“Quest’anno il Sud cresce più del doppio del Nord del Paese (+1,2% contro +0,5%) trainando di fatto la contenuta ripresa del Paese (+0,8%), ma la Basilicata non riesce a dare alcun contributo alla brillante performance del Mezzogiorno, non facendo registrare alcun incremento percentuale del PIL regionale rispetto all’anno 2023.
Un dato emblematico della fragilità del tessuto produttivo della nostra regione e che occorre invertire al più presto, revisionando, secondo criteri di efficienza, la spesa pubblica e sfruttando al meglio le potenzialità derivanti dai fondi strutturali europei e dalla politica di coesione”.
È quanto sostengono, in una nota, i consiglieri regionali di Basilicata Casa Comune, Giovanni Vizziello e Angelo Chiorazzo, che così commentano le risultanze del Rapporto Confcommercio sul PIL delle regioni italiane nell’anno in corso.
Spiega Vizziello:
“Il fatto che la crescita economica in Italia viaggi a doppia velocità, con il Mezzogiorno che fa registrare una ripresa più intensa e rapida rispetto al Nord ci inorgoglisce soprattutto nella misura in cui il Mezzogiorno d’Italia riesce a fare più del Nord nonostante goda da decenni di una minore spesa pubblica dello Stato -ma, al contempo, siamo preoccupati per la deludente performance della Basilicata, che evidentemente, a differenza di altre regioni, non riesce a sfruttare al meglio le risorse del Pnrr o i Fondi Sviluppo e Coesione, vera e propria benzina per la spinta di alcuni comparti produttivi.
Aggiunge Chiorazzo:
“Il maggiore incremento del PIL nel Sud non può definirsi un fenomeno congiunturale bensì strutturale, atteso che dura da ben tre anni consecutivi ed è frutto degli investimenti pubblici, cioè della messa a terra delle risorse del Pnrr e se alcune regioni come Puglia, Campania e Sicilia sono artefici di questo inedito ma non casuale Rinascimento del Sud, mentre altre, come la Basilicata, arrancano o addirittura sono ferme al palo, è perché in quelle regioni si sono aperti i cantieri, mentre da noi si è perpetrata la politica degli incentivi alle imprese, che, lungi dal risolvere le diseconomie regionali, le aggrava”.