L’anno nuovo è appena iniziato e mons. Ciro Fanelli, vescovo della Diocesi di Melfi-Rapolla-Venosa, ha inaugurato questo nuovo inizio con una lettera di auguri a tutta la comunità:
“Carissimi fratelli e sorelle,
1. Iniziare con Maria il nuovo anno per ravvivare la Speranza
Il nuovo anno, mentre ci fa ancora considerare con sofferenza e preoccupazione la lunga e dolorosa vicenda della pandemia, che ha segnato inaspettatamente tutto il 2020, ci spinge ad iniziare ora con rinnovata fiducia un nuovo corso sotto lo sguardo rassicurante di Maria, Madre di Dio e madre della tenerezza e della speranza.
Con Maria accanto, ci insegnano la Sacra Scrittura e la Tradizione viva della Chiesa, ogni cosa si protende con sicurezza verso le grandi novità di Dio: con Maria, infatti, Dio ha inaugurato il vero nuovo inizio per l’umanità redenta. Sotto lo sguardo di Maria, che accompagna con la sua materna intercessione tutti gli inizi, nasce sempre il nuovo di Dio;
sotto il suo sguardo materno, tenero e forte, dobbiamo imparare a credere che ogni cammino fatto con Dio è sempre orientato verso la nostra piena e sicura realizzazione. In questa luce vogliamo augurarci “buon anno”: augurarsi “buon anno” è sempre una cosa bella!
Ma lo è soprattutto in questo momento difficile che stiamo ancora vivendo a causa della pandemia. In questo giorno, che segna l’inizio di un tempo nuovo – ricco per tutti di auspici e desideri, ma ancora purtroppo bloccato da paure e preoccupazioni – penso a tutti, ma in modo particolare alle tante persone e alle tante famiglie che hanno sofferto e soffrono per i mali causati dal Covid-19: danni alla salute, problemi
economici e sociali;
lutti, disagi psicologici, perdita di lavoro, mancanza di piena socializzazione. Penso anche ai nostri anziani, ai nonni, che sono stati aggrediti dalla pandemia.
2. Risvegliare la responsabilità di ognuno per garantire una vita buona per tutti
Augurarsi “buon anno” in questo 1° gennaio 2021, oltre ad essere una cosa bella, è anche una cosa doverosa. Per un cristiano, quest’augurio non può ridursi ad un auspicio soltanto verbale, che si ferma ad attendere in modo passivo tempi migliori.
Per il cristiano augurarsi “buon anno” deve significare anche coinvolgimento della volontà e della responsabilità: il nuovo anno deve vederci – dopo che le ginocchia si sono piegate nella preghiera vera – pronti a coniugare il dono di Dio con il nostro impegno personale a vivere secondo il suo stile, che risplende nel mistero della natività di Gesù.
In questo dono di Dio è incluso sicuramente il tempo, ma ci sono anche lo spazio, che siamo chiamati ad abitare, e le molteplici relazioni, che intessiamo quotidianamente. Pertanto, nell’augurarci “buon anno” in questo 1° gennaio 2021 dobbiamo avere particolarmente davanti agli
occhi la famiglia di Nazareth: Maria, Giuseppe e il Bambino Gesù.
Questa meravigliosa icona, profondamente umana, ci esorterà a fare nostro l’atteggiamento dei suoi componenti: ci spronerà, infatti, a cercare e a riconoscere il dono di Dio sempre presente nella nostra vita, spesso velato nelle difficoltà, e ad impegnarci, per quanto è in nostro potere, a fare tutto affinché questo “dono” venga custodito e possa fruttificare.
L’anno buono ci sarà! E’ una certezza di fede, non un semplice auspicio; ma questa bontà del tempo che verrà sarà realtà concreta se tu e io avremo occhi buoni nel riconoscere il bene, per farlo crescere, e il male, per denunciarlo; l’anno buono ci sarà se tu ed io avremo parole buone che edificano la fraternità e promuovono rapporti veri, giusti, liberi; l’anno buono ci sarà se tu ed io impareremo a condividere ciò che abbiamo con chi non ha; l’anno buono ci sarà se tu ed io avvieremo percorsi di riconciliazione, di guarigione, di dialogo, di inclusione.
3. Testimoni e profeti della cultura della cura e della pace.
Il Signore, nella sua grande misericordia, in questo nuovo inizio del nostro cammino, non ci lascerà soli; anche se la nebbia della pandemia, purtroppo, ci sarà per un periodo ancora indefinibile, non mancheranno però i segnali luminosi con i quali Dio costella continuamente il percorso della vita umana; infatti, tutti i segnali di Dio – ci insegna la Sacra Scrittura – si riassumono in un’unica grande indicazione: “Ama!
