Dalla Basilicata all’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo per riavere la vita!
La storia che vi stiamo per raccontare riguarda il calvario vissuto da una famiglia del materano dal Dicembre 2017 ad oggi.
13 mesi fa la vita di una felice famiglia animata dalla gioia di 5 figli è stata distrutta dalla tragica notizia relativa allo stato di salute del fratellino più piccolo.
Così come ha raccontato la madre del bimbo all’eco di Bergamo:
“Mio figlio alla nascita non mostrava alcuna anomalia, il suo cuore era apparentemente perfetto.
Cresceva bene, in due mesi il suo peso era aumentato di due chili, l’altezza di dieci centimetri e non mi aveva dato preoccupazioni.
Poi, da un giorno all’altro, all’improvviso, ha smesso di urinare.
Ho pensato a un’infezione, non riuscivo a capire che cosa gli fosse successo, perciò l’ho portato all’ospedale.
Lo allattavo e fino a quel momento non si era mai ammalato.
Al pronto soccorso i pediatri si sono accorti che il battito del cuore era troppo rapido, 240 battiti il minuto, e hanno deciso di fargli una radiografia al torace.
La dottoressa ha inserito nel computer il cd per analizzare l’esito e si è girata verso di me con aria stupita: mi ha detto che mio figlio aveva un cuore enorme.
Mi è crollato il mondo addosso, non riuscivo a capacitarmi di che cosa stesse accadendo.
Il cardiologo ci ha suggerito di trasferire d’urgenza il bambino all’ospedale di Bari, più attrezzato, perché il suo cuore funzionava al 20%.
È successo tutto così in fretta, non sapevamo cosa dire, come reagire.
Mio marito ha avuto un attacco di panico, non riusciva nemmeno a guidare.
Ci hanno caricato su un’ambulanza per portarci all’ospedale di Bari, nel reparto di cardiologia, e da allora non sono più tornata a casa.
Era il 15 dicembre del 2017.
A Bari hanno eseguito altri esami, poi ci hanno informato che nostro figlio aveva una cardiomiopatia dilatativa congenita, e che il trapianto era l’unica soluzione possibile.
Siamo rimasti senza parole, perché speravamo ancora che nostro figlio avesse solo un’infezione, che si potesse in qualche modo curare.
All’ospedale di Bergamo abbiamo ritrovato la speranza.
Nella vita mi sono dovuta adeguare a tante situazioni difficili; anche in questo caso ci siamo adattati e l’abbiamo fatto bene.
Mio marito ha avuto la parte più difficile, si è occupato degli altri figli e ha continuato comunque a lavorare: per un paio di mesi è rimasto con me per aiutarmi a gestire la nuova situazione, poi però è tornato indietro per continuare con la sua attività, altrimenti non saremmo riusciti a sostenere tutte le spese, il vitto e l’alloggio per me.
È stato davvero tremendo all’inizio, perché non avevamo nessuno che ci aiutasse.
Le mamme hanno risorse insospettabili, per i figli sono pronte a tutto. Gli altri figli vengono a trovarmi durante le vacanze e per questo mi considero molto fortunata, ci sono pazienti in questo reparto che arrivano anche dall’estero e sono completamente soli, lontani da tutto.
Abbiamo dovuto affittare un’altra casa, perché le associazioni che ospitano le famiglie dei degenti non possono accogliere tutti i miei figli, solo una o due persone al massimo.
Dobbiamo fare molti sacrifici ma cerchiamo di tenere duro”.
Il piccolino oggi ha 15 mesi ed è riuscito a sopravvivere solo grazie al trapianto di cuore.
Per mesi le sue giornate sono state scandite dal ritmo regolare del cuore artificiale che gli ha permesso di sopravvivere.
Facciamo i complimenti a questa madre coraggio che da oltre un anno ha lasciato il lavoro per accudire giorno e notte il suo figlioletto, un plauso anche al marito che dopo due mesi dall’inizio del calvario è dovuto rientrare in Basilicata per lavorare ed accudire gli altri 4 figli ed infine facciamo un grande in bocca al lupo al piccolino affinchè possa tornare presto a casa da fratelli e sorelle che lo aspettano con tanto amore.