Nel corso dell’incontro tenutosi nella sede del movimento “Melfi Popolare”, alla quale hanno partecipato anche i cittadini di Rapolla, il consigliere regionale Aurelio Pace ha voluto ribadire la necessità di fare chiarezza sulla situazione che sta interessando l’ospedale di Melfi.
Come ha dichiarato Pace:
“Questo perché sono state dette tante cose sull’ospedale: chiude, non chiude, verrà ridimensionato, verrà potenziato. Ma dove sta la verità? Ce lo dice la normativa inserita nel piano sanitario regionale, e da questa normativa non si scappa”.
Il consigliere ha quindi illustrato i documenti relativi al piano di riordino della sanità lucana.
L’ospedale di Melfi, così come quelli di Lagonegro e Villa d’Agri, sono di competenza dell’Azienda Ospedaliera Regionale (AOR) “San Carlo”, con un trasferimento delle titolarità dall’Azienda Sanitaria Locale di Potenza (ASP).
Si tratta pertanto di un’unica struttura ospedaliera articolata in più plessi, che consente di potenziare l’offerta sanitaria regionale in determinati settori.
Per fare un esempio:
“Possiamo immaginarci che i reparti esistenti, e che non verranno chiusi, possano diventare delle eccellenze regionali e non solo. Questa è la direzione da prendere: migliorare i servizi attraverso una specializzazione di determinati settori”.
Per il nosocomio di Melfi sono stati stanziati, a partire dal 2010 e sino ad oggi, 12.859.514,77 € per una serie di interventi, alcuni già conclusi come i lavori nei reparti di pediatria, neonatologia e ostetricia.
Altri sono in esecuzione come il nuovo padiglione UTIC o la ristrutturazione del reparto di chirurgia.
Altri ancora risultano in progettazione, tra questi figurano: l’adeguamento strutturale e impiantistico, l’acquisto di una nuova risonanza magnetica, il nuovo eliporto.
L’Azienda ospedaliera ha ribadito, ancora una volta, che:
“Non sono in corso né sono previste azioni di riorganizzazione che prevedono chiusure, declassamento o riduzione di reparti e servizi, né tanto meno azioni di riorganizzazione delle attività chirurgiche con chiusura notturna delle attività chirurgiche d’urgenza”.
Semmai il problema è un altro. Ha aggiunto Pace:
“I numeri sono il nostro più grande nemico. Se i medici non vogliono lavorare qui o comunque non si trovano, questo potrebbe essere un problema perché c’è bisogno di quantificare un certo numero di azioni all’interno dell’ospedale, è il Ministero della Salute che ce lo impone.
Un’altra questione è più legata ai cittadini, perché molti preferiscono curarsi altrove, anche per piccole cose. Se non vogliamo bene al nostro ospedale allora siamo primi a fargli del male”.