il luogo dove Annibale 8 secoli prima sconfisse l’esercito Romano), episodio da cui scaturì l’esigenza di erigere fortificazioni militari, tra cui Melfi, per controllare la linea di confine con i Longobardi?
Se Arduino, il cavaliere longobardo non avesse reagito alla umiliazione inflitta dal catapano bizantino Maniace i normanni sarebbero riusciti comunque a impossessarsi della città e si sarebbe formato lo stesso il primo stato normanno che ha avuto proprio a Melfi la Capitale, teatro di importanti avvenimenti nei secoli successivi, avvenimenti che hanno inciso sulla storia europea?
L’elencazione degli eventi concatenati potrebbe continuare all’infinito, fino a un pomeriggio dell’anno 2014, sempre a Melfi quando l’ultimo dei Sindaci della città si imbatte, per caso e per pura curiosità, in una lettura: un libro andato in stampa nel 1866, a Firenze, scritto da Gennaro Araneo, dal titolo “Notizie storiche Città di Melfi nell’antico reame di Napoli”.
All’incontro casuale con quel libro segue quello con Raffaele Nigro e così parte una ricerca mossa inizialmente da un obiettivo piuttosto circoscritto che, successivamente e senza alcuna predeterminazione, si trasforma in altro.
Con i mezzi del XXI secolo, senza andare fisicamente in biblioteca, con qualche click sull’immateriale book store, inizia un viaggio che di pagina in pagina sollecita curiosità, pensieri, immagini che senza controllo, per caso, si trasformano in progetti e in un nuovo percorso per il futuro.
Le notizie storiche di Araneo riportano la data del 1018 come data fondativa del nucleo urbano fortificato da Boioannes e quella data, alla prima lettura, fa scattare la riflessione “matematica” del millenario (1018-2018). Così arriviamo ad oggi, ai lavori di questo convegno internazionale di studio che rappresenta un momento importante per la comunità che lo ospita.
La comunità di MELFI, che ho l’onore di rappresentare, per il mio tramite esprime gratitudine a tutti coloro che hanno accettato di essere coinvolti in questo lavoro di rilevante livello scientifico.
L’idea del riconoscimento della ricorrenza del millenario di fondazione della città fortificata, la cui edificazione sarebbe iniziata dopo il 1° ottobre 1018, ha preso corpo con la costituzione del Comitato Nazionale avvenuta con Decreto del Ministero dei Beni, Attività Culturali e del Turismo, n.566 del 20/12/2017, comitato presieduto dal Prof.Mons. Cosimo Damiano FONSECA, cui rivolgo un particolare e mai bastevole ringraziamento, per la mirabile, infaticabile e insostituibile attività di guida scientifica oltre che organizzativa.
Insieme al Prof. Fonseca, devo far registrare agli atti la mirabile attività dei suoi membri, cioè del Prof.Francesco Panarelli, del Prof. Pietro Dalena e di quell’energia “ribelle” e meridionalista che opera sotto il nome di Raffaele Nigro, ambasciatore della cultura per la città di Melfi.
Grazie a loro, alla loro autorevolezza e alla loro opera, estremamente preziosa e non semplicemente perché gratuita, gli autorevoli relatori che si alterneranno qui, in questa tre giorni, al termine dei lavori ci consegneranno un grande regalo: un patrimonio di conoscenza in grado di fare luce su quanto accaduto in quella particolare fase storica durante la quale la città di Melfi è sorta.
Una fase che ha dato i natali alla Melfi che vediamo oggi. Un crocevia di eventi di particolare rilevanza per il successivo evolversi dell’organizzazione dei popoli sul territorio italiano ed europeo. La contesa tra longobardi e bizantini che hanno ceduto poi alla discesa in campo degli uomini del nord, i normanni e gli Svevi, hanno determinato cambiamenti di grande portata.
I cinque concili papali tenuti a Melfi e la promulgazione del Liber Augustalis voluta da Federico II di Svevia sono accadimenti che hanno visto la città di Melfi protagonista.
