Oggi, Domenica 31 Maggio, si festeggia la Pentecoste, una delle ricorrenze cristiane più importanti dell’anno liturgico.
Il termine Pentecoste deriva dal greco antico e significa “cinquantesimo (giorno)”, infatti cade esattamente cinquanta giorni dopo la Pasqua e celebra la discesa dello Spirito Santo su Maria e gli apostoli riuniti nel Cenacolo, luogo dell’ultima cena di Gesù.
Nella tradizione ebraica la Pentecoste si chiamava Shavuot ed era una festa agricola in cui si ringraziava Dio per i doni offerti dalla terra.
Si celebrava, anche in questo caso, 50 giorni dopo la Pasqua ebraica e coincideva con l’inizio della mietitura e la raccolta dei primi frutti.
Con il tempo la celebrazione si è arricchita di un ulteriore significato, ossia il ricordo del giorno in cui Dio consegnò a Mosè le Tavole della Legge sul Monte Sinai.
Perché si festeggia la Pentecoste?
Perché la discesa dello Spirito Santo, su Maria e gli apostoli, segna l’inizio della missione della Chiesa.
Gli Atti degli Apostoli recitano:
“Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano. Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi”.
La Pentecoste è una festa molto sentita nella Città di Melfi che, quest’anno, la celebra in modo alternativo, con un format che prevede una diretta streaming sulla pagina facebook del Comune.
La rievocazione, giunta alla sua 492° edizione, ricorda il tragico evento del 1528, passato alla storia come il “Sacco di Melfi”.
Tutto è iniziato con l’imbandieramento della Città.
Di seguito il resto del programma:
- alle ore 10:45 diretta facebook con il Sindaco, Livio Valvano, il Vescovo, Mons Ciro Fanelli, il Presidente della Pro Loco, Tommaso Bufano e lo storico Francesco Corona;
- alle ore 17:30 deposizione di fiori, da parte del Sindaco Valvano, nella Villa Vecchia, sul cippo dedicato ai morti della Pasqua di Sangue;
- alle ore 18:00, in diretta facebook, proiezione di un film sulle edizioni precedenti della Pentecoste;
- alle ore 19:00, celebrazione Eucaristica in Piazza Duomo, celebrata dal Vescovo Mons Ciro Fanelli;
- alle ore 20:45, sul Colle dei Cappuccini, rintocchi di campane e lancio di mongolfiere verso il cielo in onore dei defunti della Pasqua di Sangue del 1528.
Come precisa l’Amministrazione:
“Anche se in un format nuovo dovuto all’emergenza Covid-19, la Città rivivrà così quell’epica giornata di sangue nella quale riecheggia la figura di Giovan Battista Cerone.
È un evento che si ripropone ogni anno per rievocare, fin dal 1528, il conflitto tra i francesi di Francesco I e gli spagnoli di Carlo V, per il dominio del Regno di Napoli.
L’esercito francese era al comando di Odet de Foix, Visconte di Lautrec, già maresciallo di Francia dal 1511.
Egli si rese protagonista, infatti, del sanguinario assedio della Città, e responsabile del massacro di oltre 3mila persone, fatto passato alla storia come ‘La Pasqua di Sangue’.
I primi attacchi alla Città, il 22 di marzo 1528, ebbero esito negativo per le armi francesi che contarono più di un centinaio di morti.
Durante la notte arrivarono i rinforzi richiesti, tra cui le famigerate Bande Nere guidate da Orazio Baglioni, e diversi pezzi di artiglieria che risultano determinanti per la presa della Città.
Dopo l’infame eccidio di armati e di popolani, le truppe francesi costrinsero il principe di Melfi, Giovanni III Caracciolo, che si era asserragliato nel Castello con i suoi fedelissimi, ad arrendersi per aver salva la vita.
La Città, saccheggiata e bruciata, fu abbandonata dai circa 6mila superstiti che si rifugiarono nella selva dello Spirito Santo, sul Monte Vulture, e qui vi rimasero fino all’arrivo degli spagnoli liberatori.
Gli spagnoli, promulgarono due editti del Re Carlo V: il primo invitava le popolazioni delle Città limitrofe a trasferirsi a Melfi; il secondo, proclamando la Città fedelissima, esentava i suoi abitanti dal pagamento delle tasse per un periodo lungo di 12 anni”.
Ha detto il Sindaco di Melfi, Livio Valvano:
“È una giornata molto cara ai cittadini melfitani che dopo i fatti del 1528 la Città si ritrova e si riconosce come un momento di rinascita che chiude un periodo triste vissuto in quei tempi che oggi diventa una festa per tutta la comunità.
