“E’ ora di dire basta alla campagna di odio e rancore nei confronti del presidente Marcello Pittella e di prendere atto che la Cassazione ha rivisto, in chiave decisamente garantista, la sua posizione rispetto invece alle tesi accusatorie dei magistrati di Matera e di Potenza”.
E’ quanto dichiara in una nota il segretario regionale Dc-Libertas Giuseppe Potenza che sottolinea:
“Purtroppo il garantismo è diventato merce rara al punto che nessuno ha il coraggio di esprimere in pubblico un pensiero che è lo stesso sostenuto nelle motivazioni del provvedimento della Cassazione. E nessuno ha il coraggio, senza forzature di interpretazione ma semplicemente leggendo le carte della Cassazione, di dire che saranno gli elettori lucani e non i magistrati a giudicare l’operato politico-amministrativo di Pittella.
Non c’è indipendenza senza responsabilità, ma non c’è democrazia senza una magistratura realmente indipendente, che sappia esserlo non nell’esercizio di un privilegio che abiliti all’arbitrio, bensì di una garanzia che liberi dalla preoccupazione e dal timore e si declini nelle regole stringenti dell’interpretazione delle fonti multilivello.
Lo statuto di indipendenza serve ad assicurare una giustizia professionale, imparziale e terza, non neutra, né burocratica o decontestualizzata, bensì consapevole della primazia della Costituzione, che mantiene a distanza di anni un’immutata forza generativa, in grado di dare risposte alle trasformazioni economiche e sociali, locali e globali, che stiamo vivendo.
Non a caso Aldo Moro il 13 marzo 1947, in sede di Assemblea Costituente, chiariva a proposito dell’attuale art. 1 – la sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione e delle leggi – come la sovranità dello Stato è la sovranità della Costituzione e delle leggi, attraverso le quali solo si può garantire la dignità e la libertà degli uomini.
L’indipendenza è un bene per tutti i cittadini.
E la Cassazione lo ha sancito anche in questo caso.
A fronte di aggregazioni di interessi, a volte prive di valori, a volte poco riconoscibili, con il venir meno dei corpi intermedi, l’indipendenza è un bene prezioso da custodire e promuovere, nel comportamento quotidiano e responsabile, da parte di tutti i magistrati.
L’idea di verità rende infatti possibile quella di libertà. La legge naturale esprime i fondamenti etici che consentono la civile convivenza e che fondano il sentimento di giustizia.
La necessità di parlare in termini di valori ha un significato sul piano sociale-culturale, ma deve avere seguito immediato su quello politico-giuridico. Cercare di armonizzare queste due pertinenze è essenziale, visto che l’ambito politico-giuridico è caratterizzato dalla peculiarità di poter vedere facilmente trasformate in forme giuridiche le proprie norme.
Quei valori che costituiscono la legge naturale devono esser cristallizzati nel diritto naturale, inteso quale insieme di norme giuridiche vincolanti la comunità e regolanti la vita sociale.
Anche sul piano politico-giuridico diventa quindi necessario, come è nel pensiero di Moro, parlare di valori; nelle scelte politiche così come nelle norme giuridiche si deve in ogni caso tener conto di una “scala di valori”, di un criterio valutativo. La dialettica tra valori (“legge naturale”) e norme di legge è per Moro la linfa della vita democratica.
E strumentale a tale dialettica è la laicità, intesa in sostanza come sforzo, tensione della ragione alla scoperta di valori che garantiscano uno sviluppo pieno – senza integralismi ma anche senza preclusioni – del fenomeno religioso; di quel sostrato che costituisce una parte importante del patrimonio culturale di una società (e di quei valori che fondano la convivenza sociale). Il primo tra loro è quello della dignità dell’uomo: e su di esso si fondano non solo gli altri valori, ma lo stesso dialogo.
E’ questa lezione di Moro fortemente attuale per chiedere alla politica come ai cittadini di abbassare i toni nel rispetto della dignità dell’uomo. Proprio questa tensione verso la ragione, questo equilibrio tra valori e norme giuridiche, tra diritto naturale e diritto positivo, che è l’essenza della laicità, si rispecchia nell’importanza suprema della Costituzione, la legge fondamentale. Del resto la Carta Costituzionale non sarebbe pensabile senza il riferimento alla cultura cattolica, semplicemente perchè la grande maggioranza dei credenti si riconosce nei valori cristiani.
E’ proprio la laicità dell’uomo moroteo, libero di scegliere tra bene e male, a rappresentare il collante della democrazia, della coscienza civile e del viver comune.
Un monito a politici e cittadini lucani a riflettere prima di giudicare Marcello Pittella”.