Durante il periodo natalizio, il rito romano celebra la memoria opzionale del Santissimo Nome di Gesù il 3 gennaio.
Nel Medioevo la devozione per il Nome di Gesù è ben presente in alcuni santi mistici, fra cui Bernardo di Chiaravalle e Francesco d’Assisi.
Fu poi praticata in tutto il Senese, pochi decenni prima della predicazione di Bernardino da Siena, dai Gesuati (una fraternità laica dedita all’assistenza degli infermi, fondata nel 1360 dal senese beato Giovanni Colombini), i quali erano così detti per il loro frequente ripetere il nome di Gesù.
L’elaborazione, però, di una liturgia associata al Nome di Gesù è conseguenza della predicazione di san Bernardino da Siena, il quale focalizzò sul Nome di Gesù il suo sforzo di rinnovare la Chiesa, sottolineando la centralità della persona di Gesù Cristo.
Diceva san Bernardino:
“Questa è mia intenzione, di rinnovare e chiarificare il nome di Gesù, come fu nella primitiva Chiesa”, spiegando che, mentre la croce evocava la Passione di Cristo, il suo Nome rammentava ogni aspetto della sua vita, la povertà del presepio, la modesta bottega di falegname, la penitenza nel deserto, i miracoli della carità divina, la sofferenza sul Calvario, il trionfo della Resurrezione e dell’Ascensione.
Nella sottomissione al Nome di Gesù Bernardino risolveva i problemi concreti e attuali della vita pratica e sociale: gli odi politici, l’etica familiare, i doveri dei mercanti, la maldicenza, ecc.
In antitesi alle insegne araldiche delle famiglie nobiliari, le cui contese insanguinavano le città italiane, Bernardino inventò uno stemma dai colori vivaci, con cui rappresentare il Nome di Gesù.
Esso era costituito dal trigramma IHS, inscritto in un sole dorato con dodici raggi serpeggianti sopra uno scudo azzurro. Riprodotto su una tavoletta di legno, lo stemma era posto sull’altare durante la messa e i fedeli erano invitati a baciarlo al termine.
Questo stratagemma dava concretezza e visibilità alle parole di Cristo:
“Se due o tre si riuniscono per invocare il mio nome, io sono presente in mezzo a loro” (Matteo 18,20).
Bernardino, quindi, è considerato a buon titolo il santo patrono dei pubblicitari. Le famiglie, poi, ponevano l’emblema del nome di Cristo sopra il portone della propria casa, per indicare che a Gesù si erano affidati; e così facevano corporazioni e comuni ponendolo sulle proprie sedi.
Il simbolismo solare associato a Cristo, utilizzato da Bernardino, suscitò qualche opposizione, ma fu approvato da papa Martino V nel 1450 a causa delle sue profonde radici nell’Antico Testamento e grazie all’appassionata difesa da parte di san Giovanni da Capestrano.
La liturgia del Nome di Gesù si diffuse alla fine del XV secolo. Nel 1530, papa Clemente VII autorizzò l’Ordine Francescano a recitare l’Ufficio del Santissimo Nome di Gesù; e la celebrazione ormai presente in varie località, fu estesa a tutta la Chiesa da papa Innocenzo XIII nel 1721.
Bernardino fu uno dei precursori della Riforma cattolica e la sua predicazione non venne dimenticata dopo la Riforma. La Compagnia di Gesù diventò sostenitrice del culto e della dottrina, prendendo il trigramma bernardiniano come suo emblema e dedicando al Santissimo Nome di Gesù le sue più belle e grandi chiese, edificate in tutto il mondo.
Fra tutte si ricorda, la Chiesa del Gesù a Roma, la maggiore e più insigne chiesa dei Gesuiti; vi è nella volta il Trionfo del Nome di Gesù, affresco del 1679, opera del genovese Giovanni Battista Gaulli detto ‘il Baciccia’; dove centinaia di figure si muovono in uno spazio chiaro con veloce impeto, attratte dal centrale Nome di Gesù.
Nel Martirologio Romano, questa memoria in data 3 gennaio è così definita:
«Santissimo Nome di Gesù, il solo in cui, nei cieli, sulla terra e sotto terra, si pieghi ogni ginocchio a gloria della maestà divina». Queste parole sono tratte dalla Lettera ai Filippesi (2,9-11).
Papa Innocenzo XIII inserì nel Calendario romano generale la celebrazione liturgica del Santissimo Nome di Gesù nel 1721, assegnandole come data la seconda domenica dopo l’Epifania. Papa Pio X la trasferì alla domenica tra il 2 e il 5 gennaio o, negli anni in cui non esiste una domenica tra queste date, al 2 gennaio, questa è la data osservata nella celebrazione della Messa tridentina.
Con la revisione del calendario del 1969, promulgata con il motu proprio Mysterii paschalis, la festa fu rimossa dal calendario generale, lasciandola ai calendari particolari che volessero includerla, e osservando che la messa del Santissimo Nome di Gesù si conserva fra le votive e che il Vangelo del 1º gennaio, che racconta l’imposizione del nome al bambino, come pure la prima lettura, parlano del nome di Gesù.
Nella terza edizione del Messale Romano dopo il Concilio Vaticano II è riapparsa fra le celebrazioni del calendario romano generale quella del Santissimo Nome di Gesù come memoria facoltativa, con data 3 gennaio.
Nel rito ambrosiano la memoria dell’imposizione del nome a Gesù è stata assommata alla solennità dell’Ottava di Natale nella Circoncisione del Signore (1º gennaio), in cui si legge come Vangelo il brano di Lc 2,18-21 che menziona entrambi i segni rituali.
Si conserva nel messale ambrosiano il formulario per la messa votiva del Santissimo Nome di Gesù.