Livio Valvano, segretario regionale del PSI Basilicata, ha le idee molto chiare sull’arresto di Marcello Pittella nell’ambito dell’inchiesta sulla Sanità lucana.
Questa la nota in cui chiarisce il suo “No” fermo nei confronti di misure cautelare a detta sua “eccessive” facendo un appello alla Magistratura di Matera:
“Dopo la tradizionale pausa ferragostana, che ricorderemo per il lutto nazionale conseguente ai drammatici fatti di Genova, la Basilicata inizierà a prepararsi per tornare alle urne per darsi il nuovo assetto politico-istituzionale di governo per i prossimi 5 anni.
La vigilia ha un sapore molto diverso rispetto al passato a causa di quanto accaduto nelle ultime settimane che hanno visto la Regione al centro dell’attenzione nazionale, per la vicenda giudiziaria che ha messo sotto scacco il governo regionale.
Io dico ingiustamente.
Lo affermo non per lanciare una sfida ad un’altra istituzione, la Magistratura, che svolge un compito difficile ma fondamentale per contrastare l’illegalità che è il primo nemico di una democrazia.
Lo voglio ribadire perché credo vada ripresa e tenuta viva l’attenzione dell’opinione pubblica, sollecitata dalla stessa Procura con una conferenza stampa.
Una irrituale e incomprensibile informativa pubblica resa con una conferenza stampa dalla Procura di Matera, che mai andrebbe fatta per qualunque indagato, legittima un libero dibattito che può comportare opinioni divergenti; questo i magistrati che hanno voluto comunicare con i media devono accettarlo.
La cultura garantista, ma altresì religiosamente rispettosa del ruolo delle istituzioni e della stessa magistratura, mi impone di lanciare un appello ai magistrati che stanno amministrando una difficile procedura che ha ripercussioni sulla dinamica democratica della nostra Regione.
Un rispettoso appello finalizzato a rivalutare le necessità cautelari che, con la leggerezza di chi come me non si occupa di diritto penale, appaiono eccessive assai.
Lo sono per il Presidente Pittella che non può essere tenuto imbrigliato dalla manifestata disponibilità di volersi ricandidare e che certamente non sta lì a poter reiterare la ipotizzata influenza su concorsi pubblici, che fra l’altro di questi tempi sono notoriamente scarsi, anzi, rari a causa delle note restrizioni poste dalle leggi dello Stato che tende ad evitare assunzioni di personale da 10 anni a questa parte.
Bisogna sottolinearlo e ribadirlo continuamente: solo alla fine del processo sapremo i fatti e registreremo eventuali responsabilità.
Allo stesso modo, le misure cautelari appaiono eccessive se si considera, ad esempio, il caso di Pierino Quinto, ex commissario della ASM, immediatamente dimessosi dall’incarico e lo stesso dicasi per gli altri indagati.
È un appello che va nella direzione di scaricare dietrologie ma soprattutto di ripristinare il necessario rapporto ed equilibrio tra istituzioni che non può essere offuscato da un clima simile a quello del ‘92, quando le misure cautelari ‘di numerosi’ indagati avevano la funzione di indurre ‘a confessare’ i malcapitati allo scopo di completare, integrare e blindare l’impianto accusatorio nei confronti dell’indagato individuato come il maggiore bersaglio.
Il bersaglio per la giustizia deve essere sempre e solo la ricerca della verità.
È fondamentale il rispetto tra istituzioni che certo non si può tradurre nell’impunità di chi si rende responsabile di un reato.
Ma non può essere giudicata normale e fisiologica la decisione di far ricorso a quella che è una misura eccezionale restrittiva della libertà personale, necessaria per i crimini pericolosi per la società che possono essere reiterati, come i reati della criminalità organizzata, le estorsioni, gli stupri, le rapine, gli omicidi, il commercio di stupefacenti, le violenze etc.. e che possono giustificare l’arresto in attesa di un processo.
Non è la stessa cosa nel caso di cui si tratta, non stiamo bloccando un pericoloso criminale, ne uno che ha preso soldi o che ha chiesto denaro, perché questo al momento è assolutamente escluso nei reati contestati.
È in stato di arresto una persona accusata ‘di raccomandazioni’ con il sospetto, il solo e mero sospetto, di aver influenzato la catena di comando dell’amministrazione nell’esercizio delle sue funzioni.
Sospetti che potremmo indirizzare nei confronti di tutti gli esponenti che svolgono o hanno svolto una funzione pubblica, non solo nella politica, nell’ultimo secolo e che trovano nel Presidente della Giunta Regionale di Basilicata il capro espiatorio.
Non c’è corruzione ne concussione; parliamo di abuso di ufficio e forse falso, per queste ipotesi di reato potremmo arrestare tutti i pubblici amministratori d’Italia.
È normale tutto ciò?
Penso sia molto più normale chiedere il rinvio a giudizio e far svolgere il processo, ma non è normale la custodia cautelare in questi casi!
Per questo esprimo il mio dissenso sulla scelta del provvedimento che a mio avviso ha rotto un equilibrio fondamentale in un momento molto particolare per la vicenda politica, cioè le elezioni, particolare che il magistrato non può ignorare e che, infatti, non ha ignorato.
Mi si consentirà di esprimere dissenso per l’inopportuna interferenza nel processo politico in atto, attraverso l’ingiusta restrizione della libertà di tutti gli indagati che ha compromesso la credibilità di un’intera Regione agli occhi dell’opinione pubblica nazionale.
Pittella candidato, si o no, non dovrà e non potrà essere l’inchiesta a deciderlo; per questo, con massimo rispetto, tramite gli organi di informazione, consegno questo appello teso a ripristinare il necessario equilibrio istituzionale che a
mio avviso è stato gravemente e ingiustamente compromesso”.