L’Ordine dei Geologi di Basilicata si è recato a Pomarico a seguito della frana che ha devastato parte del centro storico divorando case e negozi.
I geologi hanno portato la piena solidarietà e massima disponibilità alle attività di supporto tecnico in fase di emergenza, ribadendo l’importanza della conoscenza del sottosuolo e del monitoraggio degli interventi realizzati lungo il versante.
A parere dell’Ordine dei Geologi, la frana di Pomarico è in gran parte riconducibile alla riattivazione rapida di un preesistente corpo di frana; infatti, solo in parte sembra aver coinvolto porzioni di versante integro.
La sua attivazione è avvenuta mediante un movimento complesso in parte evolvente in colata.
Dal punto di vista dell’evoluzione spaziale e di attività, come evidenziato nei giorni successivi all’evento, tale frana ha mostrato una distribuzione di spostamenti di tipo regressivo e in allargamento.
In una nota l’Ordine dei Geologi di Basilicata viene sottolineato:
“La frana che ha interessato il centro storico di Pomarico in questi giorni rappresenta solo l’ultimo degli eventi disastrosi che ha colpito il nostro territorio e che ha messo, per l’ennesima volta in ginocchio una comunità intera, dissestando e danneggiando numerose abitazioni civili e infrastrutture; la principale strada di collegamento con i borghi vicini e la rete infrastrutturale; le reti idriche, fognanti ed elettriche ed alcune attività commerciali.
Gerardo Colangelo, Presidente dell’Ordine dei Geologi di Basilicata, afferma:
“Solo attraverso la definizione di un modello geologico di dettaglio del sottosuolo è possibile costruire in maniera sicura e in luoghi sicuri.
L’aumento del numero di frane verificatesi in Italia, dal dopoguerra ad oggi, va innanzitutto attribuito all’occupazione e allo sfruttamento sfrenato di aree naturali legate ad una pianificazione del territorio discutibile e solo parzialmente a variazioni di tipo meteo-climatico.
Riteniamo utile affiancare ai classici interventi di risanamento idrogeologico del territorio anche azioni ‘non strutturali’ quali i presidi idrogeologici, tanto più importanti quanto minori sono i fondi a disposizione per gli interventi di risanamento di aree in dissesto.
Attuare i Presidi Territoriali, significa avviare azioni di contrasto al dissesto idrogeologico, attraverso l’impiego di geologi e non solo, fondamentali per una efficace lotta preventiva al dissesto idrogeologico ed idraulico e come coadiuvante alle azioni di protezione civile sia in ‘tempi di pace’ che in seguito ad eventi calamitosi.
Il risultato del monitoraggio degli interventi finanziati dal Decreto Sarno, svolto dall’ISPRA negli ultimi 10 anni, ha evidenziato che molto spesso, in Basilicata, la progettazione non è derivata da un monitoraggio continuo delle criticità idrogeologiche del territorio ma da una programmazione a macchia di leopardo legata quasi esclusivamente alla fase emergenziale e non a quella della prevenzione.
Non possiamo permetterci più il lusso di rimandare e di aspettare, i geologi sono i tecnici del giorno prima e non del giorno dopo, l’accadimento di calamità naturali, queste ultime troppo spesso oggetto di stupore da parte dei cittadini e delle Pubbliche Amministrazioni”.
Raffaele Nardone, del Consiglio Nazionale dei Geologi, ha evidenziato:
“Occorre intervenire con azioni concrete e decise, bisogna pretendere sicurezza da chi ha il compito e la responsabilità della governance del territorio.
Non c’è più tempo solo per discuterne o per chiedere stati di calamità, le cui spese graveranno comunque sui cittadini lucani, abbiamo bisogno di una politica dei fatti che si concretizzi nel mettere in campo azioni atte a prevenire razionalmente le cause di questi danni una politica che sappia governare un territorio complesso come quello Lucano con la responsabilità di garantire, a chi vive il territorio, una migliore qualità della vita.
Da tempo proponiamo e invochiamo un nuovo modello di Governance del nostro territorio che si basa su:
- rafforzamento degli uffici regionali che devono fare programmazione e controllo;
- ottimizzazione delle risorse umane ed economiche;
- aumento dei controlli;
- impiego delle libere professioni che sono preposte all’attuazione della programmazione regionale tra cui ad esempio il Piano degli Interventi di Mitigazione del Rischio Idrogeologico in attesa da circa 4 anni”.
La banca dati AVI del Gruppo Nazionale Difesa Catastrofi Idrogeologiche (GNDCI) raccoglie oltre 18.000 schede di eventi franosi che, nell’ultimo secolo, hanno prodotto danni a persone o cose.
Il numero complessivo di frane quiescenti, ma potenzialmente riattivabili, sul territorio nazionale non è stato valutato con certezza ma è stimabile in alcune centinaia di migliaia.