La ricerca che in questi tre giorni si pone l’obiettivo di mettere a fuoco la fase longobarda e bizantina rappresenta la prima tappa di un viaggio che vuole essere da stimolo per il presente e, soprattutto, per le future generazioni.
Solo attraverso la ricerca e più in generale l’elevazione della conoscenza è possibile accrescere consapevolezza dei fenomeni sociali e, conseguentemente, far maturare valori, identità e strategie, cioè la base fondamentale per elaborare ed esprimere visioni per la società del futuro.
Mi piace pensare ad un parallelismo tra le ragioni che condussero a Melfi i popoli in lotta nel meridione d’Italia mille anni fa e le scelte della più importante azienda industriale automobilistica italiana, la FIAT, di insediare a Melfi 25 anni fa quello che oggi è il principale motore industriale europeo di un gruppo divenuto in poco tempo una multinazionale operante sull’intero globo. Mille anni fa bizantini prima e normanni poi scelsero Melfi come crocevia strategico per il controllo militare del territorio meridionale della penisola.
Oggi per l’industria la posizione geografica della città, grazie alle scelte infrastrutturali fatte nel secolo scorso, come mille anni fa, è stata prescelta come luogo strategico per localizzare lo stabilimento produttivo più avanzato e più importante per vincere la iper-competitiva battaglia sul mercato mondiale.
Nulla accade per caso ma c’è sempre un legame, un nesso di causalità che collega gli accadimenti a fatti, decisioni, scelte.
L’importantissimo ruolo industriale e quindi le conseguenze sul piano dello sviluppo socio-economico di quest’area del meridione sono il frutto, oggi, di scelte visionarie e lungimiranti fatte 50 anni fa.
Sono il frutto di una elaborazione, non del caso, di una capacità di visione, della consapevolezza di poter attribuire un ruolo a questo territorio, insomma il risultato positivo di cui oggi beneficiamo, grazie alla attività di governo svolta in passato , frutto di un’azione politica ispirata da una solida cultura.
Viviamo un tempo eccessivamente condizionato da un “economicismo spinto”, una degenerazione del significato di efficienza che, se esasperata, da strumento finisce per diventare fonte di potere, capace, cioè, di ispirare le scelte, gli indirizzi e le decisioni.
La cultura, l’arte e gli investimenti immateriali in capitale umano in queste condizioni finiscono per essere trascurati. E’ una tendenza che va contrastata per quanto possibile, ogni giorno, in ogni circostanza, per evitare l’imbarbarimento di una società che, nella sbornia della enorme quantità di informazioni potenzialmente disponibili, corre il rischio concreto di regredire, di perdere i punti di riferimento e la bussola del progresso civile.
La crescita del benessere dell’umanità non può essere affidata solamente al progresso tecnologico.
Una società che al suo orizzonte vede aprirsi progressivamente le porte della conoscenza scientifica, con una accelerazione mai vista in passato, ha bisogno di una guida all’altezza del compito per interpretare e conciliare i cambiamenti sociali che si svolgono con altrettanta rapidità.
Nell’era dei “big data”, della robotica e dell’intelligenza artificiale, servono più filosofi che ingegneri.
Anche per questo l’iniziativa che stiamo interpretando oggi a Melfi rappresenta un investimento culturale di particolare significato, il tentativo di far luce su una fase storica spesso trascurata e sottovalutata, un progetto che meritoriamente il Ministero dei Beni, Attività Culturali e del Turismo ha voluto sostenere.
Una comunità che non si sforza di approfondire la sua storia, che non prova a indagare e rinsaldare i suoi caratteri identitari, che non prova a capitalizzare e mettere a reddito i suoi gioielli culturali avrà presto un futuro in disfacimento.
Al contrario una comunità che investe sulla cultura consapevole del legame tra qualità del capitale umano e conseguenze sullo sviluppo futuro, avrà qualche freccia in più da lanciare per contrastare il peggior nemico di ogni civiltà, cioè il naturale processo di consunzione entropica, civile, sociale da cui la vicenda umana fa fatica a tenersi alla larga”.