Ama ogni uomo come tuo fratello; amalo, non con le parole soltanto, ma con i fatti e nella verità!”. La pandemia, e gli altri eventi che hanno segnato dolorosamente il cammino dell’umanità nel 2020, sottolinea Papa Francesco nel Messaggio per la 54a Giornata Mondiale della Pace di questo 1° gennaio 2021 “ci insegnano l’importanza di prenderci cura gli uni degli altri e del creato”; Papa Francesco insiste anche in questo Messaggio nel dirci che “per costruire una società giusta e pacificata dobbiamo fondare tutto su rapporti di fratellanza”.
Il tema è infatti chiaro ed incisivo: “La cultura della cura come percorso di pace”. Servono, in molte parti del mondo, ripete il Papa, “percorsi di pace”; oggi più che mai sono necessarie scelte che aiutino a rimarginare le tante ferite.
Il mondo, la Chiesa, la società, i nostri paesi, le varie realtà in cui viviamo hanno bisogno non di ‘dinamitardi’ della diffidenza e dell’indifferenza, della maldicenza e dell’apatia, ma di instancabili ‘artigiani’ di pace e di tenerezza, di compassione e di solidarietà, disposti ad avviare concreti processi di guarigione e di rinnovato incontro con ingegno e audacia.
Oggi, insiste Papa Francesco, dobbiamo sentirci tutti incoraggiati a diventare “profeti e testimoni della cultura della cura, per colmare le tante disuguaglianze sociali”. Il Papa, dunque, all’inizio di questo nuovo anno 2021, ci fa capire con grande chiarezza che, nella barca dell’umanità, “nessuno si salva da solo”.
Questa barca, però, può “navigare con una rotta sicura e comune” solo col “timone della dignità della persona” e la “bussola dei principi sociali fondamentali”. Solo così possiamo uscire sani e salvi dalle diverse tempeste esistenziali e sociali; solo così possiamo uscire fuori dal
buio labirinto del pessimismo e dell’egoismo, personale e comunitario.
La sfida è sicuramente impegnativa, l’impegno è indubbiamente grande, ma anche esaltante e necessario. La sfida che ci sta davanti è dunque anche bella; è la sfida ad umanizzare il mondo, in tutte le sue dimensioni, dalla famiglia ai rapporti tra gli Stati.
4. La famiglia di Nazareth: un modello per “ri-umanizzare” il mondo
Umanizzare il mondo significa rendere il mondo quello che deve essere: comunità di fratelli. Per noi credenti lo stile con il quale dobbiamo agire per realizzare questa umanizzazione è tutto racchiuso in quest’icona meravigliosa della famiglia di Nazareth. Credere, significa tante cose, ma soprattutto è la capacità di mettersi “insieme” come umana fraternità nelle mani di Dio, con i sentimenti di Maria e di Giuseppe di Nazareth, affinché il sogno di Dio si concretizzi sempre di più.
Imitare la famiglia di Nazareth è camminare nella luce. “Camminare nella luce”, come ci ricorda l’Apostolo San Giovanni, nelle sue lettere, è lo stile del vero discepolo di Gesù.
La “luce nella quale dobbiamo sempre camminare insieme per “vivere riconciliati” è quella dell’amore e della pace, del perdono e del servizio, della verità e della giustizia. Una certezza deve accompagnarci sempre: la luce nuova, che è Cristo stesso, non è stata vinta e non sarà mai vinta dalle tenebre; questa “luce” nuova fa crescere la fraternità e la cura per l’altro. Questa “luce” siamo anche noi in comunione con Lui e in comunione tra noi.
L’intensità di questa “luce” cresce nella misura in cui ci nutriamo di Vangelo e ascoltiamo con docilità la voce intima della coscienza che ci dice ama e fa il bene, fuggi il male.
Concludo con queste belle parole di San Paolo VI, che vi consegno come augurio e come indicazione operativa: “Oh, se rinascesse in noi la stima del silenzio, atmosfera ammirabile ed indispensabile dello spirito: mentre siamo storditi da tanti frastuoni, rumori e voci clamorose nella tumultuosa ed esagitata vita del nostro tempo. Oh, silenzio di Nazareth, insegnaci ad essere fermi nei buoni pensieri, intenti alla vita interiore, pronti per ben sentire le segrete ispirazioni di Dio.
Buon anno a tutti”.