Per affrontare l’“emergenza cinghiali” in Basilicata si può seguire l’esempio della Regione Umbria che con proprio provvedimento autorizza l’agricoltore in possesso di licenza di caccia a tutelare la sua proprietà e i beni agrari.
La proposta è della Cia-Agricoltori Basilicata che nei giorni scorsi ha consegnato al Presidente del Consiglio Regionale Cicala e a tutti i capigruppo in Consiglio un documento che contiene una serie di indicazioni pratiche.
La Cia parla di autentica svolta attuata dalla Regione Umbria: in caso di presenza di cinghiali sul proprio terreno, l’agricoltore dovrà rivolgersi all’Atc (Ambito territoriale di caccia) competente, il quale avrà non più 48 ore, ma solo 4, per poter intervenire; trascorso questo tempo l’agricoltore è autorizzato ad agire direttamente, se munito di licenza di caccia, mantenendo ugualmente il diritto all’indennizzo dei danni causati.
La stessa ritiene tuttavia che il provvedimento della Regione Umbria sia solo un tassello nella grande proposta di modifica della Legge sulla Caccia 157/92 che chiede da anni.
Queste le dichiarazioni della Confederazione in merito:
“È stata dunque accolta una delle nostre proposte su un problema che da anni denunciamo con forza: la necessità di rivedere il piano faunistico venatorio.
Giudichiamo più che ragionevole la decisione di ridurre i tempi di attesa, dando la possibilità all’agricoltore di intervenire prontamente tutelando il suo lavoro e il suo reddito, salvaguardando al contempo la possibilità di richiedere l’indennizzo quando necessario.
In Italia, ad oggi, assistiamo al paradosso secondo cui per legittima difesa un cittadino che sorprende un malintenzionato nella proprietà privata, in caso di pericolo per la sua incolumità o quella dei familiari, può sparare (nuova norma legittima difesa), ma lo stesso diritto non sembra essere riconosciuto con la stessa facilità per l’agricoltore che subisce danno economico dall’animale che distrugge il raccolto.
Sono 7 i punti chiave per invertire la rotta sulla questione animali selvatici – sarebbero oltre 120 mila i cinghiali in Basilicata, almeno secondo le previsioni dell’Osservatorio regionale degli habitat naturali: sostituire il concetto di protezione con quello di gestione; ricostituire presso la Presidenza del Consiglio dei ministri il Comitato tecnico faunistico venatorio, a cui dare le competenze oggi divise in diversi ministeri; distinguere le attività di gestione della fauna selvatica da quelle dell’attività venatoria; prevedere la possibilità di istituire personale ausiliario, adeguatamente preparato e munito di licenza di caccia; rafforzare l’autotutela degli agricoltori sui propri terreni; prevedere un risarcimento totale del danno subito dagli agricoltori; rendere tracciabile la filiera venatoria per la sicurezza e la salute”.