Ancora perplessità sulle modalità di gestione e contenimento dei possibili contagiati.
Chiara la posizione di una giovane potentina, residente a Tito, la quale ha segnalato direttamente alla nostra Redazione:
“Buongiorno, mi chiamo Alessandra, ho 30 anni, sono di Potenza e vivo a Tito.
Ho una figlia di un anno e mezzo e un compagno nato a Prato che, nel periodo di emergenza covid durante la visita ai suoi genitori è rimasto bloccato in Toscana per via della chiusura delle regioni.
Il 4 maggio è rientrato in Basilicata a Tito (con la propria automobile) seguendo tutte le indicazioni ufficiali dateci dalla regione Basilicata, non senza avvertire una certa disorganizzazione e disinformazione da parte del medico di base.
Il mio compagno si è messo in autoisolamento lontano da me e la sua bambina che non vede da due mesi.
Ad oggi, 8 maggio, ancora rimbalziamo da una chiamata all’altra e da un numero all’altro per ricevere informazioni e per sollecitare un possibile tampone che dia la possibilità al mio compagno, in caso di esito negativo, di riabbracciare la propria famiglia e di condurre una vita normale nel rispetto delle indicazioni dateci per la fase 2.
Oggi, dopo un’ulteriore chiamata ad un medico comunicatoci dal numero verde riceviamo l’informazione che nessuno verrà a fare un tampone a Tito se non in presenza di più casi.
Sono lucana e quindi amareggiata già dagli accaduti precedenti legati alla scarsa organizzazione nella gestione dell’emergenza, ma oggi lo sono ancora di più visto che il massimo di cui si è parlato è delle poche persone che sembrerebbero essersi rifiutate di fare il tampone, ma non si parla di persone che invece vorrebbero fare tutto nella massima sicurezza e nel rispetto delle normative previste, ma con scarso ascolto.
Cosa si può fare?
Magari pubblicare questa nostra esperienza, affinché le persone vengano a conoscenza che il rientro dalle diverse regioni probabilmente non sta venendo gestito nel migliore dei modi, come speravamo.
Ancora una volta solo tante parole”.