“Riconoscere al personale l’infortunio professionale sul lavoro”.
È quanto chiedono i sindacati Fp Cgil e la Cisl Fp che hanno inviato alle aziende sanitarie pubbliche e private, agli ospedali, all’Irccs e alle strutture dei servizi socio sanitari e socio assistenziali, una comunicazione sulla gestione del contagio dei lavoratori dipendenti del servizio sanitario nazionale, che deve essere considerato infortunio sul lavoro, così come previsto dalla circolare Inail del 13 marzo scorso e dalle successive precisazioni del 3 aprile.
Come fanno sapere in una nota:
“L’infortunio professionale sul lavoro deve essere riconosciuto qualora il contagio da Covid 19, sintomatico o asintomatico, sia stato contratto in ambiente di lavoro o comunque per causa determinata dallo svolgimento dell’attività lavorativa, nonché in itinere, come nel tragitto casa – lavoro, includendo l’origine professionale dell’infortunio anche quando la stessa si può solo ipotizzare poiché la precisa indicazione delle cause è difficile da identificare.
A oggi non risulta che tutte le aziende abbiano attivato denunce di infortunio Covid19.
Pertanto Fp Cgil e Cisl Fp ricordano che, nonostante la situazione di emergenza, le responsabilità in materia di salute e sicurezza previste dalla normativa specifica non vengono meno a carico dei datori di lavoro per i quali resta l’obbligo di effettuare, come per gli altri casi di infortunio, la denuncia e comunicazione all’Inail.
I lavoratori risultano inoltre tutelati dalla copertura assicurativa Inail dell’istituto nazionale e quindi non sussiste alcuna necessità che si attivino ulteriori forme di assicurazione.
Tuttavia, è necessario vigilare affinché gli enti predispongano tutto quanto necessario al fine di attivare l’infortunio.
Fp Cgil e Cisl Fp si sono richiamate, tra l’altro, alle disposizioni contenute nel ‘Protocollo per la prevenzione e sicurezza dei lavoratori della Sanità, dei Servizi Socio Sanitari e Socio Assistenziali in ordine all’emergenza sanitaria da Covid-19’ sottoscritto il 24 marzo 2020.
Nell’attuale situazione emergenziale appare evidente che il personale operante nelle strutture sanitarie, ospedaliere e Irccs è esposto al rischio del contagio da Covid-19 in ragione dell’attività lavorativa espletata e della sua permanenza sul luogo di lavoro e come organizzazioni sindacali fin dall’inizio di questa emergenza si è invocata la necessità di rifornire gli operatori della sanità di dispositivi di protezione individuale congrui e in numero sufficiente;
ad oggi constatiamo ancora come gli stessi siano largamente insufficienti.
Si è chiesto di garantire l’utilizzo di appropriati dispositivi di protezione individuale, obbligatori e indispensabili per svolgere le proprie attività, essendovi la necessità di garantire in via prioritaria a tutto il personale che opera nei servizi sanitari gli standard di protezione in maniera rigorosa, secondo le evidenze scientifiche e secondo il più prudente principio di cautela.
Come previsto dal citato protocollo del 24 marzo 2020 sulla sicurezza e protezione dei lavoratori della sanità, si è anche chiesto di impegnarsi a fornire ai lavoratori DPI che offrono un livello di protezione superiore a quello ritenuto adeguato dagli organismi tecnicoscientifici, come la mascherina FFP2 per chi è in contatto con utenza esterna e la mascherina FFP3 per chi lavora a contatto con pazienti covid19, nonché tutti gli altri dispositivi previsti, quali occhiali, scudi facciali, tute idrorepellenti, guanti e calzari, affinché la tutela di chi lavora sia l’assoluta priorità del datore di lavoro.
Si è evidenziata, ancora, la necessità di effettuare tamponi costanti a tutte le lavoratrici e lavoratori, anche se asintomatici, con conseguente esenzione dallo svolgimento della prestazione lavorativa nell’attesa degli esiti, cosa che non sempre è avvenuta, mettendo a rischio la salute dei lavoratori e dei pazienti stessi, e attivando tutte le procedure di infortunio qualora risultassero casi di lavoratori Covid positivi.
Inoltre, alcune aziende non hanno predisposto per tempo percorsi separati e alternativi per garantire la sicurezza del personale rispetto ai rischi della circolazione interna dell’utenza, né adottato misure di sicurezza negli spazi aziendali a valenza igienico-assistenziale, quali sono, ad esempio, gli spogliatoi e pertanto si sono sollecitate azioni volte a mettere in assoluta sicurezza tutti gli operatori.
Infatti, non solo tutti gli operatori addetti ai reparti dedicati ai pazienti infetti corrono il rischio di contrarre la malattia, ma anche i colleghi che entrano in contatto con questi.
Per giunta, alcune aziende non hanno provveduto, o lo hanno fatto tardivamente, ad attivare alcuna formazione/informazione, anche in modalità FAD, per fornire i dovuti strumenti di ulteriore conoscenza agli operatori, al fine di approcciare al meglio e in sicurezza questa nuova gestione dell’emergenza.
In caso di mancato riconoscimento dell’infortunio da parte dell’Istituto assicuratore per inadempimenti posti in essere dalle aziende, ovvero in caso di riconoscimento per un periodo inferiore rispetto all’effettivo perdurare dello stato morboso, si riterranno le stesse direttamente responsabili per tutti i danni subiti dai lavoratori nonché dai familiari conviventi con gli stessi, e si porranno in essere tutte le azioni necessarie per tutelare le lavoratrici e i lavoratori.
A ciò si aggiunga che, nel caso in cui dovesse risultare che il contagio da Covid comporti in futuro l’insorgenza di patologie, si riterranno le aziende sanitarie egualmente responsabili per le stesse”.