Aumenta il numero degli occupati, ma peggiora la qualità del lavoro.
A confermarlo, uno studio della Cgil.
Cresce la quota di “lavoro povero”:
- meno ore;
- più part-time (+732mila a tempo indeterminato e +385mila a tempo determinato);
- più contratti a tempo determinato (+726mila in totale, di cui circa il 50% ricompresi nel part-time).
Nel secondo trimestre 2019, il numero di occupati è maggiore di 283mila unità rispetto all’Aprile-Giugno 2008, ma i dipendenti full-time a tempo indeterminato sono calati, nello stesso periodo, di -544mila unità, così come gli indipendenti (-581mila nel tempo pieno e -51mila nel part-time).
La percentuale del part-time in Italia è leggermente inferiore alla media dell’Eurozona; ad essere più alta è la percentuale di part-time involontario (64,2% contro 26,5% nel 2018), cresciuta di 24 punti dal 2008, arrivando, nel secondo trimestre del 2019, al 64,8%, pari a 2,9 milioni di occupati.
La media delle ore settimanali (simile a quella francese) è leggermente più alta rispetto all’Eurozona (22 ore contro 19), ma la retribuzione media oraria è fortemente pensalizzata (-33,6% in Italia contro -17,5% nell’Eurozona), quindi la retribuzione finale è inferiore.
Il numero di dipendenti a tempo determinato è cresciuto fino a oltrepassare, nel 2018 e nel 2019, i 3 milioni.
In Italia, inoltre, il lavoro a termine è per l’80% involontario, contro il 51% dell’Eurozona, ed ha durata molto breve.