Un focus a Melfi (PZ) sui servizi sanitari ospedalieri lucani.
E’ questo l’invito rivolto dal sindaco di Melfi, Livio Valvano, al Presidente della Regione Basilicata, Vito Bardi ed all’Assessore regionale, Rocco Leone, insieme ai rappresentanti delle altre Comunità locali per una riorganizzazione della rete dei servizi ospedalieri dall’elevato impatto sul livello di sviluppo socio-economico della Basilicata.
Ha detto il sindaco Valvano:
“Un territorio privo di adeguati servizi di cura per tutelare il bene salute è destinato rapidamente a impoverirsi.
Nel 2016 il Consiglio Regionale approvò una legge con cui venne ridefinita la rete ospedaliera attraverso l’accorpamento delle strutture periferiche in un’unica entità aziendale per Provincia.
Così oggi abbiamo l’Azienda Ospedaliera regionale di 2° livello di Potenza e l’Azienda Ospedaliera di 1° livello di Matera, fermo restando il mantenimento dei presidi ospedalieri di base (Lagonegro, Melfi, Villa D’Agri, Pescopagano e Policoro) che da quel momento sono passati sotto la direzione delle due aziende.
Quella impostazione fu data per evitare la soppressione di reparti e presidi che non avrebbero passato i rigidi limiti imposti dal DM 70/2015 e dalla legge 208/2015 (comma 524), che costringe ad adottare provvedimenti di riduzione dei costi e dei servizi per i singoli presidi ospedalieri che si trovano in condizioni di deficit.
Sono note alle cronache le conseguenze derivanti dalla approvazione di quella legge, consistenti nella chiusura di numerosissimi presidi ospedalieri “di periferia” in tutte le Regioni Italiane.
La Basilicata evitò la chiusura dei presidi proprio grazie al trasferimento degli ospedali periferici alle due aziende ospedaliere. Si aprì una pubblica disputa politica su quella scelta, non ancora risolta; all’epoca gli esponenti del centro-destra che oggi la sostengono al Governo della Regione assunsero posizioni contrarie su quel provvedimento.
A distanza di 4 anni, possiamo dirlo, il risultato finale non ci soddisfa.
È vero che tutte le strutture ospedaliere sono state mantenute, a differenza di quanto accaduto nelle altre Regioni, ma è altrettanto vero che l’organizzazione dei servizi, gli investimenti, le dotazioni organiche e le dotazioni tecnologiche sono del tutto insufficienti.
All’interno dei presidi di Melfi, Pescopagano, Lagonegro, Villa d’Agri e Policoro, è una battaglia continua, quotidiana tra il centro e le periferie, tra chi decide su quali e quante attrezzature, materiali di consumo, sul personale e le periferie (tutte non solo Melfi ma anche tutti gli altri presidi) sono sacrificate.
Il personale dei presidi periferici affronta continui ostacoli burocratici e procedurali che finiscono per “limitare i servizi” e questo non è giusto per la popolazione servita e per lo stesso personale delle strutture sanitarie che è lunica vera grande risorsa cui si aggrappa un intero sistema, che non riesce ad evolvere ma che grazie al personale resiste.
Appare evidente che quella impostazione data dal Consiglio Regionale nel 2016 non ha raggiunto gli obiettivi desiderati.
L’idea dell’organizzazione “Hub & Spoke” funziona se poi viene effettivamente calata nella realtà amministrata; il fulcro di quella impostazione, come è noto, si basa su una organizzazione gerarchica “per intensità di cura”, dove la struttura HUB dovrebbe concentrarsi sugli interventi di alta complessità, grazie alla sinergica integrazione con i presidi SPOKE che dovrebbero concentrarsi sulle prestazioni sanitarie “routinarie”, di minore complessità.
Investire sulla dotazione organiche e sulle attrezzature dei presidi SPOKE (tutti i presidi di base periferici) significa anche decongestionare la struttura di 2° livello dalla mole di lavoro delle prestazioni di bassa complessità.
In sintesi: in astratto l’idea era buona ma è mancata la necessaria attuazione.
Nella realtà le strutture periferiche non sono messe nelle condizioni di svolgere il proprio ruolo.
A Melfi, per esempio, continuano ad esserci criticità segnalate da anni.
Manca la risonanza magnetica, per cui il cittadino bisognoso di cure urgenti deve essere trasferito in ambulanza presso la struttura centrale di Potenza per l’esame diagnostico, per poi ritornare a Melfi, con enorme dispendio di risorse umane ed economiche, ma soprattutto con un gravissimo e imperdonabile disagio umano per l’utente.
Mancano attrezzature aggiornate in radiologia (macchine degli anni ’70/80), in endoscopia, nel reparto di Ostetricia e in chirurgia.
Per anni ho segnalato per iscritto tali carenze e, purtroppo, devo prendere atto dell’incapacità dell’apparato di dare risposte in tempi ragionevoli (la segnalazione sulla RM risale all’anno 2016).
Manca il personale, molti reparti sono sprovvisti di un numero sufficiente di medici e infermieri (Ortopedia, Ostetricia, Medicina e Pronto Soccorso) e la loro funzionalità è frutto dell’incommensurabile sacrificio umano degli operatori, del loro senso di responsabilità che mai potrà essere sufficientemente compensato con la remunerazione economica aggiuntiva.
Serve una svolta, non è importante con quale mezzo, purché si raggiunga l’obiettivo finale che è quello di garantire un livello adeguato di cure alla popolazione di tutta la Regione.
Se il problema è la legge regionale di riordino del 2016, perché non consente autonomia di gestione alle strutture periferiche, allora cambiamola, il Consiglio Regionale la cambi e si ritorni alla autonomia delle strutture periferiche; se il Governo Regionale è convinto che sia quella la causa delle criticità organizzative si torni indietro senza alcun indugio.
E’ la qualità dei servizi equamente distribuita e accessibile sull’intero territorio regionale che ci deve interessare non lo strumento con cui la si raggiunge. Non è importante sostenere a tutti i costi una scelta, un progetto di legge se a distanza di tempo ci si rende conto che quella strada non produce risultati utili.
Se però, al contrario, si è consapevoli che la strada intrapresa nel 2016 era quella giusta allora bisogna impegnarsi per interpretarla bene, bisogna garantire la sua attuazione con provvedimenti all’altezza del compito.
Bisogna sforzarsi di andare fino in fondo e fare di quella scelta strategica, che puntava alla tenuta sociale dell’intero territorio regionale, la principale ragion d’essere del Governo della Regione acquisendo personale, attrezzature e modificando il comportamento di tutti coloro che all’interno del sistema sanitario non hanno ancora metabolizzato e fatto proprio quel cambiamento.
Delle due l’una: o si attua il provvedimento di riordino del 2016 oppure lo si cancella. Ciò che non deve accadere è il rimanere in mezzo al guado”.