Giovan Battista De Luca, nato a Venosa nel 1614 fu un giurista, cardinale italiano ed esponente della Controriforma napoletana e romana.
Discendente dalla nobile famiglia dei Conti di Chieti, studiò a Salerno all’università di Napoli dove prese la laurea in legge; a Napoli iniziò ad esercitare la professione di avvocato.
Nel 1645 si trasferì a Roma dove allacciò relazioni con le più importanti cariche politiche ed ecclesiastiche della città, tra cui anche il Papa.
Nel 1656 scrisse la sua prima opera di 15 libri intitolata “Theatrum Veritatis et Iustitiae” (Specchio di Verità e Giustizia), anno in cui la terribile peste che stava colpendo tutta l’Europa, lo costrinse a restare chiuso nel suo studio.
In quegli stessi anni entrò a far parte del cenacolo della regina Cristina di Svezia; nel 1675 a sessantuno anni fu ordinato sacerdote.
Nel 1661 era stato nominato erede del vescovo Giacinto Taurusio per il quale, nel 1674, fece porre un’epigrafe in suo ricordo nella Cattedrale:
“ex non contemnendo asse haeres cui tamen pii distributoris partes nihilo pro se retendo gerere plaucit gratitudines et amicitiae hoc posuit momentum” (cioè “non approfittò, ma beneficò; non speculò sulla sua ricchezza ma elargì i suoi averi ed i suoi beni per opere religiose e per i bisognosi”).
Nel 1681 fu nominato cardinale da Papa Innocenzo XI; nel 1683 esattamente il 5 Febbraio morì a Roma.
Il Cardinale voleva essere sepolto nella chiesa di S. Girolamo degli Schiavoni di cui era titolare.
Il suo amico ed ammiratore Cardinal Pamphili preferì invece la chiesa suddetta del Santo Spirito a Roma.
L’Italia oggi ha eternato la memoria del De Luca con un monumento al Palazzo di Giustizia in Roma (scultore Arturo Dazzi).
Giovan Battista visse negli anni difficili nei quali la chiesa venne colpita da “eresie” e coraggiosamente affrontò le opposizioni del Sant’Uffizio.
Per primo volle dare il buon esempio lasciando tutti i sui beni alla Chiesa di Venosa, salvo l’usufrutto per le sorelle e le suore; istituì sempre a Venosa un Monte di beneficenza per maritaggi per le ragazze povere e per aiuto agli studenti bisognosi e più meritevoli; infine istituì un Monte frumentario e restaurò l’acquedotto romano.
De Luca si formò sui libri del poeta più famoso di Venosa, Quinto Orazio Flacco dal quale apprese il messaggio del poeta di semplicità, di moderazione e di aequitas (equità).
Nelle sue opere invita ad osservare questi stessi valori;
Inoltre Giovan Battista De Luca volle diventare “dottore volgare” mettendo la sua saggezza a disposizione dei più semplici battendosi per la difesa dei loro diritti.
Questo gli permise di andare contro ciò che l’Accademia della Crusca imponeva e contro tutta la tradizione letteraria aulica di quel tempo: infatti propose il Dottor Volgare, ovvero un “italiano e non toscano”.
Non era altro che un nuovo gergo e una nuova modalità di scrittura “più pulita e non pregiudichi alla chiarezza ed alla semplicità”, dando così la possibilità anche a più poveri di potersi avvicinare agli scritti letterari.
Infatti il nuovo modo di scrivere testi letterari comprendeva anche termini stranieri e termini regionali.
Da lui le chiese venosine del Purgatorio in particolare, di Santa Maria della Scala entro le mura e la Cattedrale, furono restaurate ed abbellite di opere d’arte con i beni dipinti di Maratta.
La casa del De Luca era di fronte alla chiesa di San Benedetto, che ora ha ceduto al piccone demolitore, per far posto ad un nuovo e anonimo palazzo, al Corso Vittorio Emanuele II.
C’è lo stemma, con il leone rampante e sbarra trasversale.
Dalla famiglia De Luca trovò ai tempi del Cenna due medici: Camillo e Fabrizio.