LIEVI SCOSSE DI TERREMOTO IN BASILICATA: ECCO CHI DOBBIAMO RINGRAZIARE SE IL FENOMENO NON DEGENERA

Per la prima volta in Italia sono stati individuati i movimenti ‘silenziosi’ delle faglie, quelli che avvengono molto lentamente e senza provocare terremoti: sono stati registrati dai satelliti radar e Gps nella zona del Pollino e permettono di spiegare perché, rispetto al resto dell’Appennino, in quest’area i terremoti di magnitudo elevata sono meno frequenti.

Nella notizia riportata ieri dall’Ansa si legge anche che la ricerca (pubblicata sulla rivista Scientific Reports) è stata condotta da Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) e Istituto per il rilevamento elettromagnetico dell’ambiente del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Irea-Cnr) in collaborazione con il Dipartimento di Protezione Civile.

I dati sono stati raccolti grazie ai satelliti radar della costellazione Cosmo-SkyMed dell’Agenzia Spaziale Italiana (Asi) e dalle stazioni Gps della rete Ring dell’Ingv.

I dati hanno permesso di analizzare la lunga sequenza sismica avvenuta fra il 2010 e il 2014 nella zona del Pollino, compresa tra Calabria e Basilicata.

È emerso che sono avvenuti contemporaneamente due tipi diversi di movimenti delle faglie:

  • da un lato le fratture della crosta terrestre che accadono in pochi secondi e scatenano i terremoti;
  • dall’altro i movimenti lenti, che richiedono settimane o mesi e che non generano terremoti.

Come si evince da questa foto:

foto apertura

viene mostrata la mappa della velocità di deformazione del suolo nella zona del Pollino tra il 2012 e il 2014: i punti colorati rappresentano le misure radar effettuate dal satellite,

  • le zone in verde sono ferme;
  • quelle in rosso si allontanano dal satellite con una velocità media di circa 2.5 cm all’anno;
  • le zone in azzurro si avvicinano al satellite con velocità media di circa 1.5 cm all’anno.

Il coordinatore della ricerca, Nicola D’Agostino, dell’Ingv, ha spiegato che:

“Questo movimento lento delle faglie contribuisce al rilascio di una parte dell’energia che verrebbe altrimenti liberata dai terremoti.

Si spiegherebbe allora perché rispetto al resto dell’Appennino, i terremoti di magnitudo più elevata sono relativamente meno frequenti nell’area del Pollino”.