A lasciare la professione di avvocato tra i più giovani sono soprattutto le donne: più di due su tre su 2.650 professionisti under 35 che hanno detto addio alla Cassa forense lo scorso anno erano donne.
Una emorragia in parte compensata dalla netta prevalenza femminile dei neoiscritti, sempre nelle classi under 35.
Spiega il sole24ore che “i numeri tengono ancora, soprattutto dopo il boom del 2014 causato dalla legge forense che ha imposto la doppia iscrizione Albo-Cassa, portando alla stratosferica cifra di 240mila gli avvocati iscritti alla Cassa (4,1 ogni mille abitanti).
Anzi i giovani iscritti sono persino aumentati.
Ma trovare un praticante è diventato impossibile: tanto che i grandi studi si stanno rivolgendo agli head hunter per le selezioni.
E in dieci anni Giurisprudenza ha perso il 32% degli iscritti.
A differenza dei commercialisti (oggetto della prima puntata di questa inchiesta sulla fuga dei giovani dalle libere professioni), i segnali del malessere giovanile non emergono in modo univoco dai numeri chiave.
Nel decennio, ad esempio, i giovani che esercitano la professione sono cresciuti del 30% (grazie anche qui al traino degli uomini mentre le donne sono diminuite in valori assoluti di oltre 4mila unità).
Il disagio però si tocca con mano all’Università.
In dieci anni gli iscritti a Giurisprudenza sono scesi da 154mila a 104mila, mentre i laureati in Giurisprudenza sono finiti sotto quota 10mila l’anno scorso (-4,5% in dieci anni, ora sono 9.740).
Alla laurea poi si arriva sempre più tardi: in media dopo sei anni e nove mesi nel 2022 (erano 6,3 dieci anni fa).
Ma una volta conquistato il titolo solo uno su tre considera anche il lavoro autonomo, con un calo di oltre 20 punti percentuali nel decennio.
Tanto che appare paradossale il limite di due praticanti al massimo per studio ancora previsto dalla legge forense.
Chi si iscrive oggi a giurisprudenza trova un corso quasi identico a 40 anni fa.
E un lungo percorso di accesso alla libera professione: oltre al tirocinio ora è necessario anche frequentare la scuola forense, con verifiche semestrali.
È cambiato solo l’esame di abilitazione: un’unica prova scritta per allinearsi, appunto, con i test già scattati nelle scuole forensi.
La novità vale solo per quest’anno.
Per questo il presidente dei giovani avvocati di Aiga, Paolo Perchinunno chiede che «in autunno si avvii la riforma di tutto il percorso di accesso, a partire, appunto, dal corso di laurea in giurisprudenza».
Ma che lavoro trovano i giovani laureati una volta abilitati?
Di fatto, gli incassi medi tra i giovani perdono terreno: 18.128 euro il reddito medio dichiarato per il 2021 contro i 19.861 del 2013 (che a valori attualizzati significano una perdita del 12% su un ammontare di per sé già basso).
Anche in questo caso sono le giovani donne le più penalizzate: guadagnano il 25% in meno dei colleghi. Rispetto alla media generale, poi, i giovani dichiarano 2,5 volte in meno.
Tra le cause di questo divario – come ha spiegato il rapporto Censis-Cassa forense sull’avvocatura – c’è il nodo della monocommittenza: il 36% dei giovani intervistati crede che «il ridotto compenso dei collaboratori in esclusiva» sia il problema più grave.
Tanto che uno su tre ha già pensato di lasciare la libera professione.
Per contrastare la tendenza Cassa forense ogni anno pubblica un bando per prestiti agli under 35: si possono richiedere da 5mila a 15mila euro per spese di avviamento, rimborsabili in cinque anni (scadenza domande al 31 ottobre). La Cassa si fa carico del 100% degli interessi passivi”.