Con la risoluzione 60/7 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite del 1º Novembre 2005 viene istituito il “Giorno della Memoria“, una ricorrenza internazionale per commemorare tutte le vittime dell’Olocausto.
Si celebra il 27 Gennaio perché in quel giorno del 1945 le truppe russe liberarono il campo di concentramento di Auschwitz.
L’arrivo dei russi fece scoprire al mondo l’orrore dei campi di concentramento e di sterminio utilizzati dai nazisti allo scopo di eliminare soprattutto gli ebrei ma anche altre minoranze etniche, omosessuali, dissidenti e prigionieri di guerra, appartenenti ad alcune sette religiose (come i Testimoni di Geova), malati mentali e/o affetti da altri disturbi fisici.
Si calcola che 5-6 milioni di ebrei trovarono la morte durante la Shoah, termine ebraico che significa “distruzione”.
La cosiddetta “questione ebraica” non nasce con il Nazismo: sentimenti antisemiti serpeggiavano in Europa da diverso tempo. Ma con Hitler questi sentimenti trovarono nuova vita. Egli era convinto dell’esistenza di un complotto sionista contro la società occidentale e l’unico modo per garantire la sopravvivenza della cosiddetta razza ariana era di annientare la razza ebraica.
La “soluzione finale“, vale a dire la sistematica eliminazione del popolo giudeo, rappresentò il culmine di una serie di interventi perpetrati nel corso degli anni dai nazisti. Prima dei campi di concentramento e di sterminio ci furono le leggi di Norimberga, ossia l’esclusione degli ebrei da tutti gli aspetti della vita pubblica tedesca. Ci furono episodi di violenza di vario genere, emblematicamente rappresentati dalla “Notte dei cristalli“, quando tra il 9 e il 10 Novembre 1938 furono distrutti centinaia di attività commerciali e di sinagoghe e diversi ebrei trovarono la morte.
Con l’invasione della Polonia da parte dei nazisti nel 1939 l’accanimento contro gli ebrei subì una svolta. Sorsero diversi ghetti (era noto quello di Varsavia) dove gli ebrei venivano letteralmente stipati in condizioni igienico-sanitarie disumane. Si intensificarono le esecuzioni di massa mediante fucilazione che tuttavia causarono non pochi problemi psicologici ai soldati incaricati di svolgere il compito.
Nacque così l’idea dei campi di sterminio, organizzati secondo una precisione burocratica e gerarchica che limitava al massimo il coinvolgimento diretto nelle operazioni di morte.
Questi campi erano dotati di camere a gas spacciate per docce comuni dove gli internati venivano rinchiusi e lasciati morire per asfissia nel giro di 10-15 minuti. Quando si arrivava ai campi avveniva subito la selezione: chi era adatto al lavoro veniva trasferito nei lager, tutti gli altri invece trovavano subito la morte nelle camere a gas.
L’arrivo degli alleati pose fine, anche se troppo tardi, alla barbarie nazista. Molti storici si sono interrogati sul ruolo della popolazione tedesca, in gran parte tenuta all’oscuro di quanto avveniva a poca distanza da loro. I campi di sterminio erano generalmente presentati come campi di lavoro dove ebrei e altri prigionieri venivano impiegati come manodopera. Ma davvero la popolazione tedesca era ignara di quanto stava accadendo? Domande simili sono state poste anche ai Paesi nemici della Germania, o alle organizzazioni internazionali quali la Croce Rossa, o addirittura alla Chiesa stessa con la posizione ambigua di Papa Pio XII. È un settore questo che presenta poche luci e tante ombre e che necessita dovuti approfondimenti e assunzioni di responsabilità storiche.
L‘Italia ebbe una sua responsabilità in questo macabro disegno: nel 1938 il regime fascista guidato da Benito Mussolini emanò le le leggi razziali che colpirono prevalentemente, ma non solo, gli ebrei.
Oggi non resta che il ricordo, alimentato da quelle poche voci di sopravvissuti che stanno man mano scomparendo. A noi allora il difficile compito di preservare la memoria, di lottare contro i sentimenti di negazionismo e antisemitismo che vorrebbero spingere ancora una volta verso terribili scenari.
Non dimentichiamo, mai.