Grande partecipazione dalla Basilicata alla manifestazione nazionale “Ripartiamo dal Sud per riunire il Paese”, promossa da Cgil, Cisl e Uil ieri, 22 Giugno, a Reggio Calabria.
Circa dieci pullman sono partiti dal territorio regionale per la mobilitazione nazionale unitaria nel Sud.
Afferma il segretario generale Cgil Basilicata Angelo Summa:
“dal Mezzogiorno si deve ripartire per unire il Paese e rivendicare la centralità del lavoro come leva per contrastare le profonde diseguaglianze sociali, economiche e territoriali che attraversano l’Italia.
L’Italia non cresce se aumenta il divario tra Sud e il resto della penisola”.
Alcuni dati.
Nel Mezzogiorno il Pil pro-capite è inferiore del 45% rispetto al Centro-Nord.
La disoccupazione è tra i livelli più alti della Ue, e nel Sud è al 19,4% contro il 6,8% delle regioni settentrionali, l’inattività è al 45,5% rispetto ad una media nazionale del 34,3%. Al Sud coloro che abbandonano le scuole sono il 20%, il doppio del Nord, e solo il 5,4% dei bambini può usufruire dei servizi per l’infanzia contro il 17% dei loro coetanei che vive al Nord.
Inoltre, nelle regioni meridionali i posti letto per sanità e assistenza sono un terzo di quelli del Nord, crescono quindi le migrazioni sanitarie, e le famiglie in povertà assoluta sono il 10%, a fronte del 5,8% del Nord e del 5,3% del Centro.
Tornare a crescere significa affrontare l’enorme divario di sviluppo tra le diverse aree del Paese.
Continua Angelo Summa:
“Una condizione drammatica quella che da tempo vive il nostro sud, tra assenza di politiche di sviluppo e carenza di infrastrutture e servizi per la totale assenza, negli ultimi 20 anni, di investimenti e trasferimenti pubblici in termini di spesa in conto capitale.
Parte delle risorse dovute al Mezzogiorno sono state utilizzate per le infrastrutture e i servizi del nord del Paese: circa 60 miliardi di euro di investimenti sottratti allo sviluppo del Sud.
Questa è la vera ragione della crisi economica e sociale del Mezzogiorno.
La manifestazione di oggi a Reggio Calabria rappresenta un punto di svolta per dare voce a una parte importante del nostro Paese che da troppo tempo non ha rappresentanza politica.
Da anni assistiamo a un processo lento e lungo di deindustrializzazione del Mezzogiorno che ha visto la chiusura e la delocalizzazione di importati gruppi industriali. Un processo che non solo ha determinato la crisi occupazionale ma anche una mutazione del tessuto sociale, in cui si è passati dalla richiesta di risposte collettive, di lavoro, a istanze individuali, come il reddito di cittadinanza.
Il sud non ha bisogno di assistenza ma di una chiara politica di investimenti che parta dalle infrastrutture.
La grande domanda di cambiamento del Mezzogiorno necessita di una risposta che tenga insieme i bisogni delle persone con l’esigenza di uno sviluppo di lungo periodo. Questa risposta non può che essere la creazione di lavoro.
La strada da intraprendere è quella di un rilancio degli investimenti pubblici come leva per lo sviluppo dei territori, a partire dalla clausola del 34% dell’ordinario, l’uso efficace delle risorse addizionali come il Fondo Sviluppo e Coesione, fermo ad appena l’1% di spesa.
Scuola, sanità, servizi per l’infanzia, devono essere priorità per un sud dove ancora decine di migliaia di ragazzi si disperdono nel percorso scolastico o emigrano forzatamente per proseguirlo, dove le donne subiscono pesanti disincentivi indiretti al lavoro e dove, per la prima volta nella storia recente, lavorare non è sufficiente a garantirsi una condizione di vita dignitosa.
Il sud ha bisogno di una chiara politica economica che punti a superare il gap con il resto del Paese, non ad aumentarne il divario.
Pensare di attribuire maggiore autonomia e maggiori risorse ad alcuni territori, lasciandone indietro altri, significa scegliere di cristallizzare e consolidare le disuguaglianze già esistenti. Se affermiamo che scuola, sanità, servizi per l’infanzia sono servizi universali, allora devono essere diritti esigibili sull’intero territorio.
E in questo quadro una piccola regione come la Basilicata rischia di più.
Per fermare questa situazione bisogna allargare la partecipazione e offrire un’alternativa a questo scellerato disegno autonomistico che vuole rompere l’unità nazionale attraverso un nuovo patto di coesione tra nord e sud del Paese da rilanciare con coraggio.
Perché non è vero che la spesa pubblica al sud è maggiore che al nord, la spesa pubblica pro capite al sud per servizi, sanità, istruzione e trasporti è nettamente più bassa.
Continuare sul crinale dell’autonomia differenziata è sbagliato, non solo per il Mezzogiorno, ma nel lungo termine anche per il nord: se si svuota il Mezzogiorno, non solo il sud sarà più piccolo e più debole ma con lui anche il nord, dove l’80% della domanda viene dal sud.
Nell’azione di governo manca però una visione complessiva delle esigenze dei territori e le misure che propone, dall’autonomia differenziata alla flat tax, creano solo ulteriori diseguaglianze.
Così come proposto nella Piattaforma unitaria, a Reggio Calabria rivendichiamo più investimenti pubblici per infrastrutture materiali e sociali e per la creazione di buona occupazione.
Chiediamo inoltre vere politiche industriali, il rafforzamento delle amministrazioni pubbliche e la messa in sicurezza del territorio.
Per unire il Paese e dare futuro al lavoro dobbiamo ripartire dal Sud”.