Ancora complicata la situazione per quanto riguarda Stellantis.
Di seguito la lettera di una lavoratrice inviata alla nostra Redazione:
“Scrivo questa lettera perché nessuno ha la faccia di denunciare davvero ciò che sta succedendo nelle aziende italiane come FCA, dove se produci troppo non vai più bene.
In un mondo alla rovescia dove se sei il top di gamma del Sud non vai più bene, Stellantis MELFI naviga a singhiozzo come una barca alla deriva.
Lo stabilimento di Melfi il più grande del Sud e tra i più importanti d’Europa, con migliaia di lavoratori tra fabbrica e indotto, nonostante ingenti investimenti, anche pubblici, sta attraversando preoccupanti segnali di arretramento della produzione.
La cassa integrazione prolungata fino a Maggio e la riduzione significativa di servizi esterni, come le pulizie e la mensa, destano preoccupazioni per il destino di un’azienda fondamentale per l’intera area.
Ma ad oggi, a parte chiacchiere, nessuno fa niente di concreto!
Anzi, ci viene detto che chi produce troppo costa troppo!
Bisogna ridurre sia la forza lavoro sia il risultato ottenuto.
Se ad oggi uno stabilimento come Melfi doveva produrre a pieno regime circa 200 mila auto all’anno, oggi la nuova politica aziendale ci riprogramma e blocca.
Dobbiamo produrre meno perché produciamo troppo e siamo una spesa!
Che come ragionamento reggerebbe se stessimo parlando con gli stessi requisiti economici riconosciuti in Francia e in altre aziende dove lavorano 4 giorni e se richiesto lo straordinario viene pagato profumatamente agli operai.
Invece, ciò in Italia non accade: anzi gli stipendi sono dimezzati dal lavorare meno per carenza semiconduttori, mancanza ordinativi (che poi puntualmente riappaiono dalla sera alla mattina, come niente fosse) dopo fermate alquanto ‘strategiche’.
Sintetizzando: FCA Melfi è un top di gamma da declassare ad uso e costume della politica aziendale attuale dove si deve lavorare meno come giorni d’impiego, con meno manodopera ma con risultato completo in termini di pezzi realizzati ma sempre restando con una nuova produzione massima al di sotto dei 200mila pezzi o, peggio, portandola persino al 50% della produzione attuale.
A noi viene detto che la nostra azienda costa, che noi costiamo: ma, il nostro lavoro per l’azienda e la nostra dedizione perché non viene mai esaltata a pieno?
Non si capisce ancora che tipo di nuovo contratto aziendale avremo; non si capisce la nuova politica aziendale che ci esalta senza mai concretamente farlo; abbiamo quotidianamente campagne comunicative che puntano a tranquillizzare l’aria fritta.
Ad oggi la verità è una: siamo fermi e gestiti a modo, uso e costume dell’azienda e dei sindacati che ogni tanto si svegliano dal torpore in cui si trovano minacciando propagande per i diritti degli operai o peggio per i diritti delle persone che hanno favorito nelle assunzioni.
Tutto per il bene degli operai!
Ad oggi non vedo alcun bene concreto se non la riduzione dello stipendio, turni massacranti per mancanza manodopera per la cosiddetta rotazione per contratto di solidarietà; fermate per mancanza ordinativi; fermate per mancanza microchip … e potrei continuare all’infinito.
Ma in tutto questo lo Stato, la Regione, la Stessa Azienda (con i vecchi principi) dove sono?
Come può un operaio garantire alla sua famiglia una dignità per vivere?
È pur vero che non dobbiamo lamentarci perché c’è chi sta peggio purtroppo, ma se non cominciamo a lamentarci arriveremo anche noi al peggio!”.
Cosa ne pensate?