BARILE: DONATO CEFOLA SCOMPARVE ESATTAMENTE 19 ANNI FA PER NON FARE PIÙ RITORNO A CASA…UNA TRAGEDIA CHE SCONVOLSE L’INTERO VULTURE-MELFESE

Certe ferite trovano fatica a chiudersi.

Lo sa bene il comune di Barile che in questa giornata ricorda con profonda commozione l’inaccettabile perdita di Donato Cefola, il ragazzo di 16 anni ucciso dai suoi rapitori l’11 Novembre del 1997.

Quel Martedì mattina Donato esce alle 7:30 con suo padre per raggiungere Venosa dove frequenta la Ragioneria.

A Venosa entra in scena “l’uomo del Fiorino”, Domenico D’Andrea, 30 anni, orafo in guai economici e vicino dei Cefola. L’amico, al bar Prago, gli parla forse di una donna, una donna che da 15 giorni “insegue” per telefono Donato (la cosiddetta “telefonista”). Lo studente accetta quindi la proposta di un appuntamento al buio. Sale sul Fiorino, sul tragitto spunta l’uomo con passamontagna e pistola, Angelo Volonnino, 26 anni. Donato viene legato e imbavagliato. Poi viene buttato nel vano di carico. Riconosce anche l’uomo col passamontagna, tenta di liberarsi, minaccia. Parte un colpo di pistola che colpisce la nuca del giovane Donato. Un colpo fatale. I due portano il cadavere in località Catavatta di Barile.

Senza però demordere tentano di ottenere un riscatto. D’Andrea nel primo pomeriggio mette un foglietto sotto il tergicristalli della Panda del padre Mauro Cefola: “Prepara quattrocento milioni o venderemo tuo figlio ai trafficanti di organi umani”. Tre stili di scrittura, tre penne di colore diverso, verde rosso e blu. Scatta l’allarme. D’Andrea viene bloccato. Stretto al muro delle contestazioni ammette.

Crolla anche il complice. I Carabinieri nella notte avevano arrestato anche il padre di D’Andrea, Donato, per incauta custodia di pistola e detenzione di proiettili di guerra. La pistola che avrebbe ucciso Donato è la sua. E sempre nella notte i Carabinieri avevano messo le manette al proprietario del Fiorino: nella storia non c’entra, il mezzo lo aveva prestato senza sapere niente, ma aveva in casa una pistola fuori legge.

I due sequestratori cambiano la versione dei fatti più volte, coinvolgendo anche la criminalità di Cerignola (poi esclusa). Su una cosa sembrano convergere: il colpo è partito accidentalmente, non c’era la volontà di uccidere.

Una vicenda ingarbugliata, un epilogo che la comunità non ha mai accettato.

A Donato è stato dedicato lo stadio comunale e un premio letterario.

Oggi Barile piange, ricorda e si stringe ancora una volta attorno alla famiglia Cefola: perché tragedie come questa non devono accadere mai più.

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