“A causa del cambiamento climatico, i cui effetti sono sempre più evidenti e difficilmente negabili, si stima che entro il 2050 nella parte meridionale del continente europeo si verificheranno cali produttivi generalizzati, che raggiungeranno picchi del 50% per le rese delle coltivazioni con semina in asciutta, come cereali e colture da rinnovo, oltre a un conseguente e diffuso calo del reddito dei produttori agricoli;
basti pensare a quanto accaduto nel recente passato nel Sud Italia, dove il forte abbassamento delle temperature, che ha fatto seguito a un inverno anomalo caratterizzato da condizioni primaverili e precipitazioni quasi assenti, ha messo a serio rischio tutte le principali coltivazione in campo, ovvero fragole, agrumi, pesche e albicocche”.
Lo sottolinea la Copagri sulla base di quanto emerso durante l’odierna riunione dei presidenti regionali.
Osserva la Confederazione:
“Nell’ultimo secolo le temperature medie sono cresciute sensibilmente, a fronte di una contestuale drastica riduzione delle piogge del 5% circa, e sono al contempo aumentati gli eventi climatici estremi, primi fra tutti le siccità e le gelate, legati a doppio filo alla tropicalizzazione del clima e a fenomeni di dissesto idrogeologico e di consumo dei suoli, che non hanno fatto altro che aggravare la situazione dell’agricoltura.
Proprio l’agricoltura, nel prossimo futuro, rischia secondo recenti dati di perdere tra il 20% e il 60% della produzione, con particolare riferimento a coltivazioni quali cavolfiori, broccoli, sedani e finocchi, tra le prime a pagare il conto del climate change.
Anche l’apicoltura è sempre più esposta alle bizze del clima e sconta una grande debolezza verso alcune delle peggiori calamità naturali provenienti dall’estero, la cui introduzione e diffusione è favorita proprio dai cambiamenti climatici”.
Suggerisce il presidente della Copagri Franco Verrascina:
“E’ sempre più urgente dotare il primario del nostro Paese di una vera e propria strategia per la mitigazione degli effetti del climate change; tale piano deve puntare con decisione sulla gestione sostenibile del suolo, al fine di contrastare i cambiamenti climatici e di favorire le diverse funzioni connesse alle attività economiche e ai servizi ecosistemici, quali ad esempio la regolazione del clima, la cattura e lo stoccaggio del carbonio, il controllo dell’erosione e dei nutrienti, la regolazione della qualità dell’acqua, la protezione e la mitigazione dei fenomeni idrologici estremi e la conservazione della biodiversità.
Contestualmente andranno introdotte colture migliorate e ‘adattate’ ai cambiamenti climatici, puntando con sempre maggiore decisione e convinzione sulla ricerca e sull’innovazione e favorendo lo sviluppo dell’agricoltura di precisione”.