L’Associazione Comitato Lucano RMI, che raggruppa circa 450 beneficiari del Programma regionale “Reddito Minimo d’Inserimento” scrive:
“Vogliamo esternare un plauso alla vicinanza alle problematiche della categoria da parte del presidente della Giunta della Regione Basilicata gen. Vito Bardi, che, in un Incontro con alcuni percettori della misura regionale sopracitata, con alcuni Sindaci lucani e l’Unione Sindacale di Base, ha espresso la necessità di ‘rivedere ila questione del divieto di cumulo tra Reddito di Cittadinanza e il Reddito Minimo d’Inserimento’ (previsto dalla dgr 1011/2017, tra l’altro superata e annullata dalla Legge regionale N. 41/2020 all’art. 25).
In qualità di associazione avevamo, infatti, rilevato questo vulnus legislativo e poiché la questione giuridica era immediatamente sembrata fondata si era proceduto a inoltrare un’Istanza di Autotutela presentata:
- al Presidente,
- all’Assessore di riferimento,
- al Dirigente delle Politiche del Lavoro,
- al Dirigente dell’ARLAB,
- al Difensore Civico regionale,
ma non aveva ottenuto risposte ufficiali alle pec, se non attraverso post su facebook o comunicati stampa.
L’Associazione, quindi, nel ricordare l’importante ruolo svolto nei Comuni lucani negli ultimi cinque anni dai beneficiari del Reddito Minimo d’Inserimento vuol sottolineare, ancora una volta, l’antipatica condizione di occupati/inoccupati al servizio delle Amministrazioni Pubbliche senza coperture previdenziali, senza garanzie di ogni tipo (infatti, non si è potuto usufruire di giorni di malattia, né alcuna possibilità di crescita lavorativa).
Per dirla in parole povere ma fondanti la condizione sostenuta dai percettori del RMI: è stata una sorta di “lavoro nero legalizzato”.
Inoltre, poiché la categoria non raggruppa individui adusi a ricevere assistenzialismo senza assolvere ai propri doveri, ma anzi nel proprio pubblico servizio, si sono automuniti di Dispositivi di Protezione Individuale, ma anche di prodotti per l’igiene, lì dove i Comuni non avevano avuto la possibilità di fornirli e hanno travalicato le difficoltà oggettive, riscontrate nell’impossibilità di accesso al sostegno economico per la categoria, sempre e costantemente sfavorita nei sussidi concessi dallo Stato e molte volte non concessi dai Comuni lucani (in deroga al principio che un beneficiario RMI già otteneva un sostegno al reddito!), rivendica il lavoro di pubblica utilità offerto alla società civile, ma sottopagato e discriminato”.