“Diversi elementi stanno determinando un notevole aumento dei prezzi del gas, portandoli a livelli che non si vedevano da quasi due mesi.
Le negoziazioni sul mercato di Amsterdam, che è un indicatore importante per l’Europa, si stanno svolgendo a 52 euro per megawattora, registrando un aumento del 13% rispetto a due giorni fa.
Negli ultimi sette giorni, abbiamo assistito a un incremento di circa il 40%“.
Lo si apprende su quifinanza che aggiunge: “I principali fattori che stanno spingendo al rialzo i prezzi sono i timori riguardo alle possibili conseguenze degli scontri in Palestina, soprattutto nel caso in cui il conflitto si dovesse estendere ad altre aree del Medio Oriente.
Israele ha bloccato l’attività di un impianto gestito da Chevron nel Mediterraneo, citando ragioni di sicurezza come causa.
Inoltre, in Australia, sono stati annunciati nuovi scioperi che stanno mettendo ulteriormente pressione sui prezzi.
Allo stesso tempo, l’incidente che ha danneggiato il gasdotto Balitic Connector, il quale collega Finlandia ed Estonia, ha riacceso le preoccupazioni sulla sicurezza delle infrastrutture, proprio all’avvicinarsi della stagione invernale.
‘Le tensioni militari stanno suscitando preoccupazione nei mercati’, sottolinea un analista, rifacendo eco alle apprensioni riguardo a ‘possibili interruzioni nell’approvvigionamento in Medio Oriente, che potrebbero influenzare i flussi sia in termini di spedizioni che di volumi’.
Tuttavia, altri analisti osservano che il mercato si trova in una posizione migliore rispetto a quest’epoca dell’anno scorso: le scorte sono abbondanti, la domanda è in diminuzione, e molte nuove strutture di importazione sono state inaugurate.
Inoltre, le previsioni indicano un inverno relativamente mite, il che riduce la richiesta di gas.
Va notato che un anno fa il prezzo del gas si avvicinava ai 300 euro.
Le conseguenze sul mercato del petrolio sembrano, almeno finora, più contenute.
Il prezzo del Brent a Londra è salito dell’1,6%, superando gli 87 dollari al barile, ma appena due settimane fa si attestava a 90 dollari.
Secondo il professor Dario Guarascio, docente di Economia e politiche dell’innovazione all’università La Sapienza di Roma, intervistato da Fanpage, il conflitto tra Russia e Ucraina continua a creare instabilità, e quindi l’interesse dei fornitori a tenere alti i prezzi.
‘Sono pochi i Paesi dove si trovano i giacimenti e le infrastrutture, poche le imprese che gestiscono l’estrazione, il trasporto, lo stoccaggio e anche la vendita, e sono tutti collegati tra loro in modo molto stretto – afferma Guarascio – Il lato dell’offerta quindi ha una grossa concentrazione di potere, cosa che porta anche a problemi di carattere geopolitico.
Se ci sono dei problemi dal lato dell’offerta, un rincaro in un settore specifico, o l’instabilità politica che sembra potersi allargare e coinvolgere anche dei Paesi fornitori di gas, allora ci si aspetta che quei Paesi faranno di tutto per portare a un rialzo dei prezzi, in modo da garantirsi maggiori entrate’.
Il conflitto in Israele può portare a un aumento dei prezzi del gas per diverse ragioni, secondo Guarascio: ‘La prima è che i prezzi del gas vengono determinati in un mercato finanziario centralizzato.
Questo fa sì che quando c’è uno shock di qualche tipo, questo si trasmette sui prezzi in modo generalizzato.
La seconda è che attualmente i principali fornitori dell’Italia sono Algeria e Azerbaigian, oltre ad altri Paesi della zona mediorientale.
Tutti questi ora si trovano in situazioni di conflittualità sempre più intense.
E peraltro sono coinvolti, a vario titolo, proprio nel conflitto israelo-palestinese.
Quei partner che ci sembravano un porto così sicuro risultano molto più instabili e pericolosi di quanto pensassimo'”.