Quest’anno non possiamo viverla come abbiamo fatto sempre in tutti questi secoli a causa del Covid-19, ma non potevamo non trovare una forma immateriale per poter celebrare una giornata in cui i confronti e i dissidi si sospendono per ritrovare un momento di unità e di rinascita”.
Ha aggiunto il Presidente della Pro Loco, Tommaso Bufano:
“Oggi stiamo facendo una manifestazione del cuore e abbiamo il dovere di essere in piedi in un momento di emergenza sanitaria.
Siamo pronti a presentare il nostro progetto per ottenere il giusto riconoscimento dal punto di vista turistico e da questa manifestazione dobbiamo cogliere lo slancio turistico giusto.
E noi saremo sicuramente pronti l’anno prossimo”.
Per il Vescovo, Mons. Ciro Fanelli:
“Oggi tutti insieme dobbiamo pensare a costruire un piano per risorgere come persone e come famiglie, come comunità cittadina e del Vulture- Melfese.
È importante riconoscere le sfide per vincerle, si vincono quando vengono intese come opportunità.
In fondo la vicenda della Pasqua di sangue è stata anche un momento di rinascita.
Dalla prossima Pentecoste i fermenti di questa rinascita morale, civica e religiosa mi auguro siano evidenti e si possa trovare il terreno sul quale attecchire.
Nel 1528 in uno scontro tra potenze prevalse la solidarietà.
La Città è rinata in un momento di grande inclusione.
Le vicende storiche dicono tanto di situazioni attuali.
Una comunità è tale quando sa essere inclusiva.
Abbiamo ricordato il Millenario delle mura.
Questo ci ha insegnato che le mura devono essere braccia per accogliere nelle quali la diversità è armonia e ricchezza”.
Così lo storico Franco Corona:
“Il Sacco di Melfi è un evento importante, che si colloca nella storia del Meridione di Italia.
Dopo la scomparsa di Federico II, il Papato di allora per determinare la caduta di Manfredi e mettere in sella Carlo I d’Angiò si rifaceva ad una legittimità ad intervenire sulla base della donazione di Costantino. Con questo atto il Papa era legittimato ad investire il Re del potere.
Nel 1440 fu pubblicato un libretto in cui denunciò che questo atto fosse un falso.
I popoli del Nord erano diventati più autonomi, i Comuni dell’Italia del Nord anche mentre la zona più debole era il Meridione di Italia. In Sicilia si ribellarono. Alla fine si giunse ad un trattato e si ebbe il Regno delle due Sicilie.
Napoli così- con gli Aragonesi- divenne importantissima.
Melfi aveva 4mila abitanti in quel tempo. In Italia nel 1400 c’erano 8 milioni di abitanti per cui Melfi era molto popolosa e ben strutturata.
Con l’arrivo di Ferdinando il Cattolico si fece un patto con i francesi ed il Regno di Napoli fu diviso.
Ma non durò molto. Tutto il Regno dell’Italia Meridionale poi andò nelle mani degli Aragonesi.
Successe Carlo V che divenne il sovrano più potente al mondo e temuto dal Papa.
Nel 1527 incominciarono le guerre tra i francesi e Carlo V che prevenne il Papato, scatenò una congiura contro il Papa che si allineò sulle posizioni di Carlo V ma non mantenne la sua parola. Così venne fuori il Sacco di Roma”.
A Melfi l’evento si ripropone ogni anno per rievocare il conflitto tra i francesi di Francesco I e gli spagnoli di Carlo V, per il dominio del Regno di Napoli.
L’esercito francese era al comando di Odet de Foix, Visconte di Lautrec, già maresciallo di Francia dal 1511.
Le truppe francesi costrinsero il principe di Melfi, Giovanni III Caracciolo, che si era asserragliato nel Castello con i suoi fedelissimi, ad arrendersi per aver salva la vita.
La Città, saccheggiata e bruciata, fu abbandonata dai circa 6mila superstiti che si rifugiarono nella selva dello Spirito Santo, sul Monte Vulture, e qui vi rimasero fino all’arrivo degli spagnoli liberatori.
Gli spagnoli, promulgarono due editti del Re Carlo V: il primo invitava le popolazioni delle Città limitrofe a trasferirsi a Melfi; il secondo, proclamando la Città fedelissima, esentava i suoi abitanti dal pagamento delle tasse per un periodo lungo di 12 anni”.
Di seguito la locandina con i dettagli.