CGIL, CISL e UIL esprimono:
“Un giudizio ed una valutazione di profonda insoddisfazione per il modello di riordino della sanità lucana presentato di recente con un disegno di legge della Giunta regionale.
Una manovra di riordino che si configura ed appare come un mero esercizio burocratico, un semplice ‘aggiustamento’ teso a rimettere mano agli assetti di potere delle Aziende Sanitarie e Ospedaliere.
Così non va! Dopo tanti mesi di immobilismo ed a ridosso di un’emergenza sanitaria senza precedenti, il governo regionale non può pensare a ‘rimpicciolire’ le questioni, cavandosela con un riordino avulso da quel modello di nuova e diversa sanità che l’emergenza pandemica richiede.
L’impianto del disegno di legge, infatti, è carente di visione politica strategica, della capacità di lettura dei nuovi processi socio-sanitari e non coglie l’aspettativa di larghi strati dell’opinione pubblica e dei cittadini, per avviare una svolta vera nello ‘stato attuale delle cose’ del Servizio sanitario regionale.
CGIL CISL e UIL sono convinte che occorra altro e chiedono con forza e convinzione al Presidente Bardi che si cambi l’impostazione e si ripristini il metodo ed il merito della buona programmazione sanitaria, di guida e di orientamento basilare dell’insieme del sistema,superando coraggiosamente ogni raffazzonato comportamento che genera ormai nellacomunità regionale incertezza e confusione.
Lo richiedono, esprimendo la convinzione che si possa ancora modificare l’impostazioneprospettata nel disegno di legge in questione.
Nel qual caso, responsabilmente, le Confederazioni avrebbero spazio e condizioni nuove per offrire un contributo costruttivo almiglioramento del sistema sanitario, secondo un modello di compartecipazione.
Occorre ripartire dalla programmazione, dalla lettura dei bisogni di salute e dei suoi determinanti per poi pensare alla conseguente architettura della governance che non può prescindere dalla tessitura di una stretta correlazione tra medicina primaria, territoriale e ospedaliera.
Scelte diverse rischiano di non essere rispondenti alla domanda di salute deicittadini lucani.
L’emergenza pandemica, con il suo portato di possibili recrudescenze, impone elementi e sfide nuove rispetto a qualunque altro impatto sulle strutture socio-sanitarie.
Occorre ripartire da un ‘punto zero’.
Il contesto è mutato.
Non serve il ripristino dello statusquo ante crisi.
È uno spreco di opportunità, rafforza sistemi di gestione rigidi, burocratizzatilegati a precedenti logiche di taglio finanziario e di parametri fissi (DM 70), dimostratisiconcausa di tante criticità e dell’abbassamento dei livelli di prestazione e di protezione delcittadino utente.
Bisogna reintegrare la centralità ed il benessere del paziente, in un nuovo rapporto con iservizi aziendali, valorizzando insieme il benessere professionale ed umano degli operatori sanitari.
Riprendendo il filo delle garanzie di universalità e gratuità del SSN/R e ritarando l’offertacomplessiva dei servizi, con la dovuta flessibilità e variabilità, incluso il valore riscoperto deipresidi più piccoli, sui quali decentrare più funzioni, insieme ad una riorganizzazione piùefficace dell’ambito territoriale.
Ora è evidente che la paventata distinzione, nel disegno di legge della Giunta Bardi, tra due uniche grandi aziende, una di tipo ospedaliero, l’altra territoriale, è di per se portatrice di separatezze, di logiche di iperspecializzazione e di eccessiva verticalizzazione delle decisioni.
Il progetto Bardi riprende ed accentua formule organizzative di netta divisione tracommittente e produttore, già introdotte negli anni precedenti con la Legge Regionale n.2 del 2017, specie su scala provinciale di Potenza; un modello peraltro dettato da motivazioni di contenimento delle risorse e dalla ricerca di un equilibrio meramente finanziario nel bilancio dei singoli presidi.
Questa impostazione (divisione tra committente-produttore) non può più reggere ora!
La distinzione è superata anche erché la prima questione evidenziata dal Covid-19 è che la risposta ospedaliera da qui in avanti deve guardare oltre la mera logica di contenimento e riduzione della spesa.
L’ospedale deve, invece, articolarsi ed ampliarsi inuna progressiva sinergia ed integrazione con le funzioni territoriali.
È stato dimostrato chel’efficacia delle misure di contenimento è strettamente legata alla capacità di risposta della sanità territoriale, specie per i percorsi di cura a bassa complessità.
