Diventa realtà in Basilicata la ‘filiera del cinghiale’: “un problema è diventato un’opportunità di lavoro per 20 persone”. I dettagli

Diventa realtà in Basilicata la “filiera del cinghiale”.

Arriverà presto sui mercati e sulle tavole dei consumatori carne di cinghiale, biologica e di qualità, con il marchio “Io Compro Lucano”.

“Il tema dei cinghiali ha assunto le dimensioni di una vera e propria emergenza già da moltissimo tempo.

Oggi diamo l’avvio a un percorso virtuoso, vogliamo trasformare quello che è un problema in una opportunità per l’intero territorio”, ha spiegato l’assessore regionale alle Politiche Agricole, Carmine Cicala in una conferenza stampa.

Ha continuato Cicala:

“Ieri con un finanziamento importante, parliamo di circa tre Milioni di euro, abbiamo affidato a una società lucana, l’Eco Wild, l’incarico di gestire tutti i processi di filiera, dalla fornitura delle gabbie per la cattura fino all’inserimento di un prodotto di eccellenza nei circuiti turistici.

Così la sovrappopolazione dei cinghiali da criticità diventa una leva strategica per il territorio lucano costruendo un modello innovativo di gestione della fauna, di sviluppo e di promozione turistica.

La società appaltatrice garantirà l’attivazione dei sistemi di cattura, il ritiro dei cinghiali catturati e il trasporto ai centri di raccolta o ai centri di lavorazione della selvaggina.

Si dovrà occupare della raccolta delle carcasse derivanti dagli incidenti stradali avvenuti nel territorio del Po Val d’Agri e dello smaltimento di quelle non idonee al consumo.

Punto importante del progetto è il monitoraggio, che con l’adozione di sistemi di sistemi di localizzazione GIS e tecnologie avanzate per la raccolta dati ambientale consentirà il controllo sanitario, la stima numerica, la valutazione dei danni agricoli e degli incidenti stradali.

Questi dati, raccolti sistematicamente, permetteranno, a loro volta, di identificare le aree critiche, prevenire la diffusione di zoonosi, e implementare strategie di intervento mirate, come abbattimenti selettivi o misure di contenimento.

Il progetto mette in campo, dunque, un approccio innovativo che coniuga il controllo della fauna selvatica con la valorizzazione economica e culturale del territorio.

In Basilicata la presenza della specie cinghiale è stimata in circa 88.600 capi.

In tre anni contiamo di abbattere 45-50 mila esemplari.

I benefici sono evidenti e non solo per i cittadini che si sentono minacciati nella loro incolumità o per le aziende agricole che vedono compromesse se non distrutte le loro colture.

Aiutiamo anche l’ambiente, perché la specie sta prendendo il sopravvento sulle altre e qualcuna sta scomparendo.

Si aprono prospettive per l’occupazione.

Abbiamo stimato che almeno una ventina di persone lavoreranno a tempo indeterminato nella filiera.

Saranno gli stessi cacciatori, insieme ad altre figure ad essere attori del progetto che coinvolge anche i Comuni, gli ambiti territoriali di caccia e gli operatori economici.

Per i cacciatori è previsto un indennizzo, in base alla zona, anche di 20 euro a capo abbattuto e nello stesso tempo anche una premialità per i bioselettori che raggiungono un certo numero di capi abbattuti.

Molto importante è anche la formazione dei cacciatori, che avranno una sempre maggiore competenza, vere e proprie sentinelle dei nostri boschi e del nostro territorio.

Siamo a una svolta, lanciamo un progetto virtuoso che può diventare un modello per le altre regioni.

In alcune realtà, in Toscana e in Umbria, queste esperienze esistono ma sono circoscritte a piccoli ambiti.

Noi lo stiamo estendendo a tutto il territorio regionale, è una sfida che vedrà protagonisti tutti gli enti preposti, le organizzazioni di categoria, le associazioni venatorie e ambientaliste”.