“La prospettiva di un radicale rinnovamento in senso qualitativo e organizzativo della Scuola pubblica ha trovato conferma e motivazione anche nei dati risultanti delle ultime prove Invalsi 2023.
In dette prove è stata evidenziata una situazione del sistema scolastico italiano che è complessivamente preoccupante in termini di scarsa efficacia della preparazione educativa, formativa e culturale degli alunni formati nella scuola pubblica.
E’ stato notato un generale peggioramento della preparazione scolastica rispetto al 2019, l’anno precedente l’avvio della pandemia.
Si è giunti persino ad affermare che oltre il 45 per cento degli studenti non raggiunge il livello base e, in particolare, nella scuola primaria e secondaria di primo grado è stato evidenziato e confermato l’annoso problema della formazione delle classi”.
E’ quanto riferisce il Garante regionale dell’Infanzia e dell’Adolescenza, Vincenzo Giuliano che specifica:
“Tra le cause e concause dell’inadeguatezza dell’apprendimento sono state segnalate anche le cosiddette ‘classi pollaio’, le classi cioè costituite da un numero alto di allievi che incide sulla efficacia dell’attività didattica ed impedisce un insegnamento personalizzato.
Attualmente.
- nella nella scuola elementare, il numero minimo di 10 allievi e quello massimo di 25 allievi;
- per la scuola media numero minimo di 15 allievi e massimo di 25 allievi.
Il numero massimo degli alunni è ridotto in presenza di alunni portatori di disabilità o con difficoltà di apprendimento.
Il che significa che con questi numeri difficilmente la scuola potrà continuare ad esistere nei nostri piccoli paesi (mille alunni di meno rispetto allo scorso anno).
E poi l’efficacia dell’attività didattica in una classe di 10 o 15 alunni è la stessa che in una classe con 25-26 allievi?
Sulla compresenza di tutti questi risultati negativi del sistema scolastico italiano ha trovato fondamento e motivazione l’attesa di una ‘Nuova scuola’ che debba essere radicalmente rinnovata.
Una necessità, la ‘Scuola Nuova’, rappresentata dalla situazione demografica in cui si trova la Basilicata tra spopolamento demografico, denatalità ed emigrazione.
La lotta contro lo spopolamento demografico della regione è decisiva per l’esistenza stessa della Basilicata e si gioca principalmente nella scuola, negli anni dell’infanzia e dell’adolescenza.
Investire, quindi nella scuola puntando a raggiungere livelli di assoluta eccellenza qualitativa nella efficacia didattica come nella efficienza gestionale dei servizi, è per la Basilicata non solo una possibilità realistica, in rapporto alle sue grandi risorse materiali ed umane, e alle sue incalcolabili disponibilità economiche e finanziarie, ma è principalmente questione decisiva per il suo futuro e il futuro dei suoi cittadini.
Considerando, per altro verso, i fattori specularmente dirimenti e frenanti, va ricordato che negli ultimi tempi l’attenzione agli asili-nido da parte della politica nazionale e regionale è scemata davanti al prevalere di preoccupazioni ritenute più urgenti; e che anche gli investimenti per la costruzione di nuovi asili-nido, implicando tempi lunghi, non risolvono alcun problema nella gestione delle attività scolastiche.
Mentre siamo costretti a rilevare la gravissima carenza di servizi per la fascia 0-6 in regione con i bambini che da 0 a 2 anni, residenti in aree montane, non hanno nessuna disponibilità di essere accolti in una struttura a loro dedicata.
Addirittura, si paventa la chiusura delle scuole in tante piccole realtà per la carenza di alunni a costituire le classi, secondo gli attuali parametri.
E questi dati oltre ad essere di per sé negativi producono due conseguenze altrettanto negative: la prima è il benessere di chi ci vive che si riduce notevolmente ed il secondo è l’incentivo allo spopolamento delle suddette zone, città e comuni.
In alcuni territori di montagna, la presenza di servizi per i minori può quindi essere decisiva per venire incontro alle possibili difficoltà delle famiglie con figli già residenti.
La Basilicata è tra le cinque regioni italiane con la più alta percentuale di minori residenti in aree montane (40,4 per cento).
Per capirci, si consideri che in media, a livello nazionale, la quota di bambini che abitano in montagna si attesta attorno al 10 per cento.”
Chiede il Garante:
“Cosa fare allora?
La scuola ed in particolare la Scuola pubblica rappresenta un presidio essenziale nella lotta alle disuguaglianze.
Una scuola di qualità, deve offrire, quindi, spazi sicuri, infrastrutture e servizi adeguati, tanto da dare opportunità eguali di apprendimento a tutti gli studenti e le studentesse, anche, e soprattutto, a quelli che sono maggiormente svantaggiati.
Misure volte non soltanto a garantire la ripartenza della scuola, dopo due anni pandemici molto difficili ma, soprattutto, a trasformarla, per dotarla degli strumenti necessari a far fronte alle sfide educative future, e garantire a tutti gli studenti e le studentesse il diritto ad un’istruzione di qualità.
Per questo occorre potenziare i servizi per l’infanzia (fascia 0-6), finestra evolutiva importantissima: un intervento specializzato e mirato in questa fascia d’età favorirebbe uno sviluppo sano ed equilibrato, in grado di contrastare in futuro fenomeni come abbandono scolastico, criminalità, bullismo, disturbi psicologici.
C’è bisogno di una diversa riorganizzazione della rete scolastica a partire dalla formazione delle classi all’autonomia delle scuole.
Una pianificazione di interventi di comunità educante, per arricchire quanto più possibile il ventaglio di proposte e le risorse messe in campo da tutti, in un’ottica di educazione diffusa e responsabilità di comunità.
Sostenere, inoltre, gli insegnanti affiancandoli con figure professionali specialistiche, quali pedagogisti, psicologi, sociologi, assistenti sociali, figure mediche (pediatri, neuropsichiatri, ecc.) e sanitarie (logopedisti, psicomotricisti, ecc.), nonché con esperti in disturbi del comportamento, adhd e autismo.
Figure di sostegno e non di ingerenza nelle attività didattiche, competenza esclusiva degli insegnanti.
Una ‘Scuola nuova e dell’eccellenza’ che deve mettere a sistema i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, come dichiarati in sede ONU e come recepiti nei sistemi legislativi nazionale ed europeo.
Una ‘Scuola dell’eccellenza’ in cui si commisurano tra loro i diritti degli scolari con i doveri degli adulti e con le responsabilità delle Istituzioni pubbliche, dallo Stato alle Istituzioni regionali e locali”.