Appare, inoltre, significativo e degno di considerazione che il modello ‘diviso in aziende committenti e di produzione’ è in superamento in Regioni come il Friuli e nella Provincia di Ferrara.
In Basilicata, invece, si adombra la costituzione di un’unica azienda di ‘produzione’ ospedaliera (1600 posti letto per acuti) che di fatto drenerà risorse a scapito del territorio, con un accentramento su base ospedaliera di risorse umane, tecnologiche ed economiche del sistema sanitario regionale ed una residualità di quelle da attestare alle attività territoriali sanitarie e socio-sanitarie.
Il semplice e meccanico riaffidamento ex lege all’azienda ospedaliera San Carlo di alcuni plessi ospedalieri ripropone, inoltre, tutti i suoi limiti: di fatto un depauperamento degli altri ospedali con un appiattimento verso il basso delle funzioni della stessa azienda ospedaliera, quando invece occorre sospingere e sviluppare la produzione delle alte specialità, affinando ed elevando la caratura delle prestazioni con strategie e proiezioni più incisive e sfidanti.
Il fulcro di un rinnovato sistema sanitario deve essere il distretto/ambito e quindi l’azienda territoriale, luogo di programmazione e produzione dei servizi sanitari, in grado di prendere in carico il cittadino utente attraverso il potenziamento dell’assistenza domiciliare e il rafforzamento delle USCA.
Una presa in carico multidisciplinare, con un reticolo assistenziale in grado di valorizzare e potenziare l’assistenza domiciliare in una logica diprossimità verso le persone, con modelli innovativi, in specie legati alla prevenzione, aglistili di vita, alla multicronicità.
Decisiva è la regia rafforzata dei servizi a bassa soglia di accesso (pediatri, medici di famiglia, medici di continuità assistenziale, consultori familiari, centri vaccinali, centri di diabetologia, servizi socio-sanitari per anziani, disabili, sofferenti psichici, tossicodipendenti, ecc.) che già rappresentano il punto avanzato del sistema sanitario lucano.
Occorre definire un assetto certo della continuità assistenziale, strutturato ‘a scorrimento’ ospedale-territorio, con le dimissioni protette, i percorsi diagnostico-terapeutici, la medicinad’iniziativa e rafforzando le strutture intermedie tra domicilio, servizi territoriali e ospedalieri.
Questi ultimi resi integrati per macro aree trasversali fino alla assistenza dei pazienti negli ambulatori specialistici distrettuali di base e con la ricentratura degli ospedali di base rafforzati, sia per le attività di PSA che per le attività ordinarie medico chirurgiche, ricalibrate, ove possibile, anche in funzione specialistica.
In definitiva bisogna accogliere e non rinunciare a sperimentare proprio in Basilicata unmodello eccellente di ‘sanità-sociale’, integrato e non scisso tra ospedale e territorio, come viene anche affermato e profilato nel recente Patto per la Salute e negli indirizzi del Ministero della Salute, che dispone finanziamenti consistenti verso l’assistenza domiciliaree territoriale, il reclutamento di medici, assistenti sociali ed infermieri di comunità.
Nel contempo CGIL, CISL e UIL rivendicano che la Regione acceleri la piena ripresa delle attività in sicurezza, pena una nuova emergenza più grave di quella da Covid, con danni per la salute di pazienti cronici, oncologici, polipatologici a rischio di danni irreversibili, senza cure e follow up.
La Regione deve formulare un vero Piano riorganizzativo degli ospedali, in relazionea ll’incremento significativo che lo Stato ha deciso per le terapie intensive e sub intensive, oltre che per i reparti di infettivologia e pneumologia.
Queste due manovre devono essere intrecciate allo schema di Piano regionale socio-sanitario che deve dettare la cornice di valori e di mission rivisitati del Sevizio Sanitario Regionale, con una corretta ed aggiornata lettura dei bisogni e dei determinanti di salute, oltre che di una avanzata indagine epidemiologica per ricavare gli scenari futuri di riconfigurazione dei servizi.
I motori sono l’integrazione socio-sanitaria, la realizzazione ‘vera’ del distretto della salute, la continuità ospedale-territorio, l’approccio territoriale alle cure con quelle dell’ospedale, ovvero di medicina generale e specialistica con un servizio di emergenza urgenza del 118 a fare da cerniera tra la medicina territoriale e il sistema delle acuzie.
Una comunità integrata che assicura e presidia i percorsi di cura dei cittadini”.